Cari leggenti, state per assistere alla smargiassata del secolo: paragonare lo stile di cinque registi a quello di cinque rock-band? Iperbolomania o realtà? Preparatevi alla fiera del volo pindarico, solo su MacGuffin, obviously.
1) Christopher Nolan – Pink Floyd
Voglio cominciare la fiera del paragone azzardato con uno dei registi che amo di più e la band alla quale – certamente – son più affezionato.
Nolan e i Pink Floyd. Ok, seguitemi.
Avete presente la musica dei Pink Floyd? Avete presente quel sogno multicolore di forme, voci e oggetti in movimento? Avete presente la psichedelia che raggiunge le stelle, lo spazio e i pianeti?
Ecco, quando guardo un film di Nolan non riesco a non pensare a quel tipo di musica, a quelle architetture artistiche che si alzano e si abbassano come la chitarra di Gilmour, il basso di Waters, le tastiere di Wright e la batteria di Mason.
Ok, lo ammetto, paragonare il cinema di Nolan alla musica dei Pink Floyd mi riesce immediato soprattutto dopo Interstellar. Ma lo immaginate un film del genere accompagnato da roba come questa? Puro godimento dei sensi.
Non sottovalutiamo però anche roba come Prestige e soprattutto Inception: nei film di Nolan e negli album dei Floyd il fruitore può perdersi in un oceano multicolore di emozioni e sensazioni dettati da uno stile magniloquente, ma incisivo, che non può che lasciarti estasiato, allibito e attonito di fronte a tanta bellezza.
2) Quentin Tarantino – Led Zeppelin
Che il mio amore per Quentin sia praticamente infinito e indecifrabile (eccovi le prove) non è più un segreto, così che, appena dopo i Pink Floyd, i Led Zeppelin siano la band che più fa sobbollire il mio brodo di giuggiole.
Vi starete chiedendo che c’azzeccano Quentin e gli Zep. Diciamo che metterli insieme mi viene più che naturale, visto che entrambi pescano a piene mani da una tradizione precedente considerata bassa e grezza (i b-movies per Tarantino e il blues nero per i Led Zeppelin) e la rimodulano in un mix originalissimo, “hard & heavy” e così forte da spaccare i culi alla grandissima.
Altro tratto in comune?
Sia lo zio Quentino che gli Zep hanno avuto legioni di epigoni, ma nessuno – ripeto NESSUNO – è mai riuscito a riprenderne lo stile senza risultare una sorta di ricotta stantia e pure impacchettata male.
E poi siamo onesti: sono fighi. Basta questo ragazzi.
3) Wes Anderson – The Beatles
Ok, ammetto che questa mi viene difficile da spiegare…
Diciamo che è più un’affinità di immagine, di sensazioni, quella che trovo tra Anderson e gli scarafaggi di Liverpool. Il loro gusto retrò, i capelli lunghi, lo stile un po’ eccentrico, la musica perlopiù “morbida” e cantabilissima, mi fanno venire in mente le geometrie registiche di Anderson, il suo gusto per la proporzione, la distanza, la pulizia della fotografia.
Il tutto unito a un gusto passatista che esplode letteralmente in quel CAPOLAVORO di Grand Budapest Hotel, la summa/gemma del suo lavoro.
Ecco, devo dire che mi sarebbe piaciuto da dio sentire roba come Norwegian wood (lo ammetto: la sto ascoltando adesso) nella (seppur magnifica) soundtrack di Grand Budapest.
4) Woody Allen – Iron Maiden
Ok ragazzi. State calmi e lasciatemi spiegare.
Lo so, lo so che mettere insieme Allen e l’heavy metal è un po’ come riempire il kebab di Mustafà con l’impepata di cozze, ma ragionate un momento. Allen e i Maiden sono in pista da – rispettivamente – cinquanta e quarantun anni, entrambi, nei loro rispettivi campi, hanno dato vita a uno stile riconoscibilissimo, stereotipato e del quale hanno fatto il loro marchio di fabbrica.
Va bene, stavolta non dirò che mi piacerebbe sentire i Maiden in un film di Allen, non sarebbe forse il miglior connubio, ma possiamo di certo dire che Woody e la band di Steve Harris sono i due principali esponenti del genere che loro stessi hanno contribuito a creare (commedia sofisticata e heavy metal).
Entrambi ultra-prolifici (46 film per Allen – se non ho contato male – e 16 album per gli Irons), sono spesso stati accusati di manierismo, di ripetere la stessa cosa di continuo, sicuri di un successo consolidatosi nel corso del tempo.
Eccovi dunque perché, forse, il Vostro ha colto ancora una volta nel segno, bellezze.
5) Guy Ritchie – The Who
Figli di mezzo di un’Inghilterra più intricata di quello che Sua Maestà vorrebbe darci a vedere, (vedi la Brexit) ciò che lega a doppia mandata Guy Ritchie e gli Who è quella Union Jack che si vede in filigrana tra le loro opere.
La loro Londra è un intrico incasinato che fa urlare, spaccare gli strumenti, che mette in moto una delle regie più frenetiche che Papà Cinema ci abbia mai fatto vedere.
Ritchie sorvola e si frammischia alle viuzze lerce di una Londra malandrina, una città che partorisce figli come gli Who: giovanotti incazzati che spaccano le loro chitarre per far vedere che la loro generazione non ci sta. Una città dove o fotti o vieni fottuto e dove c’è bisogno di liberare una rabbia come quella che fanno esplodere Pete Townshend e soci. Una rabbia giustificata e comprensibile, che caratterizza opere (musicali e cinematografiche) apparentemente grezze, ma che nascondono una maestria un’arte difficilmente rintracciabili altrove.
Fine dei paragoni azzardati miei adorati, spero che il giochino vi abbia divertiti e che anche voi abbiate da propormi altre coppie improbabili come queste. Che poi, ora che ci penso, alla fine tutto sto pippone è per tirarmela da figo. Niente di più, niente di meno, che ve lo dico a fare?
Alla prossima!
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