
La principessa e il ranocchio – Un ponte tra passato e futuro
Le feste sono finite e con esse è terminata anche la maratona di film di animazione che le varie reti hanno programmato in questi giorni. Il target principale dovrebbe essere il pubblico più giovane, in preda a un potente spirito natalizio, ma anche noi adulti non ci facciamo mancare un buon cartone di questi tempi, inutile negarlo. Così ho deciso di recuperare La principessa e il ranocchio. Si tratta di uno dei pochi classici Disney che mi mancava e ora ve ne parlerò.
Non è certo uno dei film più popolari della casa di Topolino. Io per primo avevo solo vaghi ricordi della sua uscita nelle sale, nell’ormai lontano 2009. Penso sia una pellicola relativamente poco considerata e, alla luce della sua qualità, direi anche sottovalutata. Cercando informazioni aggiuntive dopo la visione ho appreso che, nella canonica suddivisione in “ere” dei classici Disney, La principessa e il ranocchio è generalmente ritenuto l’inizio del cosiddetto Revival Disney. Un lungometraggio in animazione tradizionale può legittimamente far parte di un periodo di rinnovato splendore, dopo le alterne fortune dell’era sperimentale? Eccome se può e vedremo perché…

Ma prima, un po’ di trama…
La principessa e il ranocchio è una liberissima interpretazione della famosa fiaba Il principe ranocchio, nota soprattutto grazie alla versione dei fratelli Grimm. Un principe vanesio e superficiale si trova vittima di un incantesimo che lo trasforma in una rana. Lo sanno anche i muri oramai che il bacio di una principessa può restituirgli la forma umana, perciò l’anfibio nobile si rivolge alla bella Tiana. Il fatto è che c’è un equivoco, Tiana non è una principessa. Sta partecipando a una festa in maschera agghindata come l’Aurora di turno, ma in realtà è una cameriera stakanovista con il sogno non troppo nascosto di diventare chef. Il suo bacio, invece dell’effetto sperato, ottiene lo spiacevole risultato di trasformare entrambi in ranocchi. Da qui hanno inizio varie peripezie, fino all’inevitabile lieto fine.
La trama aggiunge un pizzico di originalità rispetto al suo arcinoto modello, ma siamo comunque di fronte a un prodotto tradizionale, abbastanza prevedibile nello svolgimento e ancorato ad alcuni topoi Disney ben collaudati. Nulla di speciale quindi, se non fosse che proprio qui risiede la sua efficacia. La principessa e il ranocchio è un grande manifesto attraverso cui la Disney ribadisce nuovamente i suoi punti di forza. Si ritorna al passato, certo, ma per costruire un futuro poggiato su basi solide. Come a dire “noi siamo questi e da qui ripartiamo”.
Un ponte tra passato…
La principessa e il ranocchio strizza palesemente l’occhio ai grandi capolavori del Rinascimento Disney: da Aladdin a La bella e la bestia, da La sirenetta a Il re leone. Si accantonano momentaneamente le novità in campo tecnologico e si torna alla cara vecchia animazione tradizionale. L’atmosfera è tipicamente fiabesca, alleggerita dalla presenza di spalle comiche piuttosto riuscite, come da prassi. Senza addentrarci tropo nello spoiler, c’è anche spazio per la commozione più sincera. Il villain non ha motivazioni molto complesse ed è abbastanza stereotipato ma è anche carismatico e memorabile, nel solco dei vari Jafar e Scar. La storia d’amore ha un peso importante nella vicenda.
Ultimo, ma non per importanza, ritorna prepotentemente la colonna portante del Rinascimento Disney: il musical. La storia viene raccontata attraverso moltissimi momenti musicali, anche qui al livello dei fasti del passato. Inutile dire che la tradizionale canzone del villain è ormai piantata nella mia testa da giorni, ma non è l’unica a essere ottimamente riuscita.
La Disney torna dunque a uno schema collaudatissimo che le era valso grande successo sia di pubblico che di critica per buona parte degli anni ’90. Qualcuno potrebbe obiettare che abbiano scelto una soluzione di comodo e in parte forse è vero. Ma ci sono anche alcuni spunti nuovi che già anticipano i grandi film che seguiranno.

…e futuro
Parlando di futuro, non si può non cominciare da Tiana. A proposito della protagonista del film sono anche sorte alcune controversie. Qualcuno ha considerato razzista il fatto che la prima principessa afroamericana fosse di condizione sociale umile. Non mi interessa troppo approfondire questa polemica, preferisco rimarcare che Tiana è una donna intelligente, volenterosa, spiritosa, intraprendente. Insomma, un personaggio riuscito in toto che ha un ruolo estremamente attivo e propositivo, discostandosi dallo stereotipo della damigella in pericolo. Anzi, per la maggior parte del tempo quello che si trova in pericolo è il principe ranocchio.
A posteriori, non si fatica a vedere in Tiana un primo modello per la “new wave” di personaggi femminili Disney cazzuti ed emancipati, da Rapunzel a Moana/Vaiana. Anche il principe ribalta lo stereotipo dell’eroe senza macchia, essendo pigro e indolente per la maggior parte del film, per non parlare della migliore amica di Tiana. A prima vista è la classica oca superficiale, con la mera funzione di fare da contraltare negativo alla protagonista. In realtà si dimostra un personaggio decisamente più complesso e positivo.
Altri aspetti di novità sono più abbozzati, meno palesi, ma nondimeno presenti. La pellicola è ambientata in un contesto realistico, una New Orleans resa in un affascinante affresco. Prima d’ora, quando la Disney non aveva ambientato i suoi film direttamente in mondi di fiaba, aveva optato per epoche passate o per contesti in qualche modo esotici. Ne La principessa e il ranocchio invece il fantastico è calato nel quotidiano come forse mai si era visto. Persino la magia è in un certo senso più “realistica”. Il Dottor Facilier usa il vodoo per i suoi incantesimi, non è di per sè un essere dotato di abilità soprannaturali.
Restando in tema villain, l’Uomo Ombra è senza dubbio un cattivo tradizionale, ma è meno marcato il solito conflito manicheo con i buoni. Il principe si imbatte nell’antagonista quasi casualmente. Viene effettivamente raggirato, ma non è una vittima predestinata. Lo stregone sceglie due facili vittime per i suoi scopi, come farebbe qualsiasi truffatore di strada, ma non c’è l’odio atavico verso gli eroi che abbiamo trovato altre volte. Il piano malvagio esiste, ma siamo di fronte più a un criminale comune che a un vero villain da fiaba.
Insomma, in fin dei conti, La principesa e il ranocchio è un film rivoluzionario, un capolavoro imperdibile? No. Si tratta però di un’opera solida che richiama schemi collaudati ma presenta anche, poco più che abbozzate, le caratteristiche nuove che saranno sviluppate nei classici successivi. Caratteristiche figlie soprattutto della preziosa influenza Pixar su una Disnay che si serve di questo film come efficacissimo ponte tra passato e futuro. Consigliatissimo.