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Kevin Spacey e la polvere sotto il tappeto: l’ipocrisia di Hollywood

È stato un autunno caldissimo per la cara, vecchia, Hollywood Babilonia, travolta da una catena di scandali sessuali a partire dalle accuse contro il produttore Harvey Weinstein.

È esplosa la bolla di un segreto di Pulcinella: nel settore cinematografico, anche ai livelli più alti, si procede a botte di molestie, abusi e ricatti. Come direbbe Kusturica, “Good morning Columbus!”: bravi, avete scoperto l’acqua calda. A lanciare la bomba sono state numerose modelle e attrici d’oltreoceano e la nostrana Asia Argento, scatenando nel pubblico reazioni contrastanti che cercherò di riassumere in modo semplicissimo:

  1. Brave/i. Finalmente (leggi: alla buon’ora del cazzo) avete trovato il coraggio di denunciare l’orco e il sistema corrotto che ci sta dietro.
  2. Ma che brave e bravi. Ve ne siete approfittate/i finché vi ha fatto comodo, e alla prima occasione propizia avete trovato un modo di far parlare di voi.

Per quello che può valere, vi darò anche il mio punto di vista.

Bianco, nero e grigio

Mi sembra facile e demagogico puntare il dito contro qualcuno che si piega a un ricatto sessuale. Soprattutto, mi sembra facile e demagogico farlo dalla sicurezza del nostro salottino, davanti alla tastiera. Ogni persona è diversa. Non metto in dubbio che ci siano attrici e attori che davanti alla prospettiva di una “via breve” per ottenere una parte si piazzino in prima fila pronti a firmare. Come non metto in dubbio la possibilità di momenti di crisi, imbarazzo e disagio, in cui ti trovi a fare cose contro la tua volontà perché ti sembra meno peggio dell’alternativa.

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Il classico bravo ragazzo di Hollywood.

Non mi piace dare giudizi morali, e mi sembra pericoloso appioppare etichette come “eroina” o “mignotta”, contando che non siamo nella testa di nessuno. Però una cosa la so: quando ad un’offerta di lavoro si accompagna come condizione una proposta di natura sessuale, quella è una molestia. A prescindere dalla risposta del candidato, e dall’opinione che si può avere in merito.

Quando poi la molestia diventa talmente frequente in un settore da “sistematizzarsi” siamo di fronte a un problema grave, a uno scenario in cui l’anomalia deviante diventa regola, e si procede nel circolo vizioso. L’unica cosa che posso augurarmi, come essere umano e come appassionata di cinema, è che questo polverone servirà a migliorare le condizioni di lavoro dei tanti professionisti che si avvicinano al settore, eliminando o diminuendo sensibilmente lo sbarramento d’accesso “in natura”.

And the winner is… Kevin Spacey!

Come avrete sicuramente avuto modo di apprendere durante le vostre letture mattutine da Bisogno Numero Due, a un certo punto a finire in mezzo al circo è stato lui. Il capo indiscusso degli spoiler, la faccia dei colpi di scena: Mr. Kevin Spacey. L’attore Anthony Rapp lo ha accusato di averci provato con lui quando Rapp aveva appena 14 anni, e Spacey 24.

Diciamocelo: la mossa di unire alle scuse in un Tweet il suo coming out non è stata proprio un colpo da maestro. La comunità LGBT non scuote certo le maracas quando si accostano negli stessi 140 caratteri concetti distanti come l’omosessualità e le molestie su minori. Le scuse potevano uscirgli meglio.

Da quel momento in poi la stagione di caccia al Kevin Spacey si è considerata aperta e sono saltati fuori un altro paio di casi (che coinvolgevano, però, diciottenni) di presunta molestia. La stampa ha poi allargato il mirino ad ambiti della vita di Spacey che sono francamente cazzi suoi, come i festini in barca con adulti consenzienti (a proposito, dove si firma per i festini in barca con Kevin Spacey?). E si è scatenato l’inferno.

Netflix, Sony e le altre manine pulite

I primi a tirare i remi in barca sono stati quei compagnoni di Netflix, che hanno annunciato la prossima chiusura di House of Cards.

Ma non c’entra nulla con lo scandalo sessuale di Kevin Spacey. Nel modo più assoluto. Guarda là, una scimmia a tre teste!

I rumors successivi sembrano dirottare verso una possibile continuazione della serie, ma senza Kevin Spacey. Chi vuoi che se ne accorga? In fondo era solo il protagonista e il personaggio su cui si regge l’intero sviluppo narrativo.

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Una delle scene da cestinare nel film di Ridley Scott.

