Sono reduce da una mega abbuffata delle ultime scorte estive di gelato (viene l’inverno) e dell’intero BoJack Horseman visto a scrocco su Netflix altrui.
Abbiamo già parlato di questa serie, del perché è geniale e della sua straordinaria capacità di portare alla luce una gran quantità di temi scomodi e pesanti, senza mistificarli né appiattirli.
Una cosa che piace a me, è che i personaggi minori sono tutti ben definiti e hanno una loro storia, molto più che una sottotrama. Sono reali pur avendo quasi tutti sembianze animali, perché sono in un certo senso “rotti”, hanno qualcosa che non va, vivono in un mondo e in un’epoca in cui tutto è incerto, dal lavoro, agli affetti, all’autostima.
Le ragioni per seguire BoJack Horseman (o per cominciare a farlo, maledetti voi) sono incalcolabili, gli spunti che ognuno può trarne ancora di più. Però oggi voglio parlare alle adolescenti, alle ragazze, alle donne di tutte le età che seguono la serie, e voglio farlo prendendo in prestito le parole del cameo di Naomi Watts (se stessa nella prima stagione):
Isn’t this town sick of creating three-dimensional roles for women?
Magari Hollywood sì, ma Hollywoo no. Qui ce n’è quante ne volete (c’è anche qualche SPOILER, perdonatemi):
Modello Princess Carolyn: “cadere sempre in piedi”
Avrei voluto vedere Princess Carolyn molto prima, intorno ai 17-18 anni, perché – ve lo giuro – le hanno disegnato un fisico identico spiccicato al mio – occhioni verdi e pelo rosa a parte, mannaggia. Vedendo qualcuno con il piglio dell’agente/manager più sveglia di Hollywood nel suo metro e poco più, con le forme al loro posto, forse avrei smesso di coprirmi con quei maglioni informi da “sono-una-ragazza-interrotta-nessuno-mi-capisce-ora-scusate-ma-devo-tornare-a-finire-la-versione-di-latino”, e a rendermi conto che la stessa sua sicurezza potevo averla pure io (anche perché quel tubino a stampa di pesci con quel golfino giallo me li sarei messi, eccome se me li sarei messi).
Ammetto che ora, in piena crisi di quarto di secolo, Princess Carolyn mi mette un po’ di ansia per l’avvenire, eppure vorrei tanto imparare da lei la capacità di reinventarsi e di credere sempre nel proprio lavoro – di essere la migliore, l’unica, la sola a poter fare quel lavoro. Specialmente se è un lavoro in cui vanno affrontati colleghi uomini e rivali più appariscenti e scafate di te (indimenticabile Vanessa Gekko con la sua voce odiosa), specialmente se rientri in quella figura che l’industria della moda definisce teneramente petite, ma che il resto del mondo definisce in ben altri e variegati modi; negli ambienti di lavoro, per me è stato sempre necessario il triplo dello sforzo per non farmi mettere i piedi in testa in virtù del “quanto sei giovane”, “sei una ragazzina”, e altre presunte carinerie. Se ci pensate, è stato ingegnoso disegnarla con le sembianze di un gatto, la contraddizione animale perfetta tra “ommioddio quanto è soffice e carino” e “sto stronzo stava per cavarmi gli occhi a graffi”. Ve lo dice una che è l’antitesi della gattara per antonomasia.
Modello Diane: “sei le cose che fai”
Forse Diane è il personaggio femminile più approfondito, anche per lo spazio che le viene dedicato nella serie. Nerd in un modo molto più reale della rappresentazione ultra-modaiola della ragazza nerd (ho capito che era asiatica solo dopo non so quante puntate, ma a mia discolpa dico che erano le 3 di notte), vestita con quel look alla Daria che è distante dai look sfarzosi di Hollywoo quanto Harper’s Landing dalla Cordovia – questo riferimento geografico per farvi rendere conto il livello di infognatura che ho raggiunto.
