Film

John Wick 3: Parabellum – L’uomo nero e il trionfo dell’estetica

Si vis voluptatem, ecce Parabellum


Ok, scusate, mi è partito lo schizzo in latino, non lo faccio più…

Parabellum

Se avete chiesto in giro e vi hanno detto che questo Parabellum è ganzo sappiate che vi hanno mentito di brutto, perché John Wick 3: Parabellum non è ganzo, è una vera e propria bomba.

La saga, giunta ormai al suo terzo capitolo, è partita in sordina nel 2014 con il primo capitolo, è decollata nel 2017 con John Wick 2 e arrivati a questo Parabellum ha ormai sfondato il muro del suono. Sì, perché il personaggio del monumentale Keanu Reeves (tre battute, una sola espressione facciale e uno stato di forma che – a 54 anni – rasenta quello di un Super Sayan) è riuscito con pochi elementi a collocarsi di diritto nell’Olimpo dell’action americano e competendo alla grande anche con la grande tradizione del cinema orientale.

Questo perché le scene al fulmicotone che il grandioso Stahelski (maestro di stunt, prima ancora che regista) mette in piedi debordano di John Woo, di Tsui Hark, del meglio del cinema orientale di kung-fu, ma anche del meglio del cinema americano – gli stunt, appunto – e della cura europea per la fotografia, con le luci al neon tipiche di registi come Dario Argento, tanto per citarne uno.

Parabellum

Parabellum inizia circa venti secondi dopo la fine di John Wick 2, con il nostro eroe in fuga per aver ucciso Santino D’Antonio all’interno della zona franca dell’hotel Continental, venendo così scomunicato ufficialmente dall’Alta Tavola e dovendo cavarsela contro i cinquecentomila killer che vogliono fargli la pelle e incassare i 14 milioni della taglia sulla sua testa.

La trama è questa sostanzialmente. John Wick braccato ogni cinque secondi da ex colleghi che ammazza nei modi più disparati: lanciandogli contro interi set di coltelli Miracle Blade, aprendoli in due con micidiali fucili a pompa, prendendoli a pistolettate in faccia, affettandoli con le katane, a suon zoccolate equine (sic!) e – soprattutto – con un volume di fiabe russe.

Lo so, lo so, sembra impossibile, ma lo fa, giuro.

Assolutamente non credibile e surreale fin dai primi 30 secondi, Parabellum è uno dei cinefumetti più belli che siano mai stati girati: esagerato, velocissimo, violentissimo, ma allo stesso tempo dotato di un ritmo perfettamente dosato, che ti permette di goderti le infinite sequenze di combattimento, ma anche le poche lineari conversazioni scritte con gusto. L’intreccio stesso è molto elementare, ma non per questo scadente: è semplicemente perfetto per il tipo di film che vuole essere. La vera forza della sceneggiatura, oltre ad aggiungere elementi sul passato del nostro John, è che riesce a definire sempre meglio un macro-mondo criminale che è una vera e propria società alla rovescia in cui tutti devono rispondere a regole insindacabili, la cui trasgressione comporta la morte.

Parabellum

Ma in cosa è diverso questo brand rispetto ai centomila altri film d’azione?

Innanzitutto proprio l’azione è girata con una cura per il dettaglio che è quasi commovente: le coreografie sono spassosissime, esagerate all’inverosimile, ma allo stesso tempo niente affatto finte. La violenza c’è, è tangibile, il sangue si vede, la morte è onnipresente in scena, così come la mancanza di scrupoli di un eroe che non è il classico principe azzurro che ammazza solo per autodifesa, ma di un demonio spietato che spazza via chiunque si ponga sul suo cammino senza andare tanto per il sottile. Baba Jaga, Babau, Uomo Nero, Angelo della Morte, chiamatelo come volete.

Al di là dell’azione però John Wick è anche scritto meravigliosamente bene: gli hotel Continental sparsi per il mondo sono uno più originale dell’altro, il look dark e neo-noir delle ambientazioni (ad esempio la New York piovosa di questo terzo capitolo) è estremamente stiloso, la violenza talmente esagerata da risultare assaicomica (oh sì, riderete a crepapelle mentre la gente si ammazza a coltellate, succederà, e vi sentirete persone orribili), le regole, i servizi, il mondo sotterraneo di questa gigantesca comunità di assassini è ben strutturata, tanto da far venire in mente per certe cose il mondo dei maghi di Harry Potter, che si fonde alla perfezione con quello dei Babbani.

Un mondo di superuomini e superdonne (vedesi il personaggio della straordinaria Halle Berry che si vede qui) che ammazzano per vivere, che si scambiano promesse di sangue e che si chiedono l’autografo mentre cercano di sbudellarsi con katane affilatissime.

Parabellum

Un mondo folle, sopra le righe, ben caratterizzato, con un look irresistibile che è un vero e proprio orgasmo per gli occhi e che in questo Parabellum raggiunge certamente il suo apice di follia, di esagerazione, ma soprattutto di estetica purissima che al cinema di oggi – pur dotato di tutti i mezzi che possiede – spesso manca.

John Wick è bello perché lo spettatore sente che è realizzato con amore, con cura per i dettagli, che gli attori protagonisti devono avere sudato ben più di sette camicie per realizzare stunt fuori da ogni logica, visto che spesso e volentieri il regista si limita a piazzare la macchina da presa e a lasciarli fare, senza staccare, godendosi i profili di esperti di arti marziali che infrangono vetri, si scaraventano a terra illuminati da innaturalissime luci al neon che ne deformano i contorni, facendosi ipnotizzare dalla bellezza di corpi in movimento che danzano la danza della morte per gli occhi estasiati di noi che abbiamo pagato il biglietto.

Onestamente si può chiedere altro a un film d’azione?

Federico Asborno

L'Asborno nasce nel 1991; le sue occupazioni principali sono scrivere, leggere, divorare film, serie, distrarsi e soprattutto parlare di sé in terza persona. La sua vera passione è un'altra però, ed è dare la sua opinione, soprattutto quando non è richiesta. Se stai leggendo accresci il suo ego, sappilo.
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