
Joker: una risata vi seppellirà
Il Joker di Todd Phillips era uno dei film più attesi di questa 76° edizione del festival di Venezia e non ha deluso pubblico e critica del Lido: l’ultima parola spetterà ai precisissimi appassionati DC, che avranno probabilmente qualcosa da ridire sulla narrazione alternativa della genesi del Joker. Nell’attesa dei pamphlet di lagnanze da parte dei più affezionati al canone, noi sbrodoliamo un po’ d’amore. Tranquilli: siamo sempre spoiler-free.
Joker: alle origini del caos
Arthur Fleck è un aspirante stand-up comedian di scarso talento, costretto a sbarcare il lunario con piccoli ingaggi come clown. Vive con l’anziana madre, ossessionata dal candidato sindaco Thomas Wayne (sì, il babbo di Bruce: il futuro Batman nel film è ancora un bambino), e viene trattato come un freak da colleghi e conoscenti a causa dei suoi problemi mentali, che gli provocano strazianti e incontrollabili attacchi di risa.
Joker è la storia dell’accumulo di sopraffazioni, piccole e grandi, che lo porteranno a trasformarsi nell’antagonista del canone DC, in una spirale discendente verso il caos.
Joaquin Phoenix dà il bianco
La regia è impeccabile, la colonna sonora spaziale, la sceneggiatura ben costruita e iconograficamente la caratterizzazione del Joker funziona molto. Ma senza Joaquin Phoenix salterebbe il tavolo. Mi azzardo a dire: “ruolo della vita”, e capite bene che sono dichiarazioni pesanti, se pensiamo al magistrale Johnny Cash di Walk the Line.
Non mi sento di fare paragoni: ogni Joker è un Joker a sé, dal mio punto di vista, e tra Heath Ledger e Jack Nicholson c’era da farsela un attimo sotto ad accettare questo ruolo, nel primo film interamente dedicato all’arci-nemico di Batman. Phoenix non solo raccoglie la sfida ma cala l’asso, sfoderando il suo repertorio espressivo più intenso nella prima parte e cambiando completamente registro al momento della “trasformazione”, senza mai scivolare nell’overacting e con un lavoro di caratterizzazione minuziosa anche nella voce del personaggio. Non so ancora come e da chi verrà doppiato, ma sudo freddo per lo sfortunato attore che dovrà riprodurre la sua risata.
Joker è praticamente sempre in scena, sempre centrale, il volto contratto e deformato, il corpo smagrito oltre il livello di guardia, nel racconto moderno (ma coerente, soprattutto con il lavoro di Nolan, discorsi anagrafici a parte) di un’alienazione distruttiva. Joaquin Phoenix è bravissimo, e lo sapevamo. Ma così libero di esprimersi nel suo potenziale forse non lo avevamo mai visto: un film del genere, con una centralità forte del personaggio, è un regalo per qualsiasi attore. E lui è riuscito a sfruttare al meglio l’occasione, confermandosi un interprete solido, raffinato e coraggioso; capace di rendere il personaggio magnetico almeno quanto gli illustri predecessori.
Joker eroe alla rovescia
Un elemento di forte fascino di questo Joker è l’arco narrativo ribaltato sull’asse eroe-antieroe: è lui il protagonista. Batman è ancora un pivello: tutta la nostra attenzione è su Joker, sulle motivazioni che lo portano a scegliere il caos e costruirci un impero, e il suo percorso – tra obiettivi e ostacoli – corrisponde alla parabola tradizionale della nascita di un supereroe.
Joker a suo modo si ribella contro l’ingiustizia. Joker in un certo senso “vuole salvare Gotham”. Joker abbraccia il caos per dei motivi precisi, e in quel caos trova l’amore e l’integrazione che gli erano mancati quando cercava di inserirsi nel tessuto sociale in maniera tradizionale. Siamo davanti a una storia di formazione, concentrata sull’istanza archetipica del “trovare il proprio posto nel mondo”.
J’accuse mi ha entusiasmato, ma ad oggi è Joker il mio cuoredipanna 5 stellette di Venezia 76. Vedremo se qualche altro film riuscirà a scalzarlo dal podio.