
Jim & Andy – Jim Carrey, l’uomo sulla parte oscura della Luna
The Great Beyond
Quando si va oltre il metodo Stanislavskij e si trova come unica via d’uscita l’impersonare il tuo più grande idolo, a volte per anche più di vent’anni.
Jim & Andy – The Great Beyond, è un documentario targato Netflix, prodotto su tutti da Danny DeVito e Spike Jonze, per la regia di Chris Smith. Il documentario si basa esclusivamente su tutto il materiale inedito, riprese di back stage e di set, di Jim Carrey nei panni del comico americano Andy Kaufman, durante la realizzazione di Man On The Moon (1999), non pervenute al pubblico dell’epoca, perché ritenuto che potessero inficiare l’immagine pubblica di Carrey.
Chiarisco che Jim & Andy è un documentario basato su un film del ’99, quindi non si può parlare effettivamente di spoiler, comunque per correttezza farò accenni solo superficiali sia al film che al documentario, in modo che possiate goderli entrambi appieno.
Procediamo per gradi. Andy Kaufman è ritenuto (non proprio all’unanimità) uno dei più grandi geni della comicità americana, ma non era propriamente un comico, il suo obbiettivo era quello di stupire e sconvolgere il pubblico di continuo, ai limiti del reale e del permesso, ed è in questo modo che ogni barriera personaggio-pubblico veniva demolita per lasciare spazio alla più spaventosa sensazione di imbarazzo.
Parliamo di imbarazzo vero, crudo, come se aveste beccato vostro padre a guardare un porno in camera vostra, per poi traslare tutto ad una dimensione surreale, come se, invece, aveste beccato il vostro cagnolino a guardare un porno, e infine riportare tutto su un piano quasi familiare, generato dalle risate del pubblico, per lo più confuso, quindi come se voi, vostro padre e il vostro cane stesse guardando tutti insieme Uno Mattina, senza un motivo apparente.
La storia di Andy Kaufman è perfettamente spiegata e affrontata nella pellicola Man On The Moon di Milos Forman, regista due volte premio Oscar per Qualcuno volò sul nido del cuculo e Amadeus. Jim Carrey, grande fan dello showman americano, fu scelto dopo un provino (erano anni ormai che la superstar di Hollywood non aveva il bisogno di farne uno) dove si esibì con le congas davvero appartenute a Kaufman, ora facente parti della sua collezione privata. Come avrà modo di dire durante il documentario, non è lui ad aver recitato nel film, bensì Andy Kaufman in persona.
Jim & Andy – Ménage à trois
Di cose al limite della pazzia ne ha fatte Andy Kaufman, parliamo di risse inscenate (mai realmente chiarita questa cosa) al David Letterman Show, al Friday, celebre spettacolo serale della tv americana, il torneo di Wrestling Inter-genere, per poi passare alla lettura intera de Il grande Gatsby davanti ad un pubblico incattivito, il finto attacco di cuore di una vecchietta durante lo spettacolo al Carnegie Hall, lo sdoppiamento di personalità, fino a giungere, secondo alcuni, alla messa in scena della propria morte. Perché oltre ad essere diventato una delle persone più odiate dell’epoca, il pubblico, abituato com’era ai suoi esperimenti di pessimo gusto, tutt’oggi dubita della sua morte, addirittura alcune voci vogliono che, oltre ad aver inscenato tutto, Andy abbia subito un intervento di chirurgia plastica per poi tornare a calcare le scene con lo pseudonimo di Jim Carrey. Questa ovviamente è solo una leggenda metropolitana ampiamente smentita, ma è utile per far capire quanto sia diventata culto l’interpretazione di Carrey.
Come ci viene mostrato in Jim & Andy e come commenteranno lo stesso Danny DeVito (che recitò con lui in Taxi), i parenti dello showman, gli amici e chiunque ci avesse avuto a che fare, Jim Carrey sul set era spaventoso, “creepy” dicono, non è uscito dal personaggio nemmeno per un attimo, rendendo, secondo il regista, il lavoro frustrante. Se al disagio collettivo aggiungiamo che mister Kaufman aveva un doppio, il cantante Tony Clifton, la pazzia collettiva sul set non faceva altro che aumentare, risse da bar con la troupe (ferendosi realmente il collo) e invasioni sul set di Spielberg o alla tenuta Playboy. Esistevano solo Andy e Tony, ed entrambi si lamentavano di Jim, arrivando a descriverlo come un uomo infelice che scappa, e colui che si prenderà il merito senza aver fatto nulla. Surreale sì, ma stranamente romantico.

Spingere l’elefante su per le scale
Ma dopo un interpretazione così intima, una vera e propria possessione potremmo dire, Jim Carrey si limitò a vincere un Golden Globe, nessuna candidatura agli Oscar, che quell’anno fu vinto da Kevin Spacey con American Beauty. Sin dagli esordi, l’attore non voleva essere accreditato come semplice attore di commedie, cercando negli anni di dimostrarlo (The Truman Show, Eternal Sunshine of The Spotless Mind), ma la sua bravura per questi ruoli non fu mai apprezzata dall’Academy, stiamo pur sempre parlando di un meccanismo capace di dare a un unico film premi come “miglior attrice protagonista”, “miglior regia”, “miglior colonna sonora”, “miglior canzone originale”, “miglior scenografia” e “miglior fotografia”, ma non riconoscerlo come miglior film esclusivamente per pararsi il culo da accuse razziste, dimostrandosi più ipocrita che mai. Sì, sto parlando di La La Land e Moonlight, ma questa è un altra storia.
Per quanto ci possano sembrare di poco conto, i mancanti riconoscimenti hanno un loro peso e, se a questo peso aggiungiamo il progressivo declino mentale di Jim, comprendiamo come sia stato facile per lui incontrare la depressione. Come racconta in Jim & Andy, l’attore si è sentito libero da tutto mentre interpretava Andy, o Andy impersonava lui, affacciato ad una nuova finestra, vivendo quelle surreali sensazioni sulla sua pelle, che suo malgrado, una volta terminate le riprese, gli hanno fatto capire come fosse vuota e priva di ambizione la sua vita ora che ne era all’apice. Questo è uno dei motivi per cui si è rifiutato di interpretare un’ altra volta quel personaggio, anche se a chiederlo erano i R.E.M. in persona, autori della canzone che dà nome al film; non voleva più essere Andy, non voleva di nuovo assaporare quel benessere per poi abbandonarlo.
Jim Carrey, come si è visto nelle ultime interviste, è in preda al nichilismo, ma sta bene, è consapevole che quello che ha raggiunto non lo appaga più. Si trova nel great beyond, sulla Luna, estraniato da se stesso, ma nonostante questo “spinge l’elefante su per le scale“, con quella sua naturale comicità ed eleganza. Eleganza, sì. La stessa che noi siamo in grado di perdere in 2 minuti davanti ad un buffet qualsiasi, e che lui è in grado di mantenere sia nelle scene più demenziali che in quelle più intime. Consiglio a tutti di vedere Man On The Moon e poi Jim & Andy, riderete e approfondirete la personalità di un grande attore come Jim Carrey, inoltre avrete interessanti spunti di riflessione sulla labilità della linea che divide vita e finzione, realtà e cinema.