Dopo aver portato le tinte più cupe del thriller in formato serie tv in giro per l’Europa, Netflix con La foresta si avventura sulle Ardenne tra segreti e qualche cliché.
Nelle asfissianti giornate di agosto chi non si crogiola in riva al mare si consola cliccando distrattamente play su qualche nuovo prodotto in bella mostra di Netflix. Magari ambientato in qualche luogo fresco. Diciamo la verità: il colosso dello streaming statunitense negli ultimi tre mesi non ha fatto altro che caricare film e serie tv di tutti i generi. Anche i più improponibili. Per questo chi si avventura nel catalogo in questo periodo decide di affidarsi ai rassicuranti titoli in primo piano, quelli collaudati, quelli di cui un po’ tutti parlano. La foresta, serie tv francese in 6 puntate, non appartiene esattamente a questa categoria ma è il prodotto che meglio descrive la piega che sta prendendo, nel bene e nel male, Netflix.
Il capitano Decker (Samuel Labarthe) della gendarmeria, recentemente trasferito a Montfaucon, deve subito fare i conti con un caso complesso. Le vere difficoltà dell’indagine, però, sono rappresentate dal tessuto di segreti e superstizioni fortemente intrecciati con le tradizioni della cittadina. Anche Eve (la più convincente Alexia Barlier), un’insegnante della giovane scomparsa, prende parte alle investigazioni che, tra un indizio e l’altro, porteranno alla luce alcuni dettagli del suo passato. Il fulcro di tutto questo è la foresta che circonda questo paesino. Le prime immagini lasciano ben sperare: personaggi curiosi e misteriosi al punto giusto, un’ambientazione pittoresca, una buona fotografia e una colonna sonora abbastanza intrigante. Il primo episodio non sembra essere troppo televisivo, nella sua accezione negativa. Tutto è pronto per 6 ore di binge-watching passate insieme al proprio ventilatore di fiducia!
Dalla Francia disperatamente
Non tra i più pubblicizzati né tra quelli che non compaiono mai nelle diverse categorie, questo show dei cugini Oltralpe si colloca comodamente nella terra di mezzo, un territorio indefinito in cui una visione iniziata casualmente può ugualmente trasformarsi in una preziosa scoperta come nel più temibile flop. Un po’ come tutte le serie francesi, originali Netflix e non, presenti nel catalogo: dalla nebulosa Marseille, valida ma incapace di creare un vero legame con il pubblico, all’orrido Glacé, una delle peggiori proposte disponibili. La foresta poteva essere il titolo giusto per il ritorno sulla scena internazionale dopo Les Revenants. Una ragazza scomparsa misteriosamente in un bosco nelle Ardenne poteva diventare la mossa giusta tra crime e un pizzico di dramma per catturare soprattutto gli appassionati di questo genere.
Nella foresta delle serie perdute nel modello Netflix
Puntata dopo puntata il dubbio si insinua nella mente. E forse è qui che sta il vero mistery! C’è infatti una giovane di belle speranze che scompare con modalità simili a The Killing. C’è un’ossessione per i nascondigli nella foresta con atmosfere surreali proprio come il tedesco Dark. Insomma, nonostante non si tratti di una produzione originale Netflix, La foresta racchiude tutte le caratteristiche che predilige l’instancabile utente divoratore di ogni nuova uscita. La serie va incontro ai gusti del pubblico ma con formule note e collaudate che non aggiungono niente di particolarmente nuovo al panorama. Affiora spesso il pensiero che basti riproporre sempre la stessa equazione con insignificanti modifiche per garantire il successo. Un momento: non è forse quello che sta facendo proprio Netflix negli ultimi tempi?
A ogni episodio si evidenzia, infatti, anche l’ingombrante paragone con quel gioiellino di Broadchurch: il tenente Virginie Musso (Suzanne Clement) ricorda fin troppo l’Olivia Colman della serie inglese senza possederne la brillante intensità. Tutte queste somiglianze sono vere e proprie armi a doppio taglio. Se, da una parte, possono essere dettagli rassicuranti per l’appassionato crime medio, al contrario possono trasformarsi in fastidi per chi esige di più. Proprio in questa diversa attitudine si legge il giudizio di questa serie: meglio inoltrarsi nella foresta solo se si è alla ricerca di un prodotto elegante e di sufficiente intrattenimento ma senza lampi di genio. La credibilità degli indizi, delle svolte e dei personaggi ben approfonditi potrebbe essere la carta vincente in grado di convincervi. La mancanza di un’impronta ben riconoscibile e magari radicata nell’origine francese del prodotto, invece, potrebbe farvi storcere non poco il naso.
E quindi?
Dopo questo rapido e indolore salto in Francia, il viaggio alla ricerca della serie europea ideale su Netflix continua. Speriamo che alla prossima tappa si corregga leggermente la rotta. Au revoir!