
Jodorowky’s Dune: il film (mai realizzato) che ha cambiato per sempre la fantascienza
Qualche giorno fa mi andava di vedere un documentario, magari uno sul cinema. E perché no, magari uno di quelli che ti spiegano la storia che sta dietro alla realizzazione di un film di una certa importanza. E invece mi imbatto in un documentario che qualche anno fa ha avuto un certo successo ma che parla, in sostanza, di un film mai realizzato. O meglio, il film è stato realizzato, ma con risultati che rispetto alle potenziali aspettative si sono rivelati deludenti: Dune del maestro David Lynch non è proprio un film di m***a, ma mi viene da piangere pensando all’opera che poteva uscire dal romanzo di Frank Herbert se fosse stata diretta da un altro grande maestro: Alejandro Jodorowsky, di cui avevo già parlato in un articolo su El Topo.
Il documentario in questione è Jodorowky’s Dune, diretto da Frank Pavich e uscito nel 2013.
Un’opera titanica e “spirituale”
Nel 1973 Jodorowsky si trovava all’apice della propria carriera cinematografica. Decise quindi di cimentarsi nel tentativo di realizzare un film su Dune, colossale romanzo uscito nel 1965 e considerato uno dei vertici della letteratura di fantascienza di tutti i tempi. Il primo problema di una trasposizione cinematografica di questo romanzo poteva riguardare la vastità dei temi trattati, i numerosi personaggi e la varietà dei mondi inseriti da Herbert nella sua opera. Era evidente la necessità di un atto di sfoltimento del testo. Il regista era convinto di avere la chiave per accedere al romanzo e renderlo “sostenibile” per il grande schermo. Bisognava reinventarlo, ripensarlo come un “mito” universale, rispettandone il senso senza necessariamente riportare il tutto alla lettera. Ma alla fine, nonostante i vari tagli e aggiustamenti, il film sarebbe durato intorno alle dieci ore (proprio come un bel viaggione sotto LSD).
Nonostante l’immensa durata, Jodorowsky era riuscito a convincere alcuni produttori della fattibilità del progetto e in particolare il produttore francese Michel Seydoux, e così i due avevano iniziato a lavorare come team per trovare un budget per il film. Questo era stimato intorno ai 20 milioni di dollari (un’enorme cifra per l’epoca).
La colonna sonora
Ed ecco che arriva il momento della scelta del cast: per un film che voleva essere rivoluzionario era necessario scegliere grandi artisti. E che artisti. Cominciamo dalla colonna sonora: Jodorowsky aveva prospettato che ognuno dei diversi pianeti mostrati nel film, ciascuno con la propria cultura e costumi, sarebbe stato sonorizzato da un musicista differente. Uno di questi pianeti doveva essere accompagnato dalla colonna sonora scritta ed eseguita per l’occasione dai Pink Floyd. Da fan del gruppo, mi viene da piangere pensando a cosa poteva uscirne fuori.
Gli artisti
La lista degli artisti che hanno collaborato alla realizzazione dell’film contiene tutta una serie di nomi ai più poco conosciuti, ma di cui tutti conosciamo l’operato. Un esempio può essere H.R. Giger, pittore, scultore e designer d’ispirazione surrealista e simbolica, artista che proprio grazie a Jodorowsky sarebbe entrato nel campo degli effetti speciali cinematografici. Noi tutti lo conosciamo per aver dato forma allo Xenomorfo, la creatura protagonista di Alien.
Gli effetti speciali dovevano essere curati da Dan O’Bannon, ai tempi uno dei migliori nel suo campo. Anche lui lo conosciamo grazie ad Alien, dato che ne era lo sceneggiatore. I disegni dovevano invece essere curati da Jean Giraud, conosciuto anche come Moebius, uno dei più importanti disegnatori di fumetti al mondo. Durante la sua vita collaborò alla realizzazione di numerosi film di fantascienza, fra cui Tron, Alien e Il quinto elemento.

