
Kiraigo: Il villaggio dove vivono Buddha e demoni
Nata dalla florida collaborazione con l’Associazione per gli Scambi Culturali fra Italia e Giappone ASCIG, Ottobre giapponese è la sezione del Ravenna Nightmare Film Fest dedicata alle anteprime di importanti titoli della cinematografia indipendente del Sol Levante. A chiudere in bellezza la rassegna di quest’anno, dopo il complesso affresco storico-filosofico di Mishima: The Last Debate e la poesia minimale dei corti di Koji Yamamura, troviamo Kiraigo: Il villaggio dove vivono Buddha e Demoni, un documentario di quaranta minuti, prodotto dalla Sakura Eiga Film, per la regia collettiva di Murayama Masami, Kataoka Nozomi e Inoue Minoru.
Il film punta i riflettori su Musho, un villaggio rurale da 25.000 abitanti nella provincia di Chiba che da secoli è l’unico in tutto l’arcipelago nipponico a conservare la tradizione del kiraigo (“Recita dell’Inferno”), un’annuale rappresentazione teatrale che narra la venuta dei demoni e il giudizio finale delle anime di chi è passato a miglior vita. Retaggio dell’epoca Kamakura, storicamente collocata tra la fine del XII e l’inizio del XIII secolo, questo sacro spettacolo svolge un ruolo catartico per gli abitanti di Musho, che grazie ad esso trovano la forza di purificarsi e affrontare le difficoltà esistenziali, i danni dell’essere umano come le guerre civili e le tentazioni dello spirito.
Kiraigo: Il villaggio dove vivono Buddha e Demoni è diviso in due parti ben distinte: nella prima, che dura una ventina di minuti, facciamo la conoscenza della comunità di Musho. In questa realtà rurale, che vive a stretto contatto con la natura, il tempo pare essersi fermato e sopra ogni cosa vige il rispetto per gli esseri viventi (non a caso il nome del villaggio, Musho, si traduce con l’espressione “tenere in vita gli insetti”). Dopo aver assistito a brevi squarci di prove generali e all’allestimento del palco, si passa passa alla seconda parte e quindi all’esposizione visiva di uno show che coinvolge attivamente tutti i cittadini, anziani e bambini compresi.
La rievocazione di storie demoniache, di redenzione e di presa di coscienza delle proprie paure viene documentata dai tre registi con occhio clinico e immagini di perfetta nitidezza. La forza insita nelle riprese fornisce un’immagine precisa del sentimento con cui viene affrontata l’esecuzione, segnata da recitazione altisonante, muscoli che si tendono o si flettono, e i suoni sordi e ieratici degli accompagnamenti musicali. Ciò che colpisce di più del documentario è però il tenero affiatamento tra gli abitanti, che incarna la bellezza preziosa della vita e fa toccare al film altissime vette di umanità.