Se pensate che il meglio dell’orrore sia tutto a stelle e strisce vi sbagliate: ecco qui i 10 migliori horror italiani
Premessa: come ogni classifica che si rispetti questa è puramente personale e dunque opinabilissima.
In tempo di governo gialloverde abbiamo deciso di non farci dettare l’agenda horrorifica da quell’ubriacone eurocrate e atlantista di Juncker. Questa classifica è dunque volta a sottolineare come l’italianità del cinema d’orrore sia molto spesso sinonimo di grandissima qualità.
Ora, scommetto che di tutti i nomi che pensavate di trovare citati in questo articolo, l’ultimo che vi sareste aspettati era quello di Juncker, ma da queste parti siamo bravi nella sottile arte dei collegamenti a cazzo. Seguiteci ordunque in questa galleria di meravigliosi orrori tricolori, perché se c’è un ambito in cui un pizzico di gagliardo nazionalismo non farebbe male è proprio il cinema horror.

10 – Deliria | Michele Soavi, 1987
Un giorno, al NoirFestival di Viareggio, dove Soavi stava presentando il suo terzo film, La setta, venne praticamente placcato da un giovane e adorante fan americano, che lo tampinò al punto da costringere il regista a chiedere che qualcuno glielo togliesse di dosso. Quel giovane americano si chiamava Quentin Tarantino.
Questo per fare capire di che regista sottovalutato stiamo parlando.
Deliria fu il suo esordio a basso budget, finanziato dalla casa di produzione di Joe D’Amato, peraltro in un momento in cui gli horror italiani stavano cominciando a venir meno. Una compagnia teatrale sta facendo le prove per il suo prossimo spettacolo e proprio quella sera un pericoloso serial killer fugge da un ospedale psichiatrico nelle vicinanze, cominciando a mietere vittime.
Tra Halloween e la serie B italiana Soavi si ritaglia un posticino importante nella storia del nostro cinema, dimostrando con pochissimi mezzi e tante idee la sua straordinaria bravura in un film che è certamente invecchiato maluccio, ma che rivisto con gli occhi dell’epoca riserva di certo le sue belle sorprese.
9 – Demoni | Lamberto Bava, 1985
Diretto dal figlio di Mario Bava, prodotto da Dario Argento, aiuto-regista Michele Soavi, sceneggiato da Dardano Sacchetti (lo sceneggiatore di fiducia di Fulci), colonna sonora dell’ex leader dei Goblin, effetti speciali del grande Sergio Stivaletti. C’è bisogno di dire altro?
Demoni è uno dei gioielli dello splatter italiano: un film divertente e girato con mano gagliarda dal Bava junior, che rinuncia completamente a imbastire una trama sofisticata per puntare sul gore e gli effetti speciali artigianalissimi di Stivaletti, mettendo insieme una meravigliosa baracconata che influenzerà chiunque vorrà mettere in scena anche solo uno schizzo di sangue (e provate a negarlo dopo aver guardato Kill Bill).
8 – Zombie 2 | Lucio Fulci, 1979
Sfruttando abilmente il successo commerciale di Zombie di Romero (traduzione minimale per le sane italiane del celeberrimo Dawn of the Dead), Fulci si “impossessa” del titolo e gira un ideale seguito che seguito non è. Invece che puntare sull’aspetto politico e filosofico dello zombie (lo zombie come simbolo di un proletariato vorace, rivoltoso, marxianamente unito, ma allo stesso tempo quasi ottuso, istupidito dal consumismo imperante) Fulci ritorna alle origini caraibiche del non-morto e si concentra prevalentemente sullo splatter estremo (celeberrima e copiatissima la scena della scheggia di legno che si conficca nell’occhio di Olga Karlatos), sulla ricerca della sensazione e dell’orrido, schifando e sbalordendo gli spettatori dell’epoca e rendendo questo film un cult istantaneo. Un passaggio obbligato nel pellegrinaggio verso La Mecca degli horror italiani.
7 – Cannibal Holocaust | Ruggero Deodato, 1980
Mockumentary, snuff movie, cinema degli eccessi, bandito, censurato, tagliato, criticato: Cannibal Holocaust è probabilmente il film più controverso della storia del cinema (italiano e non solo) tanto che alcuni (tra cui il giudice del processo intentato a Deodato dopo l’uscita del film) credettero che gli orrori mostrati vennero davvero inflitti agli attori in scena.
Deodato stesso non concorda con la catalogazione del film nel genere horror, preferendo quella più generica di film di denuncia, quella che nelle sue intenzioni doveva essere rivolta alla leggerezza con cui i mezzi di comunicazione mostravano efferatezze e crudeltà nei telegiornali. In realtà Cannibal Holocaust è ricordato proprio per la incredibile realizzazione di scene mai così estreme e quasi insostenibili. Un film che non può non dividere e sconcertare ancora oggi, a 40 anni dall’uscita.
6 – Paura nella città dei morti viventi | Lucio Fulci, 1980
Primo film della Trilogia della morte per il “terrorista dei generi” Lucio Fulci, che nel 1980 realizza uno dei più grandi omaggi allo scrittore americano Howard Phillips Lovecraft mettendo in scena un horror gotico e sanguinolento in cui la follia la fa da padrone.