Gli attori
La lettura dei nomi del cast che aveva in mente il regista cileno è sensazionale. Tanto per dirne alcuni: Mick Jagger e Geraldine Chaplin. Orson Welles avrebbe dovuto interpretare il ruolo del barone Harkonnen, un sadico talmente grasso da non poter camminare ed essere costretto a vivere sospeso in aria grazie a dei campi gravitazionali.
Salvador Dalì doveva interpretare invece l’Imperatore dell’Universo. Dalì aveva accettato di prendere parte al film a patto che gli venissero accordati una serie di capricci. Fra questi, vi era la richiesta della presenza di una giraffa in fiamme o il fatto che il suo personaggio non si alzasse mai da un trono d’oro da autentico imperatore con, alle due estremità, le bocche di due delfini anch’essi dorati, pronte ad accogliere i magnifici rifiuti imperiali…
La morte del progetto
Il film venne quindi progettato in ogni sua virgola e venne redatto uno storyboard da spedire ai grandi produttori di Hollywood. Ma non ne furono trovati di abbastanza audaci da credere nel progetto. Jodorowsky ogni volta dovette sentirsi ripetere che lo script era valido ma lui stesso non era sufficientemente noto e affidabile per un progetto di quelle dimensioni. Così fu abbandonata l’idea con molto dispiacere ma, suggerisce il documentario, lasciando una tale impressione sugli artisti con cui era stato discusso il progetto da cambiare letteralmente il corso di alcune delle loro carriere (specialmente quelle di Moebius e di Giger).
Il film venne realizzato comunque e uscì nel 1984, ma la regia di Lynch, regista scelto dalla produzione, già famoso grazie a The Elephant Man, fu pesantemente condizionata dalla mano del produttore De Laurentiis, limitando così l’originalità del grande regista. Alla visione del film Jodorowsky provò una grande gioia constatando che il prodotto fosse una schifezza, imparagonabile alla sua idea originaria.
Un’influenza infinita
Nicholas Winding Refn, regista di Drive, intervistato per il documentario, ci fa sapere che Jodorowsky gli ha mostrato tutto il materiale su cui stava lavorando all’epoca: «Avrebbe potuto cambiare per sempre, con quattro anni di anticipo su Star Wars, il modo in cui pensiamo la fantascienza al cinema». E probabilmente ha ragione. Però bisogna fare un’importante considerazione: il film del progetto originario, anche se non fu mai realizzato, ha effettivamente cambiato il mondo della fantascienza cinematografica.
Ma può un film mai realizzato influire su un intero genere cinematografico? La risposta, per quanto incredibile che sia, è sì. Numerosi elementi provenienti dai film di fantascienza più disparati sembrano assere stati presi dal famoso storyboard di Dune, per fare alcuni esempi: i combattimenti con le spade laser in Star Wars, oltre a vari costumi e all’aspetto di certi alieni; la soggettiva dal punto di vista del cyborg in Terminator; parte della scenografia e dei costumi in Flash Gordon; la scena de I predatori dell’arca perduta in cui viene aperta l’Arca dell’Alleanza; il piano sequenza d’apertura nello spazio in Contact; vari elementi scenografici in Prometheus. Oltretutto l’esistenza di Alien si deve alla collaborazione di artisti conosciuti durante l’elaborazione del progetto Dune.
Passato e futuro
In conclusione, io consiglio vivamente la visione di questo documentario. Innanzitutto perché è davvero divertente: la follia di Jodorowsky traspare da ogni sua battuta. Ma oltre alla follia dal documentario traspare il suo genio visionario, cosa non può che farti provare rabbia per il fatto che il mondo (e Hollywood) non potevano essere pronti per un’opera straordinaria come il Dune di Jodorowsky. Ma guardiamo al futuro: il fascino del romanzo originale ha colpito un altro grande regista, Denis Villeneuve, che è intenzionato a farne un film che potrebbe uscire fra qualche anno. Non so voi, ma a me la curiosità di vederlo mi sta divorando dentro. Cosa vi aspettereste da un Dune di Villeneuve?