
L’inquilino del terzo piano. Lasciate ogni speranza, voi che entrate
State cercando casa? Avete dei vicini fuori dalle righe, che vi infastidiscono o che hanno strani comportamenti? Beh allora non dovreste guardare questo film di e con Roman Polański. Potreste immedesimarvi nel protagonista e passare dei bruttissimi momenti. A volte la paura non è legata a luoghi strani, apparizioni di mostri o cose simili. Si può vivere un incubo semplicemente stando nel proprio appartamento… semplicemente da inquilino del terzo piano. Pronti ad un viaggio nella follia?
Trama: Trelkowski (Roman Polański), uomo polacco naturalizzato francese, arriva nella Parigi anni ’70 alla ricerca di un appartamento dove poter vivere. Il nostro protagonista è molto fortunato (sarà davvero così?) e ne trova subito uno libero, visto che la precedente inquilina, tale Simone Choule, ha pensato bene di gettarsi dalla finestra. Un po’ inquietante come cosa, vero? Magari sarà dovuto al fatto che il bagno non è in casa, ma è esterno e accessibile a tutti. Che la vecchia inquilina si sia lanciata di sotto per problemi gastrointestinali? Qualsiasi sia il motivo c’è un alone di mistero. Trelkowski non pare pensarla così e decide di diventare lui il nuovo inquilino del terzo piano.
Il nuovo abitante dell’appartamento si reca a fare visita all’ospedale alla vecchia proprietaria Simone, intento a capirne le motivazioni che l’hanno spinta all’insano gesto. In ospedale Trelkowski conosce un’amica di Simone, la conturbante Stella (Isabelle Adjani). Simone si trova completamente fasciata e incapace di deambulare e parlare, ma alla vista del polacco inizia ad urlare terrorizzata, tanto che Trelkowski viene allontanato dall’infermiera. Dopo lo strano avvenimento accaduto in ospedale Trelkowski inizia a frequentare Stella, senza dirle che è lui ad aver ereditato l’appartamento di Simone, e che quindi non era un amico della donna.
Nel frattempo i vari vicini di casa, uno più inquietante dell’altro, iniziano a fare visita a Trelkowski per i più svariati motivi e il nostro protagonista inizia comprensibilmente a preoccuparsi. Ma il fatto più allarmante è che il nuovo inquilino osserva dalla sua finestra che tutti gli altri condomini, una volta recatesi in bagno, cadono come in trance fino a rimanere completante immobili.
Come mai una semi incosciente Simone ha urlato alla vista di Trelkowski nella sua visita all’ospedale? Il nuovo inquilino dirà a Stella di aver ereditato l’appartamento della sua amica suicida? Cosa vogliono i vicini da Trelkowski? A cosa è dovuto lo stato di catalessi che prende chiunque si rechi in bagno? Che stiano tutti tramando contro il nuovo inquilino del terzo piano?
Per sapere la risposta vi occorre munirvi di coraggio e guardare questo thriller psicologico ad alta dose di ansia.
Roman Polański riprende qua il tema dell’ansia e del timore dei vicini, persone totalmente sconosciute, che aveva già iniziato con il suo capolavoro Rosemary’s Baby. Ma ci sono delle differenze tra i due film. Con L’inquilino del terzo piano Polański usa una regia e una fotografia ancora più asciutte e fredde, quasi asettiche. I colori sono cupi, grigi e ansiogeni. La quasi totale mancanza di musica ha l’effetto di accrescere la tensione e far focalizzare lo spettatore sui personaggi, decisamente inquietanti. Un’altra differenza rispetto a Rosemary’s Baby è che qui Roman interpreta il protagonista, inserendo anche riferimenti biografici come l’origine polacca di Trelkowski.
L’inizio del film è lento, quasi soporifero, ma cresce piano piano fino allo stranissimo finale (che non vi svelerò per godervi al meglio il film). Sin dalle prime scene c’è un senso di paranoia di sottofondo, anche solo dovuto ai protagonisti, che risulta difficile spiegare senza dover far i complimenti al regista. Lo stesso Polański ha un viso non lineare che di per sé dà un senso di stranezza, e che potrebbe anche spiegare la sua decisione di fare il protagonista. Anche Stella, interpretata dalla Adjani, non sembra una di cui potersi fidare completamente. E discorso analogo va fatto per tutti gli attori presenti nella pellicola. La grossa forza del film è creare una tensione incredibile, che cresce lentamente, senza dare il tempo allo spettatore di accorgersene. Il senso di smarrimento, la poca serenità del protagonista tendono ad invadere chiunque guardi il film.
Anche il finale (niente da fare non ve lo dico!) dà adito a svariate interpretazioni. Indipendentemente dal senso della vicenda, ammesso che ce ne sia uno, l’inscenare un incubo ricorrente in un contesto così familiare e innocente è davvero un colpo di genio. D’altronde nulla è pauroso come quello che non conosciamo e forse per diventare pazzi bastano solamente poche strane coincidenze, che ci portino a dubitare di tutto e diventare immediatamente paranoici. Non sono sicuro questo film sia migliore del sopra citato Rosemary’s Baby (uno dei miei preferiti), ma il senso di irrequietezza e la mia attenzione durante il film sono stati elevati. Cosa c’è di meglio di una pellicola che ti lascia un sacco di sensazioni? Niente, anche se questi sentimenti sono ansia e agitazione.
Grazie Roman per aver reso la ricerca di una casa un piccolo incubo da cui è impossibile scappare tramite questo piccolo capolavoro del Cinema!
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