
La noche de 12 años (A Twelve-Year-Night): una straziante lezione di vita dalla storia uruguaya
Al Festival del cinema di Venezia la prima mondiale di quello che diventerà con certezza una pietra miliare del cinema latinoamericano contemporaneo, La noche de 12 años.
FINALMENTE UN FILM “TRATTO DA UNA STORIA VERA” DEL QUALE SI SENTIVA IL BISOGNO
Ogni giorno il mondo del cinema pesca a occhi chiusi nel cesto della memoria, in cerca di storie e vicende da cui trarre ispirazione. Nel maggior parte dei casi i risultati sono futili prodotti cinematografici dei quali avremmo fatto volentieri a meno. Eppure, succede anche che, ogni tanto, si peschi qualcosa che era necessario venisse a galla e La noche de 12 años parla proprio di una di queste storie.
La storia di un Paese piccolo e lontano dalle nostre vite come l’Uruguay, sul quale la mannaia della dittatura si è abbattuta in maniera purtroppo simile a tanti altri casi analoghi. E per questo ingiustamente generalizzato e avvolto nel fascio delle storie di dittature che hanno devastato una per una le Nazioni del Sudamerica. Senza tener conto che, come per le dittature della prima metà del ‘900, anche le successive hanno avuto diverse evoluzioni. Tutte segnate da atroci crimini contro l’umanità ma che non per questo dovrebbero essere generalizzate come “storie brutte e passate”. Al contrario, bisogna conoscere il più possibile queste vicende, per indagare la natura umana e i limiti fino ai quali si può spingere.
Questo è il pensiero che emerge dalle parole del regista Álvaro Brechner, al termine della proiezione nella cornice della rassegna veneziana. Dopo un interminabile e sentito tributo da parte del pubblico in sala.
Qui il regista, che dopo almeno 3 minuti di applausi chiede di smetterla
LA NOCHE DE 12 AÑOS: FILM E/O DOCUMENTARIO?
Parto dalla fine perché vedere La noche de 12 añosè stata un’esperienza segnante e come tale ha bisogno di un suo racconto. Ammetto senza vergogna che in Sala Darsena ci sono finito un po’ per caso e un po’ per sfuggire ai miei doveri scolastici. E se ci ripenso posso solo dire meno male! perché la visione di questo film mi lascia un carico emotivo non indifferente.
Mi trovo in difficoltà a dire quale sia la componente più commovente del film perché ogni scena ha una carica pazzesca, comprese le poche “leggere” se così si possono chiamare. Su queste io penso che Brechner abbia studiato a lungo e a fondo La vita è bella di Benigni perché in più di una occasione me lo ha fatto tornare in mente. Ed è un gran complimento questo, a mio modo di vedere.
Alla fine, credo che il grande merito de La noche de 12 años sia quello di restituire un’opera che allo stesso tempo racconta la storia recente uruguaya e lascia una forte lezione alle generazioni future come la mia.
GIÙ IL CAPPELLO PER L’URUGUAY
Non mi viene altro da dire se non un sentito grazie al regista e al trio di ottimi attori, Antonio de la Torre, Chino Darín e Alfonso Tort, che mettono in scena tutto quello che hanno. E si nota perché al termine della proiezione i primi a versare le lacrime sono proprio loro, lì in mezzo alla sala dopo aver visto il proprio film per la prima volta.
E il perché è presto spiegato dato che la storia del film narra i 12 anni di dittatura militare in Uruguay nei quali molti oppositori del regime furono prima incarcerati e poi torturati senza pietà dai militari. I protagonisti rappresentano tre di questi personaggi, a testimonianza di tanti che subirono la stessa sorte. Non penso di esagerare dicendo che questo film si guadagnerà un posto importante nel panorama cinematografico latinoamericano, andando ad affiancarsi ai cugini argentini e cileni. Tra l’altro a Venezia concorre per la categoria Orizzonti, vedremo come se la caverà nei confronti degli altri sfidanti al premio.
Per me, comunque, un premio questo film l’ha già vinto, ovvero il titolo di Film che andrebbe fatto vedere nelle scuole. Non sarebbe così brutto crescere una generazione di esseri umani che non abbia voglia di ripetere le atrocità commesse dai nostri predecessori, no?