Film

La paranza dei bambini – “Chi spara per primo?”

Il rione Sanità, a Napoli, pullula di vita e criminalità. I ragazzi che vi nascono lo sanno bene. Passano le giornate a giocare a pallone con i picciotti, i quali entrano di negozio in negozio a estorcere somme ai commercianti del quartiere. Finiscono per mitizzare i boss: ne parlano come si fa solo per i supereroi della Marvel. Nicola è uno di loro e ha 15 anni. È stufo di vedere sua madre sacrificare la vita per pagare il pizzo a una cosca di malavitosi prepotenti. Con i suoi amici Tyson, Biscottino, Lollipop, O’Russ, Briatò sogna di diventare ricco alla svelta e aiutare così la sua famiglia. Con una rapina a una gioielleria, si fa conoscere alla banda di criminali del quartiere che li mette a “faticà” sul campo. Inizia così la scalata criminale che porterà Nicola a volere sempre di più.

Claudio Giovannesi è simbolicamente il padre dei ragazzi interrotti nel nuovo cinema italiano. Negli ultimi dieci anni ha portato sul grande schermo storie di crescita e di adolescenze difficili. Il suo sguardo, ravvicinato e amorale, si concentra sull’innocenza dei più giovani e sulla predominanza delle emozioni sulla ragione. Uno sguardo distaccato e documentaristico, tanto caro ai fratelli Dardenne del vicino cinema francese, bensì con meno romanticismo e con immagini più crude. E proprio su queste bisogna sottolineare la firma di Daniele Ciprì alla fotografia, amico e collaboratore di Giovannesi già a partire dalle prime opere.

La paranza dei Bambini, pur iscrivendosi nell’universo Gomorra, racchiude un’anima diversa rispetto alle numerose e concitate scene di guerriglia della serie televisiva. Sì, nel film di Giovannesi sono molte le scene d’azione, fondamentali per le vicende della baby gang. Quasi un western partenopeo che al posto dei cavalli ha motorini. Tuttavia le sparatorie sono ridotte all’osso perché il cardine di tutto sono i sentimenti conflittuali di Nicola, diviso nel suo io dal concetto stesso di bene e male, e degli adolescenti come lui. È difficile prendere coscienza di sé in un mondo fatto di omertà e pallottole. Ed è difficile provare a essere altro.

I ragazzi sono stati selezionati attraverso una lunga ricerca fisiognomica. L’attenzione del regista era focalizzata sul volto: si cercavano lineamenti da bambino che portassero con sé l’innocenza e la dolcezza di un quindicenne. Su tremila candidati, solo otto sono stati scelti. Nessuno di loro ha esplicitamente la faccia “da criminale”, ma sta proprio in questo la potenza del racconto: la lenta e profonda corruzione che porta dei minorenni a brandire un’arma e premere il grilletto. Dubitiamo nell’osservare le loro espressioni, cerchiamo di trovare una giustificazione ai loro comportamenti e pensiamo che possano redimersi e riscattare tutto ciò che di male hanno fatto. Purtroppo è difficile trovare un lieto fine a una simile vicenda. Giovannesi e Saviano lasciano che i loro personaggi si addentrino sempre di più nella selva oscura della criminalità, raggiungendo un punto in cui è difficile trovare una via d’uscita.

L’opera è stata omaggiata dell’Orso d’oro alla sceneggiatura all’ultima Berlinale. Un premio meritato in prima istanza per la grande cura riposta da Giovannesi, Saviano e Maurizio Braucci in sede di scrittura e, secondo, per aver portato in sala un caso italiano troppo spesso dimenticato e abbandonato a se stesso.

Marco Perna

A volte mi piace credere che essere nato nello stesso mese di Fellini e un anno dopo la sua morte abbia influenzato, in qualche modo, la mia vita e di conseguenza anche il mio amore per il surreale e la settima arte. Poi torno in me e mi accorgo di non avere Borsalino grigio e sciarpa rossa ma una profonda passione per il cinema e tutto ciò che viene considerato bello. Mi sono cimentato dietro la telecamera ai tempi del DAMS a Torino, dove mi sono laureato, ma parlare di cinema mi piace quasi di più che farlo.
Back to top button