
Jurassic World: Il Regno Distrutto – Ah ma non è Dino Crisis!
Il primo Jurassic Park è un filmone, non c’è bisogno che ve lo ricordi, però per me ha un valore speciale. Il cult di Steven Spielberg, infatti, non solo è uscito lo stesso anno della mia nascita (il 1993), ma mi ha accompagnato per tutta l’infanzia, trasmettendomi la passione per il cinema. Così come il suo seguito, Il Mondo Perduto – Jurassic Park. Che sarà pure inferiore, pieno di buchi di sceneggiatura e (forse) inutile, ma rimane comunque una pellicola d’avventura con i controcazzi, ricca di azione e sequenze memorabili.
Lo stesso non si può dire di Jurassic Park 3, indiscutibilmente il punto più basso dell’intera serie. Un lungometraggio talmente svogliato e ridicolo (“ALAN!”) da aver mandato in naftalina la saga per quasi tre lustri. Almeno fino al Jurassic World di Colin Trevorrow, grandissimo successo al box office, ma oggetto di critiche per le sue innumerevoli stupidaggini. E ora, a tre anni di distanza, è uscito il sequel, Jurassic World: Il Regno Distrutto.
Come molti di voi certamente sapranno, al termine del film di Trevorrow i dinosauri riportati in vita geneticamente dalla InGen avevano definitivamente preso possesso di Isla Nublar, costringendo le persone ad abbandonare il parco. Adesso li troviamo alle prese con il rischio di una nuova estinzione, provocata dall’improvvisa eruzione del vulcano dell’isola, creduto erroneamente spento.
Mentre il Governo statunitense decide di non intervenire, lasciando che la Natura faccia il suo corso, Claire (Bryce Dallas Howard), ora diventata attivista per i diritti dei dinosauri (o qualcosa del genere), ottiene da un ex socio di John Hammond e dal suo collaboratore Eli Mills (Rafe Spall) un aiuto per una missione di salvataggio a favore degli animali. Tra cui vi è Blue, l’ultimo Velociraptor ancora in vita tra quelli addestrati da Owen (Chris Pratt), il quale si unisce alla spedizione. Presto però i due protagonisti scopriranno che chi ha organizzato tutto ha altri progetti in mente per i dinosauri…

Cominciamo col dire che, rispetto al predecessore, Il Regno Distrutto è migliore sotto molti aspetti. Uno di questi è senz’altro la regia. Trevorrow infatti passa la palla al ben più talentuoso Juan Antonio Bayona (già autore di The Orphanage e The Impossible) e la differenza si vede eccome. Il regista spagnolo non solo se la cava egregiamente con le scene d’azione – il tesissimo piano-sequenza all’interno della girosfera è stupendo – ma riesce anche a infondere al film una sensibilità che non si vedeva dai tempi di Spielberg. Non voglio spoilerare troppo, ma a metà pellicola c’è una sequenza con protagonista un brachiosauro che vi farà venire i lacrimoni, ve lo garantisco!
Soprattutto però, Bayona inietta una bella dose di tensione, paura e violenza che fa scivolare il lungometraggio dalle parti dell’horror. E così Il Regno Distrutto abbonda di scene genuinamente inquietanti, con un risultato parecchio convincente. In questo senso, il prologo è una bomba per quanto è spaventoso! Purtroppo, nel voler inseguire questo stile, si perde un po’ del senso d’avventura che caratterizzava il film precedente, che, malgrado i difetti, da questo punto di vista centrava l’obiettivo.

Se la prima parte, quella ambientata sull’isola, riesce ancora a proporre situazioni e atmosfere tipiche della saga, nel momento in cui le vicende si spostano sulla terraferma le cose cambiano troppo repentinamente. Praterie e foreste lasciano spazio a stretti corridoi, stanze di una villa e laboratori sotterranei, tutti luoghi che sembrano usciti da Dino Crisis. In effetti, si può dire che da metà in poi Jurassic World: Il Regno Distrutto si trasformi in quanto di più vicino a un adattamento cinematografico del videogioco cult della Capcom (perfettamente riassumibile con la definizione “Resident Evil con i dinosauri”). E in mezzo c’è pure un cattivissimo ibrido, l’Indoraptor, che però, nonostante sia sufficientemente minaccioso e inquietante, alla fine è solo una brutta copia del più riuscito Indominus Rex.

