
La Nona Porta: Un thriller occulto di gran classe
Il mistero e l’esoterismo sono elementi ricorrenti del cinema di Roman Polanski, partendo da Rosemary’s Baby e passando per quell’altro capolavoro di L’inquilino del terzo piano. La nona porta del 1999 rappresenta il punto di arrivo del regista polacco per quanto concerne il tema dell’occulto; una pellicola suggestiva e affascinante, densa di stratificazioni simboliche, sfumature non subito accessibili e tocchi d’ironia filtrati con sagacia attraverso i meccanismi del thriller ricco di suspense e venato di giallo investigativo dalle atmosfere cupe e tendenti al morboso che reggono bene il gioco caratterizzato da pochi ma ben orchestrati colpi di scena.
Per circa due ore seguiamo le peripezie di Dean Corso (Johnny Depp), un esperto di libri antichi, ingaggiato da un ambiguo collezionista, Boris Balkan (Frank Langella), che possiede una delle tre sole copie esistenti di un manuale di invocazione satanica scritto da Aristide Torchia nel XVII secolo. Corso è incaricato di valutarne l’autenticità, ma ben presto il suo viaggio in Europa è funestato da presagi inquietanti e morti misteriose.
La Nona Porta solleva molti interrogativi, lasciandone altrettanti irrisolti. Si esce frastornati dalla visione, soprattutto dopo il poco lucido finale, e grazie alla splendida coppia formata da un Johnny Depp in gran forma e a una bellissima Emmanuele Seigner veniamo catapultati in un labirinto dal quale pare non esserci via d’uscita. Ma come nella miglior tradizione del goloso cinema a libera interpretazione, sta allo spettatore essere scaltro nel trovarla. E per quanto La Nona Porta sia indubbiamente uno dei lavori meno potenti di Polanski, il risultato dimostra solo l’assenza di confini della creatività e dell’estro del cinema di quello che è un grandissimo regista. Al cui gioco si sta sempre con grandissimo piacere.