Spesso pesce fuor d’acqua in quel mondo di eccessi e ostentazioni, mai del tutto a suo agio. Continuamente costretta agli inevitabili compromessi tra “sono una donna forte e indipendente” e “però sono anche la moglie di Mr. Peanutbutter”, tra lavoro dei sogni e lavoro con cui vanno pagate le bollette. La conosciamo come ghost writer della biografia di BoJack, la ritroviamo a scrivere nella redazione smaccatamente millennial di Girl’s Croosh – personalmente uno dei setting che più ho amato, sembra uscito da uno di quei profili Instagram tutti estetica e filtri hipster.
Credo che Diane sia un personaggio davvero forte per questo suo sforzo continuo di aprirsi e adattarsi a un mondo che non potrà mai starle a pennello, rimanendo sempre, nel profondo, fedele a se stessa; e credo anche che non riuscirò più a scrivere un articolo senza l’impellente bisogno di un tappetino da yoga, un Mac da ottocentomila pollici e un muro di frasi motivazionali su cui troneggia “be productive af”.
Modello Manatee Fair: “dovremmo solo sorridere ed essere carine”
Parlando di redazione, non può mancare quella di Manatee Fair, gestita interamente da donne-lamantino (parentesi: quanti animali nuovi avete imparato da quando guardate BoJack Horseman?). La cosa meravigliosa di questo super ufficio è la parodia animale di quello di Miranda Pristley – e infatti, la character designer Lisa Hanawalt ha praticamente saccheggiato intere collezioni Prada per farle indossare ai lamantini.
Seriamente, cercate “lamantino” su Google e immaginatevelo con un tailleur. Per tutte le amanti del body positive, rendiamoci conto di quanto possa star bene un animale del genere con gonne a tubo e giacche Chanel, vale a dire capi disegnati per un tipo di corpo che è tutto l’opposto. Personalmente non ero in quel modo in tiro neanche alla mia laurea e credo che mai riuscirò a esserlo.
Modello Charlotte: “non puoi scappare da te stesso”
È un personaggio minore, ma la voglio includere per ciò che rappresenta: Charlotte, la ragazza-cerbiatto storica di Herb Kazzaz, si è trasferita e si è fatta una vita altrove, si è sposata e ha messo su famiglia (lo stacchetto musicale Kyle and the kids è qualcosa di meraviglioso). Tutto perfetto, o quasi, perché non si tratta della famiglia Mulino Bianco, e grazie al cielo. Si tratta di una famiglia normale. Charlotte non ha fatto niente di strano, eppure, all’apparenza, sembra star meglio di tutte le altre, totalmente immerse nella precarietà caratteristica degli anni nostri– forse perché è di un’altra generazione? Chi lo sa. Nella nicchia degli animali antropomorfi il tempo sembra non passare mai.
A me ha dato, insieme, un po’ di pace per aver raggiunto una tranquillità che oggi sembra impossibile, e un po’ di malinconia al pensiero “e se fosse stato un compromesso obbligato, quasi una rinuncia a qualcosa di meglio?”. Se anche voi avete nella vostra mente una vera e propria “l’altra mia vita” parallela che riemerge ogni volta che pensate “e se fosse andata diversamente?”, ecco, Charlotte è tutta per voi. Copiatele i vestiti.
Modello Sextina Aquafina e Sarah Lynn: “supercalifragilisticexpiali-stronza”
Oh, io le adoro. Giuro che, in barba alla mia ostentata cultura musicale di un certo livello (…), se Sextina Aquafina esistesse veramente andrei a tutti i suoi concerti, a costo di venire calpestata, schiacciata contro la transenna del sottopalco, trascinata dalla folla, spintonata e coperta di lividi – che poi è quello che mi succede ai concerti nella realtà. È troppo trash, è un concentrato esplosivo del peggio di Nicki Minaj, Ke$ha, Rihanna, e Lady Gaga del periodo Monsterball.
