
La ruota delle meraviglie: Woody Allen, gelosia e anni ’50
Chi ne vuole sapere un po’ di cinema non può non conoscere Woody Allen. Devo ammettere, facendo mea culpa, che mi sto iniziando ad avvicinare solo adesso a questo grande regista.
Se la mia storia d’amore non era iniziata proprio benissimo addormentandomi e lasciando a metà Midnight in Paris, ora voglio farmi forza e abbuffarmi di questo cinema a metà tra l’allegro e il depresso.
La ruota delle meraviglie, ultimo lavoro alleniano, di divertente e spensierato ha davvero ben poco. Forse solo il titolo è un pochino ottimista, ma non ci metterei la mano sul fuoco.
Siamo negli anni ’50 a Coney Island, famoso per il grande parco divertimenti a due passi dal mare e per essere uno dei luoghi preferiti di Elliot nella serie Mr. Robot.
Qui, proprio sotto la ruota, vivono Ginny (Kate Winslet) e il figlio, insieme al nuovo marito Hupty (Jim Belushi), un uomo rozzo con problemi d’alcolismo amante della pesca e delle scommesse. Se l’equilibrio familiare, tutto sommato, regge da circa cinque anni per mancanza di coraggio e rassegnazione da parte di entrambi, inizierà a incrinarsi con l’arrivo di due nuovi personaggi tanto diversi quanto simili.
Lui, Mickey (Justin Timberlake) bagnino con la passione per la poesia e la letteratura, lei, Carolina (Juno Temple) figlia di Hupty, scappata dopo aver rotto con il marito italiano e ovviamente mafioso.
L’entrata scena di questa coppia porterà una ventata d’amore, gelosia e redenzione. Tutti i protagonisti cercheranno di capire chi sono, cosa vogliono dalla vita, entrando a contatto con una realtà beffarda e autodistruttiva.
Allen, probabilmente sorridendo con amarezza, ci porta in un America vecchia, ormai consumata dal tempo che però continua a vivere in questa frase: quando si tratta d’amore finiamo per essere i nostri peggiori nemici.
La chiave del film sta proprio dentro queste parole. In una spiaggia piena di gente, giostre e sorrisi, i protagonisti sono costretti a innamorarsi delle persone sbagliate.
È un film adatto a chi si ritiene uno spettatore stufo di sopportare la solita storiella amorosa, dove tutti vissero felici e contenti senza meritarselo. Kate Winslet si dimostra ancora una volta la donna emblema del Mai Na Gioia.
La ruota delle meraviglie è stato ingiustamente massacrato dalla critica, ma riesce ad avere un suo senso e portare avanti un’idea di cinema. In maniera coraggiosa vengono messi in risalto sentimenti come la rassegnazione e la gelosia, spesso nascosti dalle luci della ribalta, ma vivi dentro ognuno di noi.
I colori e le atmosfere si rifanno a La La Land, esasperando in maniera malinconica l’effetto retrò, il tutto tra luce riflessa e una fotografia tendente al giallo, con sfumature molto alla Van Gogh.
Se Justin Timberlake rimane a metà tra un hipsterino e un’amante delle Milf, c’è un altro eroe. Jim Belushi? No, non è neanche lui, che interpreta un personaggio chiuso in una sua bolla, capace di preoccuparsi della figlia solo per espiare le colpe del passato.
Il vero eroe è il piccolo piromane dai capelli rossi che marina la scuola per sedersi sulle scomode poltrone di un vecchio cinema. Il figlio di Ginny in questo modo si estranea dai problemi familiari compiendo reiterati gesti di protesta sociale, nutrendo la sua voglia di libertà incondizionata grazie ai film sullo schermo. È un ribelle che se ne frega di cosa sia giusto e sbagliato, non abbandonandosi alla rassegnazione di chi vive sotto la grande ruota panoramica. I suoi modi di fare potranno essere discutibili, ma è l’unico che ricerca e sembra trovare la felicità. Forse mi rivedo un po’ in lui che, invece di fare quello che deve, ama trascorrere qualche ora in compagnia di un buon film.
Se il finale riporta tutte le cose alla normalità ristabilendo la situazione iniziale è perché ha una funzione catartica. Non ci incazziamo neanche per cosa succede, anche noi ci lasciamo scorrere addosso le ultime scene. Siamo completamenti inglobati dentro questa situazione ricca di malinconia e rimpianti.
Woody Allen ci invita a salire su questa ruota delle meraviglie per guardare il panorama e riflettere un po’ sulle nostre vite malandate.
Mi piaceva salutarvi con questa spruzzata di ottimismo e felicità in attesa di raccontarvi un nuovo film, forse meno riflessivo e più cazzaro.