Film

La terra dell’abbastanza: anvedi sti due regazzini

Io tvb cara Italia direbbe Ghali, ma si sa il cinema italiano molte volte è associato a stupide commedie dove la forma d’arte più sincera è la rotondità di un culo. Ormai l’autarchia cinematografica e l’amore per gli eredi di Fellini e Pasolini è superata dalla voglia di colossal hollywoodiani e porcate a buon mercato su Netflix. Anch’io devo fare mia colpa e raccontarvi che l’altra sera ho fatto le 2 di notte passate per vedere la solita commediola inglese indipendente rischiando anche l’abbiocco pesante. Ho deciso così di iniziare a redimere la mia anima scommettendo un oretta e mezza del mio tempo sull’opera prima dei gemelli D’Innocenzo, La terra dell’abbastanza.

È un film coraggioso, senza peli sulla lingua, che non ha paura di raccontare una società ai margini della disperazione, obbligata a trucchetti da quattro soldi per tirare avanti. Apprezzato, in anteprima dai tedeschi alla Berlinale, anche se un pochino ci odiano e ci considerano degli stronzi mafiosi, descrive una vita di periferia dove tutto è lecito, per sopravvivere e uscire di casa con una bella tuta Adidas nuova di zecca.

Mirko e Manolo sono due regazzini, pronunciato proprio con l’accento romano, iscritti all’alberghiero senza grandi velleità di diventare chef stellati, ma spinti dalla voglia di abbandonare la periferia.

Manolo alto, ricciolino, sguardo da fighetto e spensierato è interpretato da Andrea Carpenzano, riconosciuto dai veri fanatici del cinema italiano per essere il protagonista in Tutto è possibile. Questo io l’avevo visto solo perché “recitava” Side, all’epoca ancora fratellino della Dark Polo Gang, scoprendo casualmente un film molto poetico sull’Alzheimer. Mirko, invece è un ragazzo più rude, forte e senza paura. Matteo Olivetti  riesce a mascherare le incertezze e l’inesperienza fornendo con la giusta dose di rabbia una prima prova attoriale molto convincente.

I due sono molto amici, e forse dalla scena finale con l’incontro tra il padre di Manolo (Max Tortora) e la madre di Mirko (Milena Mancini) azzarderei anche che potrebbero essere fratelli di un’ipotetica coppia ora divorziata.

L’occasione di rivalsa per questi due giovani sarà un incidente automobilistico che aprirà le porte del successo, della ricchezza e del potere accettando nuove regole del gioco per il quale non si potrà più tornare indietro.

I registi creano un atmosfera noir, con una musica suonata piano piano in sottofondo per aumentare la tensione emotiva che banalizza il male e lo svuota di ogni valenza negativa. È un film che non guarda in faccia a cos’è giusto e cos’è sbagliato fregandosene di essere politicamente scorretto, alzando però la voce per far svelare una realtà che esiste. Si respira una felicità spazzatura che puzza di sangue. L’amore è violento in tutti i suoi aspetti. Possiamo vedere un padre che obbliga il figlio a diventare un criminale o dei regali di compleanno usati come rivendicazione sociale davanti ad una povera madre spaventata e preoccupata.

Se anche il Commissario Montalbano o meglio Luca Zingaretti, sceglie di stare dalla parte del male si perde pienamente la fiducia nella giustizia fatta spesso di belle parole accettando una vita con il cappuccio e la pistola in tasca.


La Grande Bellezza era l’esaltazione della maestosità di Roma, qui invece vengono evitati finti baci davanti al Colosseo raccontando in modo crudo il lato oscuro della Capitale evitando allo stesso tempo di cadere nel pietismo. Non vengono sfruttate le classiche inquadrature perfette da riciclare immediatamente su Instagram, ma i colori creano un ambiente quasi claustrofobico che sporca il cuore.

La scena dell’irruzione a casa del pugile poi è un piccolo capolavoro. La ripresa si allontana riducendo al minimo gli elementi di spettacolarizzazione, aumentando allo stesso tempo la drammaticità e rinnegando i valori e le scelte dei protagonisti.

Il cinema italiano può riservare belle sorprese e La terra dell’abbastanza è proprio una di queste. Preso da spirito nazional popolare ora vi lascio in pace e vado a vedermi Dogman, promettendo di credere di più ai registi di casa nostra, voi se non mi volete seguire almeno smettete di mangiare la pizza con l’ananas però.

Nicolò Granone

Simpatico, curioso, appassionato di cinema, sono pronto a esplorare l'universo in cerca di luminosi chicchi di grano da annaffiare e far crescere insieme a voi, consigliandovi ogni tanto film da scoprire qui alla luce del Sole.
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