“La H è muta”: l’horror muto delle origini del cinema.
Tutti i film citati sono visibili per intero su YouTube, vi basterà semplicemente cliccare sui titoli per essere reindirizzati e goderveli per intero.
Potrà sembrare strano, soprattutto alle nuove generazioni che non si sanno accontentare di trama, regia e attori, ma esigono sempre e comunque il 4K in 3D, ma è esistito un tempo in cui il cinema era muto e in bianco e nero. Ovviamente non stiamo qui a raccontare quella dell’uva, ma immaginate cosa volesse dire per un artista rapportarsi con uno strumento del genere: rudimentale, poco pratico, di cui si aveva ancora poca coscienza.
Pensate poi al cinema horror che, come accade molto spesso per il genere fantastico, è spesso accomunato all’idea di alto budget, animatronix costosi, effetti speciali della madonna, sangue che schizza, computer grafica, eccetera eccetera. L’horror inizia proprio da qui, da quel periodo in cui il cinema era semplicemente un’idea e la tecnica giusta per metterla in pratica.
Il gabinetto del dottor Caligari – Robert Wiene | 1920
Si può dire che cominci tutto da qui?
No, a dir la verità cortometraggi horror ne erano già stati girati (ad esempio Le manoir du diable di Méliès, 1899), ma Il gabinetto
del dottor Caligari è uno dei capisaldi del cinema muto e in particolare di quella corrente definita “Espressionismo tedesco”. Wiene dà corpo a una storia a scatole cinesi, ambientata in una cittadina stramba, deformata, dalla geometria non euclidea, eretta con fondali che già di primo acchito suggeriscono l’idea di grottesco e deformazione della realtà che provocano inquietudine.
L’ambulante Caligari arriva nella cittadina portandosi appresso il suo sonnambulo Cesare come fenomeno da baraccone, nel periodo della permanenza cominciano a verificarsi alcuni strani delitti e la popolazione locale punta il dito proprio contro il sinistro Cesare (che sembra un po’ la copia anni Venti di Eric Carr dei Kiss). Costruito con una sceneggiatura impeccabile, questo è un film che non può non rimanere impresso, anche solo per via delle suggestioni fortissime, la recitazione caricata, i fondali dipinti che descrivono viuzze torte che finiscono in vicoli ciechi, stanze con angoli acuti e finestre che sembrano occhi che ti spiano.
Il Golem – Come venne al mondo – Paul Wegener | 1920
Questo è ben il terzo film girato da Wegener sul tema del golem (per chi non avesse la minima idea di cosa si sta parlando e cercasse di risolverla facendosi un selfie con tanto di duck face, eccovi la spiegazioni di cosa diavolo sia un golem), ma purtroppo è l’unico che ci è rimasto.
Siamo nella ridente Praga del XVI secolo, quando al posto dei flash-mob era buona consuetudine scatenare dei poco educati pogrom (di nuovo la duck face? Eccovi la spiegazione) contro la comunità ebraica. Per questo motivo a un rabbino “gli gira il boccino” (chi riconosce la citazione si guadagna un bacione salivoso) e scatena un golem nuovo di zecca contro gli oppressori. Stiamo dunque per vedere la versione argillosa, filo-giudea e retrò degli Avengers? Mica tanto, perché il signor Golem è un tantino instabile e sfugge al controllo del suo padrone, scatenando il terrore in città.
Al pari dell’opera precedente, Il Golem è uno dei film più rappresentativi dell’espressionismo tedesco, con tanto di palazzi aguzzi, geometria non lineare e architetture antropomorfe (scale a forma di padiglione auricolare e altre adorabili diavolerie simili).
Nosferatu – Friedrich W. Murnau | 1922
Siamo nel 1897 quando nella nebbiosa Irlanda viene dato alla luce l’ultimo capolavoro della letteratura gotica, Dracula di Bram Stoker, e siamo nel 1922 quando il regista tedesco Friedrich Murnau gira l’horror muto Nosferatu. Qual è il nesso tra i due capolavori? Che il film è chiaramente tratto dal libro (pur con qualche modifichina tattica), ma non avendo l’approvazione degli eredi di Stoker (il buon Bram era schiattato nel 1912) il regista Murnau venne denunciato e costretto a distruggere tutte le copie del film.
Le distrusse proprio tutte tutte?
Ma neanche per sogno, visto che una copia clandestina sopravvisse (per fortuna) permettendoci di ammirare questo immenso capolavoro. Il conte Dracula diventa così il conte Orlock, interpretato dal grandioso (e bruttissimo) Max Schreck. Il conte vuole mettere in atto lo stesso subdolo malvagio del suo alter ego cartaceo (come anche nella recentissima serie The Strain), facendosi spedire in una bara piena di terra nella ridente Wisborg (che non sarà Londra, ma colli da mordere ce ne sono lo stesso). Riuscirà il malvagio nosferatu a nutrirsi?
Altro giro, altra botta di capolavoro, per uno dei film più iconici della storia dell’horror muto, talmente iconico che sono sorte strane leggende attorno al fatto che Murnau fosse andato in Transilvania per cercare un vero vampiro. Curiosità: sapete che significa in tedesco “Max Schreck”? Eh sì signori: “massimo spavento”.
Bitch please.
L’uomo che ride – Paul Leni | 1928
Momento, momento, momento, momento, momento, momento, momento, momento…
“…questo non è il mio bicchiere di Batman!” direte subito tutti affannati.
Beh, ci avete quasi preso amici cari, perché, santo cielo, guardatevi intorno: chi vi ricordano questi due faccioni ghignanti?
Ma certo, eccolo lì, in tutto il suo ghignante charme: il Joker!
E’ quantomai palese e dichiarato come il creatore Jerry Robinson si fosse ispirato a questo film del 1928 per dare corpo alla nemesi dell’Uomo Pipistrello, una nemesi che ha radici ben nobili visto che lo stesso film è una trasposizione del romanzo di uno a caso come monsieur Victor Hugo. Da Victor Hugo alle tavole di Batman: ci credo poi che uno vada fuori di testa.
Al di là delle facili ironie, questo è uno dei capolavori del cinema muto: ambientato nell’Inghilterra del 1690, il protagonista è Gwynplaine, figlio di un nobile in esilio, il cui volto è stato deturpato da una banda di criminali e ridotto a una smorfia perenne. Il ghigno dipinto sul volto di Gwynplaine sarà la causa di una serie di sfortunate vicissitudini di cui non vi diciamo nulla, invitandovi ad andare a riscoprire un’opera del genere.
Le atmosfere oniriche e il volto grottesco dell’attore Conrad Veidt (vero e proprio modello per il personaggio del Joker) spesso fanno sì che il film venga associato all’horror (ne abbiamo approfittato, onestamente) anche se possiamo ascriverlo semplicemente al genere drammatico.
La nostra breve digressione vi è piaciuta? Volete fare i bastiancontrari e farvi odiare dal più gran numero di persone possibile? Invitate gli amici a casa vostra per un film e fategli sorbire un’ora e mezza di horror muto degli anni Venti: a fine serata finalmente godrete della libertà che tanto agognate. Siamo con voi.
P.s. e se gli horror sono la vostra passione, fate un salto dai nostri amici di Horror Italia 24