Nella immaginaria e lovecraftiana città di Dunwich, costruita sulle rovine di Salem, un prete si impicca spalancando le porte dell’inferno e dando così il via a una serie di orrori indicibili. Scene oniriche, truculente, scenari da incubo e un paesaggio tenebroso la fanno da padroni in un horror ingiustamente accusato di essere solo espressione di bassa macelleria, mentre invece è un piccolo gioiello tra gli horror italiani, da cui registi come Tarantino (sempre in Kill Bill) hanno preso a piene mani.
5 – …e tu vivrai nel terrore! L’aldilà | Lucio Fulci, 1981
Secondo capitolo della “Trilogia della morte” viene da molti indicato come il vero e proprio capolavoro di Fulci.
Nel 1927 un pittore sospettato di stregoneria viene massacrato nell’hotel Sette Porte, uno dei sette varchi infernali che non deve essere riaperto. Anni dopo una ragazza acquisterà lo stabile, ormai fatiscente, dovendo fare i conti con le forze malefiche che in esso albergano.
Horror onirico, surreale, artistico ed enigmatico. …e tu vivrai nel terrore! L’aldilà, oltre che ad avere il titolo più strambo della storia del cinema, gode degli incredibili effetti speciali di Giannetto De Rossi e stupisce ancora oggi per l’inventiva e la capacità, nonostante i mezzi scarsi, di dare vita a immagini mai viste prima e che ancora oggi fanno scuola.
4 – Profondo rosso | Dario Argento, 1975
Che altro si può dire di Profondo rosso nel 2019?
Un giallo, un thriller, un horror, un mistery: Argento mescola i generi e le suggestioni regalandoci un film assolutamente imprescindibile, un gioiello tutto italiano che non poteva non rientrare in questa classifica e che è ben difficile da tener fuori dai primi tre posti.
Ma al cuor non si comanda e dunque per questa volta deve accontentarsi della medaglia di legno. E lo dico mentre ascolto la colonna sonora dei Goblin.
3 – La casa dalle finestre che ridono | Pupi Avati, 1976
So che molti di voi staranno saltando sul divano vedendo Profondo rosso al quarto posto e La casa dalle finestre che ridono al terzo, ma noi del MacGuffin non siamo mainstream e quindi abbiamo preferito premiare un film come quello di Avati, che ha un decimo dei mezzi e degli incassi dell’opera di Argento, ma che in quanto a inventiva, atmosfera e colpi di scena non gli è di certo inferiore.
Da molti definito come un “gotico padano”, questo film ci racconta una storia macabra e affascinante, ambientata nella sonnacchiosa Bassa che diventa il perfetto teatro degli orrori che Avati ci mostra a poco a poco, tessendo una trama ben articolata e con i giusti colpi di scena. Diventato un vero e proprio cult col passare del tempo rimane uno degli esordi più folgoranti tra gli horror italiani, esordio non ripagato da una carriera – quella di Avati – all’altezza delle aspettative.
2 – La maschera del demonio e I tre volti della paura | Mario Bava, 1960
Non poteva mancare in questa classifica il mitico Mario Bava, che si aggiudica una doppia medaglia d’argento a pari merito (non riuscivo a decidermi, confesso) con La maschera del demonio, film gotico che segna l’esordio del regista, ispirato a Gogol’ e di stampo classico (cioè con la strega maledetta, il castello infestato e l’ambientazione ottocentesca), e I tre volti della paura, film di tre episodi tratti da racconti di Snyder, Čechov e Tolstoj.
Due opere monumentali per un regista imprescindibile, visionario, capace di creare immagini da incubo con tre ragnatele, un po’ di cartapesta e una porta che cigola. Quando vi dicono che il grande cinema si fa solo con grandi mezzi voi rispondete semplicemente “Mario Bava”.
1 – Suspiria | Dario Argento, 1977
Abbiamo strappato il terzo posto a Profondo rosso, ma non potevamo non regalare lo scettro del vincitore al mitico Dario Argento, che in Suspiria tocca forse il vertice più alto della sua carriera. Psichedelico, onirico, surreale e terrorizzante, questo film riesce a non invecchiare mai perché fa contemporaneamente leva su immagini estremamente moderne (le luci al neon, i colori innaturali, le costruzioni surreali) e su un immaginario lontano e atavico: quello di Cappuccetto Rosso, delle fiabe, le streghe e i boschi oscuri dove sussurri sinistri accompagnano i passi dei malcapitati che vi si avventurano.
Argento dà il meglio di se stesso dimostrando fin da subito i suoi debiti (soprattutto nella gestione dei tagli di luce) da giganti come Orson Welles e lo stesso Mario Bava, ma rimodulandoli in modo estremamente personale, tanto da rimanere scolpito nella mente dell’ignaro spettatore che, come la stessa protagonista Suzy, va a cacciarsi nella più tenebrosa tana del Bianconiglio che il cinema italiano, e in particolare gli horror italiani, abbiano mai messo in scena.