
La maledizione dello scorpione di giada
Tuffatevi in una New York degli anni ’40 con la sferzante ironia di Allen. Ecco i motivi per cui, se amate questo regista, apprezzerete questa pellicola.
Oggi ho deciso di recensire un film: La maledizione dello scorpione di giada, e ho deciso di dedicarla a una categoria di persone a cui mi sento di appartenere: quella degli Allen addicted.
Chi, infatti, ama il lavoro di questo regista, non può che apprezzare questa perla di umorismo che ribadisce la rara capacità di un artista di rendere i propri spettatori più intelligenti tramite una semplice risata.
Io sarò di parte, ma che dire signori miei, troppo spesso quest’uomo è stato in grado di ribaltare, con il solo ausilio di un film serale, una giornata che prometteva al massimo studio e giramenti di palle con triplo salto carpiato. Un film che ti salva quindi, un film raro, che diventa una pillola di vita da infilare nel portafoglio per essere sicuri non dimenticarla.
Ma andiamo per ordine: cosa rende questo film degno di finire sulla carta?
1) Beh, prima di tutto, Allen recita. Senza che il suo piccolo ego venga smentito, come puntualmente accade, si concede il ruolo di protagonista: il paranoico e inquieto investigatore assicurativo Briggs. Un omuncolo di grigio vestito, incapace di stare fermo, il nostro Briggs. Un personaggio dalla prestanza fisica paragonabile a quella di una cozza col raffreddore, dall’umorismo e dal sarcasmo pungenti e puntuali, sebbene la sua voce stridula e cantilenante tenti di smussare tale acidità. Drogato di dolci e di donne.
Donne, questi esseri piacevoli da guardare e da toccare e che pare debbano pagare il conto di una grossa ferita nel cuore appena accennata nel racconto, ma resa evidente dai discutibili tentativi di approccio di Allen. Ogni volta parlo con persone che rimangono incredule di fronte al fatto che riesca sistematicamente ad accalappiare puledre una più bella dell’altra con una semplice battuta su Mussolini. Ammetto di comprendere queste signore, anzi un po’ invidio la loro situazione, avrei voluto essere io la femmina circuita con un Martini annaffiato da una buona dose di paranoia.
2) Ambientazione: New York, ma la New York degli anni ’40. Una New York che osserva placida da lontano le baruffe e i cazzotti che i nostri piccoli strateghi si tirano nel lontano scenario europeo. Una New York dove i vegani non erano ancora arrivati con la loro orda di centrifughe di verdura e soia, dove le persone vivevano felicemente inconsapevoli, con la loro fetta di pane imburrato a colazione, quando ancora si beveva, si fumava e non si pensava. Dove il vintage non era vintage, era il presente. Dove la ceretta non sapevano manco cos’era, dove l’arte era ancora un lavoro, non un capriccio.
3) Inevitabile e prevedibile storia d’amore. La metto tra le ragioni per cui amo questo film perché, signori miei, ahimè, sono femmina! E meglio di me sapete cosa ciò comporta: se il nostro eroe non conquista la sua bella dai lunghi capelli biondi e la sposa in uno squallido ufficio comunale noi non siam contente. Tento di darmi credito nel dire ciò, sottolineando le personalità dei due amanti: Briggs (Allen) e Betty Ann Fitzgerald (Helen Hunt), due investigatori assicurativi che si detestano da tempo immemore e, costretti a lavorare per la stessa agenzia, tentano di portare l’altro, se non al suicidio, quanto meno all’autodenigrazione.
La loro arma? Un umorismo e un sarcasmo, già accennati prima, portati al massimo volume. Talvolta talmente pesanti che credo potrebbero portare alle lacrime anche il peggior rappresentante del ghetto del Queens. Or dunque parliamo di una storia d’amore che nasce dall’odio e che si concede il privilegio del dubbio a ritmo di insulti e prese per i fondelli tra i due. Cosa farà partire la prima tessera del domino? (andate al punto 4)
4) Un prestigiatore. Sì lo metto nei motivi per cui amo questo film. Embè? Un buon livello di trash serve sempre, nel suo piccolo. Cosa meglio di un prestigiatore con un turbante paillettato in testa?
Il nostro amico, necessario alla storia, compare sulla scena a scompigliare una situazione che finora appare stabile. Il delinquente in questione attuerà, tramite l’ipnosi sui nostri protagonisti, una serie di meravigliosi e articolati qui pro quo che porranno Briggs nella spiacevole situazione di essere accusato del furto di tonnellate di gioielli nella New York per bene e borghese di quegli anni, ma che anche spingeranno i nostri eroi l’uno tra le braccia dell’altro, in modo ridicolmente e apparentemente irreale e assurdo, ma soprattutto contro la loro volontà.
Ve lo assicuro, il divertimento dato dall’approccio amoroso tra due persone che fino a venti
minuti prima si sarebbero reciprocamente appese per i pollici in cantina a marcire, beh, non ha prezzo. Soprattutto se i due sono sotto l’effetto di uno strano potere che li mostra come fossero sotto qualche nuova droga artificiale. Se non altro funziona, dimostrando che il concetto del “chi disprezza compra” purtroppo regna sovrano.
5) Ragazzi, c’è Charlize Theron.
Dovrebbe bastare questo… ma approfondirò dicendo che vediamo la mia dea nelle vesti Laura Kengsinton; diva hollywoodiana degli anni ’40 con tutto il repertorio necessario: rossetto rosso, sguardo languido, calze a rete, capello cotonato e sigaretta ciondolante; innamorata o, quanto meno, fisicamente attratta (pare inspiegabile, di nuovo. Ma maledizione se la capisco!) da Allen, accusato ingiustamente di aver rapinato casa sua. Se non crollate sbavanti ascoltando quelle gambe chilometriche che, sfacciate, si gettano su un omuncolo di 70 e passa anni con tanto di giarrettiera, smettete di leggere questo articolo. Siete senza speranza.
6) Ci sono i fuochi d’artificio.
7) C’è il bacio con fuochi d’artificio.
8) C’è il lieto fine con bacio con fuochi d’artificio.
Non posso, purtroppo dir di più, il poco spazio che ho a disposizione non me lo consente, come non me lo permetterebbe il fatto che tecnicamente questo film è un giallo, e vi sto racconto fin troppo. Spero quanto meno di avervi convinto a guardarlo ma, se non bastasse, per abbandonarvi vi lascio parte di un dialogo tra i due protagonisti, tratto dal film e che mi ha fatto sperare di vivere una storia d’amore che cominciasse così:
C.W. Briggs: Hey, senti tesoro, fammi essere chiaro con te: malgrado tutte le tue ampollose chiacchiere sulla sistemazione dell’ufficio, quello che ti serve sul serio è una bella ripassata di quelle di una volta.
Ann Fitzgerald: Ah! Tu non sapresti neanche da dove cominciare…
C.W. Briggs: Be’, nel tuo caso in effetti sarebbe difficile.
Ann Fitzgerald: Non mi accompagnare alla porta: potrebbero pensare che siamo insieme…
C.W. Briggs: Perché, sembro un ammaestratore di scimmie?