Non dovrei sbandierarlo ai quattro venti perché poco si confà all’immagine di sinistrorsa, radical-chic, lettrice di romanzi di nicchia che orgogliosamente ostento ma sì, lo ammetto: in un mese ho divorato L’amica geniale, la tetralogia best-seller (parola che una sinistrorsa, radical-chic, lettrice di romanzi di nicchia non dovrebbe manco pronunciare, figuriamoci comprarne quattro) di Elena Ferrante.
Della saga ho amato i personaggi, i luoghi e, ovviamente, la descrizione delle complesse dinamiche sociali, tra le quali spicca l’amicizia tra le due protagoniste, Lenù e Lila.
Mi sono appassionata al punto di parlarne di continuo, come mi succede sempre quando mi piglia la scimmia per qualcosa, e a farne le spese è stata la povera Erika, la quale, per farmi tacere, si è buttata nella lettura pure lei.
Credo che ancora mi porti rancore (ma forse non così tanto, visto che ha seguito la serie e disegnato la copertina di quest’articolo).

Quando la Rai ha annunciato l’esordio di una miniserie tratta dal primo romanzo (L’amica geniale, appunto) ho accolto la notizia con un certo scetticismo: l’ultimo prodotto dell’emittente nazionale da me apprezzato è Un medico in famiglia (solo fino alla quarta stagione però, quindi si parla del 2004).
A confortarmi il pensiero che sia una coproduzione con l’HBO: pare infatti che negli USA la Ferrante vada fortissimo, tanto che la serie è stata trasmessa in contemporanea con gli Stati Uniti (senza doppiaggio del dialetto campano, solo sottotitoli).

Napoli, anni ’50: Elena “Lenù” e Raffaella “Lila” abitano nel rione Luzzati, quartiere poverissimo e difficile, su cui spadroneggia la potente famiglia Solara.
Le due bambine sono legate da un’intensa amicizia, pur essendo molto diverse: Lila è quella forte, Lenù l’equilibrata ma insicura. Sono entrambe ottime studentesse ma l’unica a continuare la scuola è Lenù, mentre Lila inizia a lavorare nella bottega da calzolaio del padre.
Il destino delle due ragazze s’intreccia alla vita del rione e della gente che vi abita, sullo sfondo di un’Italia che cambia e che conosce il boom economico.

L’amica geniale, diretta da Saverio Costanzo (sì, è il figlio di Maurizio) che si compone di otto puntate, inizia con la misteriosa scomparsa di Lila: l’ormai anziana Lenù, appresa la notizia, si appresta a ripercorrere la loro amicizia, che dura circa sessant’anni.
Un lunghissimo flashback dunque: la voce narrante è quella di Alba Rohrwacher, per la quale ho un debole, la trovo bravissima. Un flashback che racconta non solo la crescita delle bambine ma anche, e soprattutto, la storia di un Paese che affronta grandi sconvolgimenti, economici e sociali.

La forza della narrazione della Ferrante, che ha curato la sceneggiatura, risiede nel mostrare un Paese che cambia tramite gli occhi e le parole di due bambine, che si trovano sommerse fino al collo nei pregiudizi, negli intrighi della criminalità locale e in una mentalità chiusa e arretrata.
Lenù e Lila, fin da piccole, cercano di distaccarsi da questo ambiente ostile, in cui solo il padre, il marito, il signorotto locale hanno potere decisionale, in quanto uomini: entrambe si distinguono per bravura a scuola, anche se, come già detto, solo Lenù (perché sostenuta da una delle poche donne forti del circondario – la maestra) si iscriverà alle medie e poi al liceo classico.
Lila invece pare destinata, dopo l’exploit iniziale, a una vita più tradizionale, pur mantenendo una certa indipendenza intellettuale che le crea non pochi problemi.

Sulla bravura e sul talento delle giovanissime attrici (rispettivamente: Elisa del Genio/ Elena bambina e Margherita Mazzucco/ Elena adolescente; Ludovica Nasti/ Lila bambina e Gaia Girace/ Lila bambina) sono stati versati osannanti fiumi d’inchiostro e concordo parzialmente: di certo le quattro ragazze hanno sostenuto in modo lodevole la loro prima prova attoriale – la Ferrante ha voluto solo non professioniste – ma entrambe le Lila distanziano con disinvoltura le Lenù, un po’ mosce e sovrastate dalle controparti.

Sul resto del cast de L’amica geniale c’è poco da eccepire: ho adorato l’esordiente Francesco Serpico nei panni di Nino Sarratore, l’interesse amoroso di Lenù, aspirante giornalista e rivoluzionario; un’altra scelta top è Dora Romano che interpreta la maestra Oliviero, una femminista ante – litteram.

Gli altri ragazzi del rione sono più o meno tutte scelte azzeccate, compreso il cattivissimo Marcello Solara/Elvis Esposito: un po’ meno gli adulti, troppo giovani e belli per essere dei modesti braccianti, calzolai od operai.

Ciò che colpisce ne L’amica geniale, oltre al cast e all’eccellente ricostruzione degli ambienti, è la violenza: minacce verbali, calci, ceffoni alle figlie, pestaggi.
Si è anche molto parlato della scena che mostra le molestie sessuali di Donato Sarratore/ Emanuele Valenti a spese di Lenù: un tema scottante che la Rai ha pensato di affrontare a modo suo, censurandola.
MOMENTO ILARIA PER IL SOCIALE:
Non è questa la sede per un comizio politico ma viene da chiedersi se, con i tempi che corrono, in cui il femminicidio è all’ordine del giorno, l’omissione di questa parte sia una scelta dettata solo dalla pudicizia o un’altra occasione mancata per ricordare che la denuncia è fondamentale.

Insomma: anche se con qualche grave défaillance ogni tanto la Rai ci azzecca.
L’amica geniale è un prodotto di indubbia qualità, che ha il merito di portare all’attenzione del pubblico l’evoluzione della condizione femminile e della società italiana, senza nasconderne il malcostume e le problematiche.
P. s. Ma poi… si è capito chi c**** sia davvero Elena Ferrante?