
La truffa dei Logan: Soderbergh sa ancora stracciare mutande
Dal direttore della trilogia degli Ocean’s un nuovo, fantastico film su una rapina: La truffa dei Logan reggerà il confronto?
Serata tetra, anche la birra pare sgasata, così – tra discorsi futili e passeggiate pigre – si decide in tarda serata di riparare nell’unico posto che offre rifugio sempre e comunque in circostanze come queste: il cinema. Mentre montiamo in macchina diamo uno sfiduciato sguardo alla programmazione, consci del fatto che non ci sono botti ad attenderci. Il tanto discusso Solo: a Star Wars Story (qui la nostra recensione positiva e qui quella negativa) lo abbiamo già visto; The Strangers – Prey at Night puzza di peto mefitico lontano un miglio; qualche commediola sciapa, e poi un titolo, anzi, un nome: La truffa dei Logan di Steven Soderbergh. Del film so poco o niente, ma Soderbergh è un nome che raramente tradisce: Delitti e segreti, Sesso, bugie e videotape, Solaris, Equilibrium, ma soprattutto la saga degli Ocean’s forniscono un ottimo biglietto da visita allo zio Steve.
Si vola.
Si vola e si gode, perché, al di là dell’orridamente didascalico titolo italiano, La truffa dei Logan è uno di quei film che vai a vedere senza la benché minima aspettativa e invece esci dalla sala sazio sazio, con la pancia tartassata dalle risate che ti sei fatto.
Ma cominciamo dall’inizio, perché di sugo ce n’è, ed è pure buono.
Jimmy e Clyde (due sorprendenti Channing Tatum e Adam Driver) sono due dei tre fratelli Logan. Jimmy ha una figlia, è separato, fa lavori saltuari e troppo tempo fa è stato il bel quarterback del liceo; Clyde è proprietario di un bar, ma ha perso un braccio (anzi, una mano) in Iraq e va in giro a raccontare che sulla famiglia Logan grava una maledizione. Nessuno di loro, infatti, riuscirà mai a svincolarsi da una scalogna che pare funestarli senza soluzione di continuità.
Tutto cambia quando la ex moglie di Jimmy annuncia di volersi trasferire in un altro stato insieme al nuovo compagno e la figlia, ovvero l’unica cosa a cui Jimmy tiene veramente. Quella sarà la scintilla per stabilire che la famiglia Logan ha patito abbastanza e che è ora di dare un nuovo giro di carte. Jimmy e Clyde decidono così di svuotare il caveau del più grande circuito automobilistico del Paese, dove si corrono le principali corse di Nascar: il Charlotte Motor Speedway, dove proprio Jimmy lavorava come operai prima di perdere ingiustamente il posto.
Il film di Soderbergh è, allo stesso tempo, il classico film di rapina, ma anche una sorta di parodia del genere. I buzzurri virginiani, Jimmy e Clyde in primis, che a poco a poco si uniscono alla banda dei Logan sono delle caricature dei classici personaggi del genere, parzialmente inventati proprio da Soderbergh nel primo Ocean’s Eleven. Niente battute sagaci, piani iper-arzigogolati e sorrisi piacioni: questi rapinatori sono dei campagnoli virginiani al cento percento, dei bifolchi armati di buon cuore che, prima di tutto, devono vedersela con la loro sfiga fantozziana che li perseguita da tutta la vita.
Non si tratta di certo di un film politico, eppure in La truffa dei Logan possiamo notare anche qualche lieve accenno polemico: la descrizione pepata di un’America gretta e ignorante, l’Iraq, la condizione alienata di alcune fasce della popolazione, che trova riscatto solo nell’imbroglio o nelle scommesse sulle corse, la presa in giro della vita nelle carceri americane, l’omertà, la codardia. C’è anche questo.
Eppure si tratta sostanzialmente di un’ottima commedia: in La truffa dei Logan si comincia a ridere presto e non si smette mai. L’azione è ritmata, le scene si susseguono senza rallentamenti, la trama scivola su cardini ben oliati, i personaggi non sono approfonditissimi, ma fanno il loro porco lavoro grazie a una sceneggiatura splendida, piena zeppa di gag gustosissime (vince a mani basse la scena delle richieste dei carcerati, chi ha visto sa) e con qualche colpetto di scena qua e là che non guasta mai.
Anche il cast (com’è nella tradizione del regista) è stellare, ci sono un sacco di volti noti, perlopiù giovani come i già citati Tatum e Driver, poi il grandioso Daniel Craig con la pressione alta, la detective Hilary Swank, due splendide Katie Holmes e Riley Keough (Dio l’abbia in gloria) e un Seth MacFarlane sempre sopra le righe.
Il confronto con gli Ocean’s sarebbe d’obbligo se non ci accorgiamo che in realtà, nonostante le numerosissime affinità, i due (sii, lo so che quella di Ocean’s è una trilogia, ma non azzannate il granchio) film sono sostanzialmente diversi, cioè hanno due obiettivi assolutamente divergenti: gli Ocean’s sono, in buona sostanza, commedie-kolossal (ci inventiamo anche i generi al MacGuffin) con un cast iper-stellare che raccontano delle più mega-giga-super-rapine di sempre; La truffa dei Logan invece pigia decisamente sul pedale della commedia (a tratti dell’assurdo) e della descrizione di un’America un po’ bovina e ignorante spesso (troppo) trascurata dal cinema hollywoodiano. Cosa che ai miei occhi rende decisamente più interessante questo film che non la trilogia con George Clooney e soci.
Insomma, se proprio non ci foste arrivati il senso è: muovetevi ad andare a vederlo. Non so più come dirvelo.