Film

Jackie Brown – Schizzi di Tarantino

Tratto da un romanzo di Elmore Leonard, nel 1997 esce il terzo film di Quentin Tarantino: il noir perfetto, l’ultimo ruolo degno di nota di Robert De Niro. Jackie Brown.

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Come ricominciare dopo Pulp Fiction?

Il terzo capitolo della nostra rassegna su quel fenomeno di Quentin Tarantino (qui trovate Le iene e Pulp Fiction) lo voglio iniziare ponendovi questa domanda: come ricominciare dopo quel capolavoro di Pulp Fiction?

La risposta di un regista banale e scontato sarebbe di battere il ferro fin che è caldo: hai fatto il botto, bene continua su quella linea, sbattiti il filone fino a quando ne hai. Oppure venditi, vai a dirigere Spiderman, Avengers, che so io, chiama Schwarzenegger e fai Predator VII. Invece no. Non Tarantino.

Solitamente quando si sente parlare di Jackie Brown lo si pensa come l’opera minore nella filmografia di Tarantino, eppure si può dire che in ben pochi altri film il regista abbia usato meglio la macchina da presa per descrivere un ambiente, per raccontarci la sua storia.

Passano tre anni (tre anni!) tra Pulp Fiction e questo Jackie Brown che, sebbene formalmente mantenga l’ambiente gangster/malavitoso del film precedente, è quanto di più diverso esista da Pulp Fiction.

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Niente massaggi ai piedi

In Jackie Brown la genialata sta nel ripartire da zero, proponendo una storia di malavitosi e uomini piccoli piccoli che vorrebbero tenere sotto il tallone tutto e tutti. Una hostess nera di mezza età (il peggio del peggio dunque per i signori che vi ho descritto), non ci sta a farsi da parte e decide che è venuto il suo momento di usare gli altri a suo vantaggio.

Tarantino in Jackie Brown elimina completamente l’ironia che stava alla base di ogni singola battuta di Pulp Fiction. In Jackie Brown non si massaggiano i piedi a nessuno, non si fa l’esegesi di Like a virgin, Zed non è morto e il signor nove millimetri sta buono buono. Già, perché oltre all’ironia viene eliminata quasi del tutto anche la violenza, o meglio, quella violenza estetizzante che voleva divertire lo spettatore e che cancella completamente la morte dalla scena.

Il film è del tutto dolorante, macchiato di una tristezza e una mestizia che fanno da contrappunto a personaggi rotti e impacciati, che tirano a campare, a evitare di farsi sopraffare da predatori come Ordell Robbie (un Samuel L. Jackson che quando è diretto da Tarantino diventa Dio Padre Onnipotente).

In Jackie Brown non ci sono supereroi di carta patinata che si dilettano con iniezioni di adrenalina, ma uomini e donne alle prese con loro stessi.

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…e piedi ovviamente…

Linearità

Pam Grier è Jackie Brown, hostess nera di mezza età che per rimpolpare lo scarno stipendio contrabbanda denaro per il trafficante d’armi Ordell Robbie fino a quando non viene beccata dall’FBI. Quello sarà il momento di decidere se collaborare con la giustizia, rischiando di essere ammazzata dal crudele Ordell, oppure provare a fregare tutti quanti.

Diciamolo subito: il film fu un floppone all’epoca, semplicemente perché tradì ogni aspettativa del pubblico pecorone, che voleva un altro Pulp Fiction. Ma si sa che Tarantino non si ripete mai: riutilizza stilemi, ambienti, modi di usare la macchina da presa, ma snatura sempre e comunque il suo lavoro.

Jackie Brown è un noir pulitissimo, solido, che pare uscito dagli anni Settanta/Ottanta, da quegli stessi noir che il regista di Knoxville si divorava a quattro palmenti.

Mai sentito parlare di blaxpoitation?

La parola, unione di black + exploitation, descrive semplicemente un filone di film a basso costo realizzati con attori/registi afroamericani e (considerati) indirizzati più a un pubblico nero.

Tarantino che fa? Si piglia Pam Grier, che era la vera e propria star di questo filone, e la piazza al centro di un cast da urlo e fa il suo film di blaxpoitation. Con le dovute distanze, sia chiaro…

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Il castone

Adesso ve li dico tutti di fila, voi tenetevi forte.

Pam Grier. Samuel L. Jackson. Robert De Niro. Michael Keaton. Robert Forster. Bridget Fonda.

Ho bisogno di aggiungere altro?

Quello su cui mi vorrei soffermare un po’ di più è il buon De Niro.

Bob, mi rivolgo direttamente a te, quando la smetterai di pigliare per il culo la tua intera carriera con i filmetti del cazzo che stai facendo negli ultimi anni?

La mia teoria è questa signori: quello di Louis in Jackie Brown è l’ultimo, vero, grande ruolo di mister Taxi Driver. Il suo personaggio ondeggia per tutto il film tra sanità e follia, per una risoluzione finale che è splendida e perfettamente tarantiniana.

Di Samuel L. Jackson ho già detto, Pam Grier è praticamente perfetta e il Michael Keaton post-Batman ci sta di brutto nei panni dello sbirro cazzuto.

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Maturità

Se mi chiedessero di Jackie Brown risponderei che è l’opera con la quale Tarantino ha dimostrato di non sapere fare brutti film. La sua vera e propria prova di maturità. Non un’opera memorabile e impressionante come i primi due film ,che andavano sempre alla ricerca dell’esagerazione, ma un film coi piedi ben piantati per terra.

La regia è semplicemente sublime: accompagna gli attori, la senti presente, ma allo stesso modo è trasparente e per niente ingombrante (oddio, la scena dello scambio di borse nel negozio di vestiti; date un Oscar a Tarantino solo per quei dieci minuti di film).

La macchina scandisce gli spazi alla perfezione, va sui dettagli apparentemente inessenziali e fa di loro i protagonisti assoluti. Se siete aspiranti registi lasciate perdere quello che state facendo, ma armatevi di carta e penna e andate a studiarvi questo film.

Non mi voglio dilungare oltre, perché so che probabilmente molti di voi non l’avranno nemmeno visto. Ebbene, cari i miei miscredenti, se vi professate cinefili o fan di Tarantino e non avete visto Jackie Brown sappiate che avete la mamma un po’ puttana, perché un tocco di cinema di queste proporzioni non può e non deve essere ignorato, né da voi né da quei cani che si professano critici cinematografici.

Jackie Brown è cinema allo stato puro, prova d’eleganza, gusto ed ennesima dimostrazione di un talento troppo cristallino ed evidente per non essere celebrato.

Federico Asborno

L'Asborno nasce nel 1991; le sue occupazioni principali sono scrivere, leggere, divorare film, serie, distrarsi e soprattutto parlare di sé in terza persona. La sua vera passione è un'altra però, ed è dare la sua opinione, soprattutto quando non è richiesta. Se stai leggendo accresci il suo ego, sappilo.
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