Un nuovo livello di ridicolo si è raggiunto con l’annuncio dell’eliminazione di Kevin Spacey dal cast di Tutti i soldi del mondo, il nuovo film di Ridley Scott, prodotto da Sony. Verrà sostituito da Christopher Plummer e siamo felici per lui. Qual è il problema? L’uscita in sala è prevista per il 22 dicembre. Anno corrente, 2017. Ogni scena con Kevin Spacey dovrà essere rigirata e rimontata modalità cazzo di cane Renè Ferretti da qui ad allora per rispettare i tempi di distribuzione. Gnam, non vedo l’ora di gustarmi il prodotto finito, ve’.

Di roghi, di mostri, di senso della misura

Possiamo volere tutto il bene del mondo agli americani, ma c’è una cosa in cui proprio non vanno forte: il senso della misura. Date loro un forcone e una torcia e stanno già costruendo una pira.

Credo che provarci con un quattordicenne, anche se sei sbronzo, anche se a tua volta sei giovane, sia uno sbaglio grave. Uno sbaglio che mi sembra giusto denunciare, che mi sembra sacrosanto arrivi in tribunale con le conseguenze del caso, e così via. Ma non vedo, con i miei sette decimi scarsi, alcun buon motivo per cui questo episodio di trent’anni fa dovrebbe farti perdere il lavoro. Ci sono professioni che richiedono una fedina penale pulita e un certo rigore morale. Ad esempio: il vescovo, il magistrato, il presidente della Repubblica, l’insegnante, l’alpino, la suora e così via.

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“Grab her by the pussy”, cit.

Nella lista non figura “l’attore”. E in effetti hanno svolto più che dignitosamente la professione di attore: ex galeotti, alcolizzati, tossicodipendenti, sessodipendenti, giocatori incalliti e addirittura conclamati stronzi o governatori della California senza che nessuno ci perdesse una notte di sonno.

Come può un grave sbaglio commesso da ragazzo rendere Kevin Spacey meno adatto a svolgere la sua professione oggi?

Codoni di paglia in fiamme da qui a Venice Beach

La risposta è semplice: “non può”. Kevin Spacey è ancora adatto per quelle parti, se lo era ieri. Gli sono stati ingiustamente stracciati due contratti lavorativi importanti, ed è diventato a sua volta una vittima. Non dell’orco, non del viscido predatore sessuale, non del sistema corrotto, ma di un male ben più banale e diffuso: l’ipocrisia.

Il disperato tentativo di darsi una sciacquata d’Amuchina e prendere le distanze dal mostro di turno, sia mai che qualcuno pensi male. La mia percezione è che stiamo assistendo ad uno spettacolo pietoso e ridicolo: ok, quindi volete farci credere che sono trent’anni che Kevin Spacey adesca ragazzini e voi che ci lavorate insieme ogni giorno lo venite a scoprire oggi? E che la cosa vi turba & indigna al punto da sentire il bisogno di licenziarlo? Ma è uno scherzo o ci credete veramente così coglioni? E soprattutto: lo siamo?

Alla radice del problema

Già dalle prime denunce nei confronti di Weinstein mi ero posta un problema. Prendete Gwyneth Paltrow: lo ha accusato di averla molestata, e ha sostenuto di non averlo denunciato per paura di eventuali ripercussioni. Personalmente, le credo. Mi sembra anche una reazione umana. Ma Gwyneth Paltrow non era stata del tutto zitta, all’epoca dei fatti: si era sfogata con il fidanzato Brad Pitt.

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Coppie anni ’90 di livello.

Il quale, senza fare una grinza, pare fosse andato da Weinstein a battersi i pugni sul petto e grugnire “tu no tocca mia donna”. Fine. E così altri fidanzati, amici, parenti, colleghi, collaboratori delle innumerevoli vittime di turno. Non mi sembra peregrino affermare che ci fosse un’omertà diffusa, un’accettazione dello stato delle cose che non comincia e non finisce con Weinstein, nell’ambito della molestia sessuale nel cinema. Probabilmente oggi che la pentola è scoperchiata a questa omertà sta facendo seguito un senso di colpa, un estremo tentativo di salvare la faccia e tenere le mani pulite.

E da qui i proclami e i gesti al limite del ridicolo, le scomuniche, i licenziamenti isterici. Ripeto mi auguro, ma davvero, che questo grande casino avrà delle ricadute positive sulla vita di tanti giovani attrici e attori. Perché dalla vecchia guardia del settore la sfida di restare umani, di scindere la persona dall’artista, di non ergersi a giudici quando fino a ieri si era conniventi, è già stata perduta.

 

***Obbligo morale***

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Sara Boero

Sua madre dice che è nata nel 1985, a lei sembrano passati secoli. Scrive da quando sa toccarsi la punta del naso con la lingua e poco dopo si è accorta di amare il cinema. È feticista di Tarantino almeno quanto Tarantino dei piedi. Non guardatele mai dentro la borsa, e potrete continuare a coltivare l'illusione che sia una persona pignola.
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