In generale la sceneggiatura risulta altalenante. Nulla di cui stupirsi, considerando che è sempre opera di Trevorrow. E infatti la pellicola non solo è piena zeppa di momenti tanto verosimili quanto gli ultimi Fast & Furious, ma si arena anche (soprattutto nel terzo atto) in svolte di trama assurde, inutili o mal sfruttate. In primis un plot twist sconvolgente sulla carta, ma che sembra piazzato lì un po’ a caso e che non porta a nulla, se non a una decisione stupida nel finale.
E a tal proposito, anche qui abbondano i personaggi che si comportano da idioti. A far la parte dei leoni ovviamente gli stereotipatissimi cattivi (rappresentati da Rafe Spall, Toby Jones e Ted Levine), i quali, oltre a portare avanti l’insensata idea dei dinosauri usati come armi che già aveva ammorbato il primo Jurassic World, riescono a compiere azioni una più sbagliata dell’altra. Una in particolare, che coinvolge il personaggio di Levine, merita attenzione.
ALLERTA SPOILER!
Ted Levine interpreta un cacciatore sadico che ha l’hobby (se così possiamo chiamarlo) di collezionare i denti delle sue prede. Quando i dinosauri iniziano a scatenare il panico alla tenuta Lockwood, questi decide di approfittarne per strappare un dente all’Indoraptor, chiuso in gabbia (sigh!). Gli spara alcuni dardi tranquillanti e, non accorgendosi che l’animale ha palesemente finto di svenire, entra dentro, lasciando naturalmente la porta aperta (doppio sigh!) e si avvicina alla bocca. Neanche il tempo di gridare: “Ma questo qui è un coglione!!”, che… Be’, potete immaginarvi benissimo che cosa succede. La parte più buffa è che questa scena non è molto diversa dall’inizio di quel Primal Park di yotobiana memoria…
FINE SPOILER
Parlando della CGI, sicuramente uno degli aspetti più importanti in questo genere di film, purtroppo essa va a momenti: in alcune parti è abbastanza credibile, in altre è fintissima. In ogni caso siamo ben lontani dai rivoluzionari effetti speciali del capostipite. Riguardo al cast, invece, non ho particolari lamentele. Adoro sia Chris Pratt che Bryce Dallas Howard e trovo che tra di loro vi sia un’ottima chimica, merito anche dell’esperienza maturata nella pellicola precedente. Insoddisfacente però la partecipazione al limite del cameo di Jeff Goldblum, che nei panni di Ian Malcolm ritorna giusto per fare la morale e basta.

Un’ultima critica va all’edizione italiana della pellicola, in cui sono state tagliate alcune scene, giudicate troppo sanguinolente, per evitare di far scattare il divieto ai minori di 14 anni. Una censura condivisa con Turchia, Corea e Israele, ma che nel caso dell’Italia ha un che di paradossale, visto che il nostro è sempre stato un Paese molto meno suscettibile di altri alla violenza nei film. Specialmente se questa è riuscita a rientrare nel rating americano PG-13! La questione, insomma, mi lascia perplesso e anche un po’ arrabbiato per la consapevolezza di aver visto un lungometraggio mutilato, seppur di poco.

Tirando le somme, Jurassic World: Il Regno Distrutto è un sequel che regala dei bei momenti di spettacolo e di paura. Purtroppo non riesce a raggiungere i livelli dei primi capitoli e ricade negli stessi problemi di sceneggiatura del predecessore. Non perdeteci troppo tempo se siete in cerca di un blockbuster intelligente. Però, se volete spegnere il cervello per due ore o siete fan di Dino Crisis, allora il film di Bayona è quello che fa per voi.
P.S.: Ma quanto sarebbe bello un remaster di Dino Crisis?