
Kong: Skull Island – Il ritorno del Re
1973. La guerra del Vietnam è appena terminata. In radio vanno forte il rock e la disco. I satelliti artificiali sono in grado di mappare il pianeta, permettendo di scoprire zone incontaminate. È in questo contesto che si viene a conoscenza dell’Isola del Teschio, un luogo avvolto dalle tempeste e dalla leggenda, dove navi e aerei scompaiono e dove forse si annidano creature che vanno al di là della comprensione umana.
Immediatamente gli americani inviano una spedizione, guidata dal colonnello Packard (Samuel L. Jackson) e di cui fanno parte, tra gli altri, il mercenario James Conrad (Tom Hiddleston), l’agente governativo Bill Randa (John Goodman) e la fotoreporter Mason Weaver (Brie Larson). Non passano neanche dieci minuti da quando mettono piede sull’isola, che subito vengono attaccati da Kong, un’enorme scimmia che i nativi considerano un dio e che fa da “protettore” del luogo. Ma qualcosa di ben peggiore risiede sottoterra e l’arrivo degli stranieri lo ha risvegliato…

Secondo capitolo del cosiddetto “Monsterverse” della Warner Bros (iniziato con Godzilla di Gareth Edwards e destinato a continuare con i futuri Godzilla: King of Monsters e Godzilla vs Kong), questo Kong: Skull Island non è un vero e proprio remake del classico del ’33, bensì un reboot che riprende l’iconico personaggio inserendolo in una nuova storia. Quanto di più diverso quindi dalla versione di Peter Jackson del 2006, che si poneva sia come sentito omaggio all’originale sia come vero e proprio film d’autore.
Il nuovo Kong, al contrario, è un onestissimo B-movie d’avventura, che regala agli spettatori esattamente quello che promette: tanta azione, affascinanti paesaggi esotici (è il primo film americano ad essere stato girato in Vietnam) e soprattutto mostri giganti che se le danno di santa ragione. E il tutto è reso in maniera (quasi) impeccabile.
Gran parte del merito va sicuramente al regista, il semi-esordiente Jordan Vogt-Roberts, che gestisce con maestria il materiale che gli è stato affidato. La sua è una regia ipercinetica, che non dà un attimo di respiro e conferisce al film un ritmo veloce e incalzante, con poche pause. Le scene d’azione sono spettacolari, ben costruite, frenetiche, ma sempre molto chiare. A livello visivo poi, Kong è qualcosa di stupendo: la fotografia di Larry Fong (storico collaboratore di Zack Snyder) esalta al massimo grado i colori, che esplodono letteralmente sullo schermo, e dona loro una forte carica espressiva, oltre a creare dei meravigliosi giochi luce-ombra.
Anche la colonna sonora è ottima: oltre alle suggestive musiche originali di Henry Jackman, non mancano grandi classici degli anni ’70 (da David Bowie ai Black Sabbath), che rievocano efficacemente l’atmosfera dell’epoca. Gli effetti digitali sono ben fatti e portano in vita in modo credibile le varie creature, dal ragno gigante (protagonista di una delle scene più inquietanti del film, e chi scrive non è aracnofobico) all’enorme “bufalo”, fino ai famelici “Strisciateschi”, i nemici principali della storia. A svettare (letteralmente) su tutti è ovviamente la scimmia protagonista, che in questa versione raggiunge l’incredibile altezza di 30 metri, cifra che la rende di fatto il Kong più grande della cinematografia americana (solo quello giapponese lo supera).
La cosa più affascinante di Kong: Skull Island, però, sono i suoi innumerevoli riferimenti letterari e cinematografici. L’opera più citata è senza alcun dubbio Apocalypse Now, già a partire dall’ambientazione storica. Per non parlare del personaggio di James Conrad, il cui nome è un chiaro omaggio all’autore di Cuore di tenebra (e di riflesso al film di Coppola), mentre la scena degli elicotteri non può non far venire in mente quella della Cavalcata delle Valchirie. Infine è sostanzialmente una versione comica di Kurtz lo strambo Hank Marlowe interpretato da John C. Reilly, un pilota della Seconda guerra mondiale precipitato sull’isola nel ’44 insieme a un “collega” giapponese (altra citazione, stavolta a Duello nel Pacifico) che aiuterà il gruppo a tornare a casa (e che ruba la scena ogni volta che compare).

Ma nella pellicola c’è anche un po’ di Moby Dick, in particolare nella figura del colonnello Packard, novello capitano Achab che con il passare del tempo diventa sempre più ossessionato dal desiderio di uccidere quella balena bianca che è Kong. Insieme, il personaggio di Samuel L. Jackson e quello di Reilly si pongono agli estremi opposti di un’interessante dialettica uomo-natura che pervade tutto il film: se il primo incarna la superbia della razza umana, che crede di poter sottomettere tutto il Creato (di cui Kong è portavoce), il secondo invece, dopo anni passati con gli indigeni, ha imparato a rispettare l’ambiente e le sue creature, arrivando addirittura a ripudiare le “incivili” regole imposte dalla civiltà.

Peccato solo che questi due siano gli unici personaggi veramente caratterizzati. Tutti gli altri si limitano ad essere dei “tipi” quasi completamente privi di personalità, e questo è il più grande difetto del film. Lo stesso Conrad, che dovrebbe essere il protagonista, è un personaggio di poco spessore, che si salva dall’anonimato solo grazie alla bravura e al fascino di Tom Hiddleston. Anche la talentuosa Brie Larson appare piuttosto sprecata, avendo un ruolo sostanzialmente inutile ai fini della trama. La sua Weaver al limite potrebbe rappresentare la “Bella” della situazione (quella che nella pellicola originale era Ann Darrow), ma della classica “storia d’amore” con la “Bestia” (ovvero Kong) qui non vi è traccia, se non qualche accenno.

Ciononostante Kong: Skull Island rimane un godibilissimo monster movie capace di intrattenere lo spettatore per quelle due ore passate in sala. Pur non essendo un capolavoro (e pur non raggiungendo la bellezza del film di Jackson), ne consiglio caldamente la visione a chiunque sia un patito dei film d’avventura o un amante dei combattimenti tra mostri, perché di certo non ne rimarrà deluso.
P.S.: non andate via prima della fine dei titoli di coda se non volete perdervi una gustosa scena extra che getta un occhio sul futuro della saga.
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