D’altra parte, se Sextina Aquafina è Sextina Aquafina, lo deve a Sarah Lynn, di cui si dichiara fan da sempre – e come biasimarla. Un’iperbole di Britney, Lindsay Lohan e tutto il loro seguito, Sarah Lynn è una che ha perso il controllo della propria vita molto prima di rendersene conto, è una critica ai bambini prodigio che entrano nello showbiz prima che a scuola, ma soprattutto è un personaggio riuscitissimo. La sua storia viene esplorata dai giorni tutt’altro che spensierati di Horsin’ Around nei panni della piccola Sabrina, al suo periodo da popstar meteora, fino ai suoi giorni di ex-diva tossica e alcolizzata. Io non riesco a guardarla con pietà né a volerle male, anzi [MEGA SPOILER MA FORSE NEANCHE TROPPO COMUNQUE SIETE AVVISATI], quando è morta è stato bruttissimo.
Forse mi piacciono personaggi di questo tipo perché sono tutto il mio opposto, o perché da piccola sognavo di fare la pubblicità e mi chiedevo perché nessuno mi chiamasse (oh, erano preoccupazioni fondate, un mio amichetto del mare faceva la pubblicità delle Micro Machines). Non lo so. So però che Sarah Lynn era uno dei migliori della serie. E poi faceva troppo ridere. RIP Sarah, va’ e insegna agli angeli annoiati a spegnere gli incendi con le tette.
Modello Hollyhock e Beatrice: “ciò che si rompe nel cuore non potrà mai essere aggiustato”
Ho voluto lasciarle per ultime e parlarne insieme, perché, chevveloddicoaffà, ho pianto come un cane durante gli episodi della quarta stagione di BoJack Horseman che vedono protagoniste Hollyhock Trecentomila Cognomi e Beatrice Sugarman in Horseman.
Hollyhock è tutte noi. Una ragazza normale costretta a crescere in un mondo ossessionato dalla perfezione estetica. Trovatasi quasi per caso sul set, fra attrici e modelle filiformi, dice di sentirsi “come un blob”. È una di quelle cose che diciamo anche noi quando non ci sentiamo al meglio in mezzo agli altri (alle altre), niente di che, se ci pensate bene. Se non che BoJack, più avanti, userà questa stessa cosa contro di lei per metterla goffamente in guardia dallo stagista con cui sta uscendo, alludendo nemmeno troppo velatamente al fatto che nessuno può essere seriamente interessato a una che un corpo perfetto non ce l’ha. E fra queste parole se ne nascondono altre ben peggiori: “questa non è solo la visione che io ho di te, è la visione che il mondo lì fuori ha di te”. Quanto realismo c’è nei successivi “non ho fame” con cui Hollyhock rifiuta le offerte di cibo riappacificatrici di BoJack, lo sa solo chi si è trovato nella stessa identica situazione.
Al contrario, Beatrice è ossessionata dal corpo perfetto. Questa sua ossessione è il riflesso e la conseguenza del modo in cui è cresciuta: le veniva detto che era grassa, che non poteva mangiare gelati, ma solo offrirne agli ospiti, che le ragazze devono fare merenda con una fetta di limone zuccherata; la sera del suo ballo delle debuttanti la si vede buttar giù una pillola controlla-peso mentre viene strizzata in un bustino asfissiante.
Come tutte le persone che hanno un rapporto malato col cibo, il cibo è sempre in mezzo ai suoi discorsi, insieme a tutto ciò che ne consegue. Mi si è spezzato il cuore quando [SPOILERONE] Hollyhock per poco non ci rimane, intossicata dal Chub-Be-Gone (“via la ciccia”, praticamente) che Beatrice le sostituiva al caffè di nascosto “finché non avesse imparato a prenderlo da sola”. Ma la relazione tra le due è qualcosa di magnifico, come lo sono entrambe singolarmente. Vedere (tutta la quarta stagione di BoJack Horseman) per credere.
Ora cosa aspettate a bruciare la vostra copia – so che lo avete comprato in preda all’ipnosi del marketing – di Storie della buonanotte per bambine ribelli?