
La spada magica – Alla ricerca di Camelot, se alla Tavola Rotonda siede una donna
Fatevi avanti voi miscredenti (ammesso che esistiate) che non amate Artù e il cavalieri della Tavola Rotonda, forza.
Non pretendo che siate fissati quanto me, che sono arrivata perfino a scriverci sopra una tesi di laurea, ma mi rifiuto di credere a chi dice di non aver mai sognato, almeno una volta, di fare una capatina a Camelot a dare una lustrata a Excalibur.
Nessuno, vero? Bene così. Se siete fan della materia arturiana di certo non manca al vostro retroterra il super-mega classicone Disney La spada nella roccia, con cui senz’altro è nato l’idillio: il cinema in generale non ha di certo smesso di alimentare tale sentimento, anzi, la saga è di per sé un pozzo sempre pieno da cui attingere.
La spada magica – Alla ricerca di Camelot (1998) è probabilmente uno dei film più sfigati su questo argomento: flop commerciale, critica prevalentemente negativa, in genere poco conosciuto.
Fanno eccezione i miei coetanei, presso cui ho riscontrato pareri perlopiù lusinghieri, anzi, c’è chi mi ha detto di averlo apprezzato molto.
Io appartengo a questa scuola di pensiero, pur essendo conscia di non trovarmi di fronte ad un capolavoro.
Camelot è saggiamente governata da Artù, che ha ottenuto il trono dopo aver estratto dalla Roccia la spada Excalibur. Ad aiutare il giovane re ci sono, oltre a mago Merlino, i suoi cavalieri, che siedono alla Tavola Rotonda: tra loro si distingue per lealtà e nobiltà d’animo Sir Lionel, padre della piccola Kayley, la quale sogna di diventare un cavaliere.
Per festeggiare il decimo anniversario di regno, Artù riunisce i suoi fedeli per donar loro dei feudi: convinto di averne ricevuto troppo pochi, il malvagio Sir Ruber tenta di assassinare il re, in difesa del quale accorre Sir Lionel, rimanendo però ucciso.
Passano altri dieci anni e Kayley, ormai adulta, non ha abbandonato il sogno della sua infanzia: l’occasione di dimostrare il proprio valore si presenta nel momento in cui Excalibur viene rubata da un grifone, che l’ha successivamente perso nella Foresta Proibita.
Sir Ruber intanto, che ha architettato il furto per diventare re, rapisce la madre di Kayley per poter entrare liberamente a Camelot: a questo punto la ragazza decide di andare a cercare la spada nella pericolosa Foresta, dove incontra Garret, un eremita cieco, che l’aiuterà nella difficile missione di salvare il regno di Artù.
In un mondo in cui la Disney ha il monopolio del cartone animato, ogni tanto qualche casa di produzione ha il coraggio di alzare il capino e di frapporsi tra Topolino e l’umanità intera.
Questo è ciò che la Warner Brothers ha provato a fare con La spada magica – Alla ricerca di Camelot, cercando di sfornare un prodotto in grado di eguagliare il colosso di Burbank, dotandolo di una buona animazione, di belle canzoni e personaggi ben caratterizzati.
Obiettivo raggiunto solo in parte: da segnalare in particolare il fascino di Preghiera di una madre, interpretata nella versione originale da Céline Dion e Da solo sto, che ha il dono di entrarti nella testa per non lasciarla più.
La figura di Kayley, ragazza coraggiosa che sfida le convenzioni dell’epoca, che vedono le donne chiuse in casa a generare figli, vuole essere la risposta warneriana non del tutto azzeccata, se mi passate il neologismo, alle eroine Disney, che già a partire da Belle de La bella e la bestia si distaccano da un certo ideale femminile.
Se è apprezzabile dunque mettere la donna medievale al centro di un complesso intrigo di potere, si ritiene tuttavia necessario affiancarle un uomo, anche se disabile: espediente nascosto dal paravento della storia d’amore ma tant’è, mica siamo scemi.
Garret è il personaggio che rimane più impresso, sia perché cieco, sia perché è un giovane tenebroso e solitario, qualità che a noi femminucce intrigano sempre (ecco spiegata la mia cottarella) ma non viene approfondito quanto meriterebbe, sempre in virtù del dogma imprescindibile della love story.
Dogma che non stona – anzi, il brano che suggella l’idillio, Vedo con gli occhi tuoi è molto carino – ma messo troppo in primo piano rispetto all’intreccio narrativo.
Divertente per un bambino, ma quasi fastidioso agli occhi di un adulto, il drago a due teste Devon e Cornelius, che Kayley raccatta nella Foresta: è la copia sbiadita e bicefala del Genio di Aladdin, di cui vanta lo stesso doppiatore italiano, Gigi Proietti. La cui voce è più o meno l’unico incentivo a sopportare le assurde diatribe tra i due crani.
Degnissimo di menzione è Sir Ruber: malvagio, repellente ma con un’eleganza che ricorda le sinuose movenze di Scar, davvero un villain da 10. Viene doppiato da Gary Oldman, il che è già una garanzia.
L’animazione è buona, anche se non tocchiamo livelli celestiali: belli gli sfondi, specie la ricostruzione del castello, un po’ meno accurati i personaggi, ma arriviamo comunque ad una sufficienza piena.
Con tutti i suoi difetti, il fascino di La spada magica – Alla ricerca di Camelot risiede nel mondo che rappresenta: un’epoca di re, di intrighi, di castelli, di damigelle più o meno in pericolo, su cui la nostra fantasia potrà esercitarsi per sempre, senza mai annoiarsi.
Artù è un personaggio che appartiene a tutta la cultura occidentale e l’idea che una ragazzina possa addirittura arrivare a sedersi accanto a lui, beh, non può non far breccia.