Film

Cogan – Killing Them Softly: uccidere ai tempi della crisi

Ve la ricordate la crisi? Quando sembrava che da un giorno all’altro saremmo tutti finiti a dormire su un marciapiede? Ma ve lo ricordate lo spread?

No, tranquilli: non farò partire un pippone economico-finanziario. È solo che la crisi fa da sfondo a Killing Them Softly, film del 2012 diretto da Andrew Dominik. Anzi, è più che un semplice sfondo. Tutto ruota intorno ai soldi. Soldi rubati, omicidi per soldi, soldi che devono essere pagati.

Siamo nel 2008, in piena campagna elettorale. Obama sta correndo per la Casa Bianca. Alla radio, in tv, per strada, non si parla d’altro. Ma non solo: crisi, crisi, crisi. Siamo all’apice del vortice finanziario che ha travolto gli Usa ed il mondo intero.


Attenzione, c’è un pochino di spoiler, ma giusto un poco.


Johnny Amato, losco proprietario di una lavanderia, ingaggia due sfigati per fare una rapina durante una partita di poker fra mafiosi. Già dopo una riga e mezza di trama si intuisce che esiste un’ottima possibilità che le cose possano finire malissimo. Rapinare la mafia, lo sappiamo, non è mai una buona idea. Perché farlo allora? Perché le partite le organizza Markie Trattman (Ray Liotta). Trattman poco tempo prima aveva organizzato lui stesso una finta rapina. Si era fatto scoprire ed era ancora vivo, ma è ovvio che il sospettato numero uno sarebbe lui.

La mafia incarica Jackie Cogan (Brad Pitt) di fare luce sulla cosa. Cogan arriva vestito di nero con in sottofondo “The man comes around” di Johnny Cash, e ciò è assolutamente cosa buona e giusta. È un killer che uccide senza far soffrire la vittima. Preferisce uccidere da lontano, possibilmente senza contatto umano, perché nel suo lavoro odia i sentimenti, chi implora, chi invoca la madre, ecc.

I due rapinatori, lo avevamo capito, sono incredibilmente stupidi e finiranno per tradirsi. Cogan intuisce che Trattman è innocente, ma sa che la gggente della strada non la pensa così. Per una questione di rispetto, Trattman deve pagare. E ovviamente Johnny Amato, il vero mandante, che però conosce Cogan di persona. E lui non si sente di farlo fuori. Quindi fa arrivare da New York Mickey Fallon (James Gandolfini), un killer suo amico con evidenti problemi di dipendenza alcolica e sessuale, per aiutarlo. Mickey però è completamente marcio e non riesce a fare il suo lavoro.

Dunque.

Questo film è bello, però mi ha fatto veramente incazzare. Per carità, a Cannes ed al botteghino è stato accolto molto bene. Ma è davvero il Balotelli dei film noir fighi. Avrebbe tutto il potenziale per diventare fenomenale, ma non si impegna abbastanza.

Intanto gli attori: Brad Pitt in gran forma, ed un James Gandolfini enorme e mai abbastanza rimpianto. E poi la colonna sonora.

Però si sente che manca qualcosa. Soprattutto nei dialoghi, nelle atmosfere. Niente male eh, anzi. C’è un po’ di Tarantino, un pizzico di fratelli Coen. Ecco il punto. È come se il regista si fosse accontentato, fermandosi lì. Il film segue il suo percorso senza stupire, anche se ne avrebbe le capacità.

Mi sa di occasione persa. Peccato, peccato sul serio.

Simone Forte

Nato nel 1984. Nel 2012 scopro che l'anagramma del mio nome e cognome è "termosifone". Spero che scrivere di cinema senza averlo studiato per davvero non mi renda come quelli che leggono articoli complottisti sui vaccini e poi vanno a contraddire i medici. Io scriverò lo stesso, ma prometto di limitare al minimo indispensabile l'uso dei "................" e dei "!!1!!1!".
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