Penso che siamo tutti d’accordo nel sostenere che Avatar – La leggenda di Aang è un vero gioiellino. Andata in onda su Nickelodeon dal 2005 al 2008, la serie animata creata da Michael Dante DiMartino e Bryan Konietzko ha conquistato fin da subito il cuore degli appassionati, grazie a una storia avvincente, a rispettosi omaggi alla cultura asiatica e a un’ironia semplicemente irresistibile. Nemmeno il fallimentare adattamento cinematografico di M. Night Shyamalan è riuscito ad intaccare la sua fama. Non tutti sanno però che l’opera ha avuto un seguito nel 2012, intitolato La leggenda di Korra.
Composta da quattro stagioni/libri (Aria, Spiriti, Cambiamento, Equilibrio) contro le tre di Avatar, Korra non è mai stata facile da trovare nella sua interezza qui in Italia. Fortunatamente Netflix è giunta in nostro soccorso, pubblicandola sul proprio portale come già aveva fatto con la serie originale. È così che ho avuto modo di recuperarla, non senza un pizzico di timore. Tanto infatti mi era piaciuto il predecessore che avevo paura che questo sequel non si rivelasse all’altezza. E invece è stato una gradita sorpresa.

La leggenda di Korra è ambientata 70 anni dopo la sconfitta del Signore del Fuoco Ozai. Aang è passato a miglior vita e a ereditare i poteri dell’Avatar è Korra, una ragazza della Tribù dell’Acqua del Sud. Intrepida e cocciuta, la giovane padroneggia con abilità i domini dell’Acqua, del Fuoco e della Terra, ma ha ancora delle difficoltà con l’Aria. Per questo decide di trasferirsi a Città della Repubblica e completare l’addestramento sotto la guida di Tenzin, figlio di Aang e capo dei Nomadi dell’Aria. Durante la permanenza, Korra conoscerà nuovi amici, come Mako, suo fratello Bolin e la bella Asami. Ma si troverà anche ad affrontare avversari pericolosi che minacceranno il mondo intero e la sua stessa vita.

Sarò banale, ma la prima cosa che mi viene da dire su La leggenda di Korra è che è davvero molto bella. Magari non ha la freschezza e l’originalità di Avatar, ma riesce comunque a portare avanti una trama intrigante e divertente, piena di momenti emozionanti e colpi di scena. In più può contare su delle animazioni semplicemente perfette, forse uno degli aspetti in cui è di gran lunga superiore alla prima serie. Le scene d’azione in particolare sono fluidissime e spettacolari, al punto da sembrare girate dal vero.

Altrettanta cura è stata posta nei confronti dell’ambientazione, a partire dal luogo in cui si svolgono gli eventi principali della serie. Fondata da Aang e Zuko per suggellare la pace tra le Quattro Nazioni, Città della Repubblica è di fatto una New York in miniatura. Una metropoli vibrante, moderna e piena di vita, che viene portata su schermo con un’attenzione ai dettagli notevole e attraverso un’ottima commistione di disegni a mano e computer grafica.
A tal proposito, non può che essere apprezzato l’incredibile lavoro di worldbuilding, che tiene conto degli anni trascorsi tra le avventure di Aang e le nuove. A differenza della maggior parte dei fantasy, dove tutto rimane identico a se stesso come in una bolla, ne La leggenda di Korra lo scorrere del tempo si riflette in un aggiornamento tecnologico e culturale del mondo di Avatar, che ora si trova arricchito da elementi steampunk e stile anni ’20. Così abbiamo automobili, treni, aerei, radio e persino pellicole cinematografiche (chiamate “moventi”). Anche se la mia innovazione preferita è il “dominio sportivo”, originale disciplina agonistica basata sul controllo degli elementi.

Parallelamente, la serie scava molto più a fondo nella mitologia di questo straordinario universo. Ad esempio, arriva a svelare le origini del ciclo dell’Avatar in un doppio episodio dallo stile visivo affascinante, fortemente ispirato alle stampe giapponesi ukiyo-e. Inoltre si distingue per un tono più maturo rispetto a La leggenda di Aang. Mentre continua a veicolare le perle di filosofia orientale che hanno reso celebre l’originale, Korra affronta di petto tematiche adulte che di rado trovano spazio in un prodotto per ragazzi. Si va dal populismo all’intolleranza nei confronti del diverso, passando per il terrorismo, l’anarchia, lo stress post-traumatico e (in maniera più velata) l’orientamento sessuale.
Ciò non vuol dire che manchi il consueto umorismo, il quale trova sfogo in svariate spalle comiche. In primis Bolin, un adorabile bambinone a cui è impossibile non affezionarsi, tanto ingenuo quanto eroico. Per non parlare di Varrick, miliardario ed inventore geniale ma eccentrico (praticamente il Tony Stark del mondo di Avatar), sempre accompagnato dalla fida assistente Zhu-Li, a cui deve solo dire di “fare quella cosa” per essere capito. Una menzione speciale poi va a Meelo, terzogenito di Tenzin, un’autentica piccola peste capace di regalare alcuni dei siparietti più spassosi della serie.

Ma in generale tutti i personaggi principali sono carismatici, simpatici e ben caratterizzati, e non fanno rimpiangere il vecchio “team Avatar”. Tenzin porta avanti con rigore la tradizione dei mentori burberi ma dal cuore d’oro. Mako (il cui nome è un omaggio al compianto doppiatore americano dello zio Iroh) è un giovane coraggioso e con un forte senso della giustizia, a cui però capita di commettere sbagli, specie nei rapporti con l’altro sesso. Invece Asami è una figura femminile forte e indipendente, la cui avvenenza va a braccetto con la spiccata intelligenza.

La stessa Korra, per quanto meno “vivace” di Aang, è una protagonista complessa e credibile, valorosa ma anche fragile, in poche parole umana. La serie fa un lavoro egregio nel mostrare, tra cadute e rinascite, la sua evoluzione da ragazza avventata e senza peli sulla lingua a leader saggia e ispiratrice.
L’unico aspetto de La leggenda di Korra che mi ha fatto un po’ storcere il naso è stato la scelta di inserire un villain diverso per ogni stagione. L’idea di riservare a ciascun “libro” una storyline specifica è senza dubbio interessante, e i cattivi non sono certo privi di fascino (se Amon è il più inquietante, Zaheer è quello più temibile e sfaccettato). Tuttavia non posso fare a meno di pensare che la presenza di una minaccia unica, o comunque di un nemico finale che fosse legato a tutti gli altri, avrebbe reso la storia ancora più appassionante di quello che è già, oltre a darle maggiore completezza.

Questa è la mia sola critica a una serie altrimenti eccellente, che non sfigura affatto di fronte al prototipo. Sono rimasto estremamente soddisfatto dalle avventure di Korra e dei suoi amici, tanto che, arrivato alla fine, avrei voluto che continuassero. Fortunatamente è notizia recente che DiMartino e Konietzko, alla guida dei neo-nati Avatar Sudios, svilupperanno diversi altri progetti ambientati nelle Quattro Nazioni, tra cui un film animato. Ed io sono proprio curioso di vedere che cosa si inventeranno.