
Into the Inferno: la catabasi di Netflix
Chi è Werner Herzog? Per i pochi che ancora non lo conoscessero, questo nome appartiene a un signor regista tedesco ultrasettantenne che, facendo la spola tra il cinema artistico e il documentario per tutta la sua carriera, ha dato vita ad alcune delle migliori rappresentazioni filmiche di personaggi alienati alle prese con una Natura bellissima ma al contempo estrema e nemica. Aguirre furore di Dio, Nosferatu, Fitzcarraldo, Apocalisse nel deserto, L’alba della libertà sono tutti film strepitosi, ambientati tra i paesaggi più belli del mondo e avvolti da un clima allucinato, che ti lasciano un segno indelebile.
Il 2016 è stato un anno particolarmente produttivo per questo Dio del Cinema. Quasi subito dopo l’interessante Lo and Behold, inchiesta incentrata sul mondo di Internet, è uscito Into the Inferno, un documentario che parte dai fenomeni vulcanici per dilettarsi in altre mille mille altre digressioni che spaziano dall’antropologia allo studio dei fossili. Scoperto tra lacrime di sangue che Into the Inferno era prodotto da Netflix, il sottoscritto ha iniziato a farsi le peggiori pippe mentali, dipingendo l’apocalittico scenario di un Werner Herzog sbandato e “bollito” che appiattiva e piegava a novanta gradi la sua incisiva personalità autoriale in nome della pecunia.
Pur nutrendo questo rapporto di amore/odio per la politica produttiva di Netflix, è stato bello constatare che le mie paure fossero infondate: Into the Inferno è un film solenne e roccioso, in cui lo spirito cristallino di Werner Herzog ribolle come il magma messoci da lui in primo piano in inquadrature di pura poesia.
L’amore di Herzog per i vulcani nasce nel 1977 sull’isola di Guadalupe dove venne girato La Soufriere, mini-documento su un’eruzione mai avvenuta in cui il Nostro si aggirava coraggiosamente per gli spettrali paesini evaquati alla ricerca dell’unico essere umano che aveva scelto di rimanere sull’isola in attesa della morte. Ma con questo film si va addirittura oltre.
Fedele al suo titolo, Into the Inferno è una discesa spirituale (o katàbasis, in omaggio ai miei studi classici) nel cuore incandescente della Terra e in quello di tutti coloro che sono rimasti affascinati da esso. Questo film ci porta alla scoperta dei vulcani e sceglie di farlo sottolinea la stretta connessione e le ripercussioni sociali che i vulcani hanno avuto sulle popolazioni sviluppatesi in molte parti del mondo. Le meravigliose immagini delle colate laviche e del magma sul fondo di crateri in piena attività assumono un tono epico quasi spirituale.
Herzog è un regista tanto bravo da riuscire a convincere le menti più scettiche dell’ineluttabilità della forza proveniente dal centro della Terra, rendendo labile il valore di numeri statistici, teorie e studi antropocentrici di fronte alla purezza radicale dell’ignoto. Che siano gli indigeni che vedono nelle montagne di fuoco le personificazioni degli spiriti del mondo o i vulcanologi che vivono e muoiono facendo ciò che amano non conta: allo spettatore arriva pura e immacolata la passione umana bruciante per questo fenomeno così ancestrale.
Il documentario non si limita all’ovvio racconto del vulcano come fenomeno geologico o suggestione folkloristica, ma estende la sua visione persino a contesti civilizzati e più avanzati di culti magico-spirituali di zone esotiche quali la Polinesia, arrivando addirittura alla Corea del Nord plagiata dalla propaganda.
Sempre rispettoso verso l’essere umano e le sue follie, Into the Inferno è l’ennesima perla della filmografia di un poeta del cinema che mai va dimenticato. Un racconto superbo e visivamente dirompente della forza irrefrenabile di una Natura dalla bellezza inconcepibile, ma soprattutto indifferente nei confronti di noi piccoli ed effimeri esseri umani.
E il tutto, ovviamente, senza effetti speciali!