
L’Educazione siberiana di Salvatores, tra regole, pistole e neve infinita
La rigida Educazione siberiana racconta le tradizioni di un mondo destinato a scomparire sotto le ventate di modernità occidentale.
Due bambini, Kolima e Gagarin, crescono nella Transnistria (stato indipendente non riconosciuto, parte della Moldavia, ex Unione Sovietica) alla fine degli anni ’80. Lì il nonno di Kolima, Kuzja (alias John Malkovich), insegna ai due le rigide regole che scandiscono la vita della loro comunità: la loro educazione siberiana. Un luogo fuori dal tempo, atipico, dove abitano “criminali onesti” che pregano i santi e le pistole, odiano le forze armate e disprezzano il Dio Denaro. Molte sono le leggi non scritte da rispettare, che apprendiamo anche noi dal Nonno: non conservare mai soldi in casa, proteggere anziani e malati (soprattutto i “voluti da Dio”, i malati di mente), rubare sì, ma solo a polizia, banchieri o usurai, non drogarsi né spacciare.
Kolima, dobbiamo avere rispetto per tutte le creature viventi. Eccetto che per la polizia, la gente che lavora nel governo, i banchieri, gli usurai e tutti quelli che hanno il potere del denaro e sfruttano le persone semplici. Ti dico, rubare a queste persone è permesso. Ma ricordati: chi vuole troppo è un pazzo. Un uomo non può possedere più di quanto il suo cuore possa amare.
I due bambini crescono e imparano l’importanza di questa bizzarra tolleranza siberiana, finché per colpa di un furto Gagarin ancora bambino viene sbattuto in prigione. Uscirà solo sette anni dopo. Quando torna e ritrova gli amici, Kolima, Mel e Vitalic, non è più lo stesso: la violenza gli viene più naturale che agli altri, i soldi non sono più disprezzati né ci sono regole che scandiscono la sua vita. La presenza di Xenja, la figlia del dottore, tragicamente “voluta da Dio”, sembra addolcire a volte questa vena turbolenta, ma senza riuscirci del tutto. Kolima intanto scopre il suo talento di disegnatore e tatuatore: per i siberiani i tatuaggi raccontano la storia di un uomo, e per questo devono essere fatti con metodo. Kolima impara da Maestro Ink (Peter Stormare) la delicata arte dell’inchiostro, e inizia finalmente a raccontare la sua storia sulla propria pelle. Il suo primo tatuaggio sarà la storia dell’amore disperato e impossibile per Xenja.
La gente li chiama matti, pazzi, anormali, solo perché non capisce quello che pensano e dicono. Ma la loro lingua è la lingua di Dio. Per questo noi li chiamiamo “Voluti da Dio”. E dobbiamo rispettarli, tutti. A nessuno è permesso di toccarli, neanche con un dito; ed è a noi che spetta proteggerli. Anche a costo della nostra vita.
Ma sono gli anni ’90, il Muro di Berlino è caduto e le influenze malevoli dell’Occidente si fanno sentire anche nella lontanissima città siberiana di Fiume Basso. Kolima stenta a riconoscere il suo amico Gagarin, che sembra allontanarsi sempre di più dalle tradizioni con le quali sono cresciuti: non c’è onore né onestà (criminale) nelle sue azioni, solo una sete cieca di violenza; fa uso di droghe e complotta con la mafia sregolata del Seme Nero. Tutto quello che hanno imparato è dimenticato, e i due finiscono per allontanarsi. Il cambiamento sfocia in un atto terribile, che porta Kolima ad andare contro tutto ciò che gli è stato insegnato per vendicare i suoi amici.
Un tatuaggio non è semplicemente un disegno. Vedi, un tatuatore è come un confessore. Lui scrive la storia di un uomo sul suo corpo. Le vite dell’uomo possono sembrare tutte simili. Si nasce, si cresce, ci s’innamora, si fanno figli, si lavora, si muore. Alcuni si godono la vita, altri no. Ma noi Siberiani, Kolìma, la combattiamo.
E questa è la storia di Kolima (tratta dall’omonimo libro di Nicolai Lilin e trasportata su schermo da Gabriele Salvatores nel 2013), Kolima che alla fine del film trova finalmente svolta sulla sua pelle la sua intera storia. Kolima che di fronte alle ventate di modernità combatte per mantenere viva una tradizione che rischia altrimenti di scomparire. Una tradizione atipica, questo è certo, ma che si fonda su basi di onestà e tolleranza difficili da trovare altrove: il rispetto per gli anziani, la cura dei malati, la ricerca e lo sviluppo della propria storia attraverso un racconto grafico. Valori che ora a noi sembrano lontani – non a caso è più facile “riconoscere” come vicini i gesti di Gagarin, banale criminale occidentale, che quelli di Kuzja, ammantati di una altissima rigidità morale.
Scontro e incontro di due culture, quindi, proprio in un periodo storico che noi siamo abituati a definire come quello di maggiore apertura sociale e culturale, gli anni ’90, fatti di scoperte scientifiche e rivoluzioni politiche. Uno scontro e un incontro che Salvatores mostra in una scena di tenerezza indicibile: i cinque ragazzi che ridono su una giostra in mezzo alla più spoglia periferia moldava, circondati da neve a perdita d’occhio, e David Bowie che canta Absolute Beginners dagli altoparlanti. “Vera musica occidentale”, dice uno dei ragazzi. Il primo sprazzo di Ovest che arriva nelle loro vite è quella meravigliosa canzone; il resto devierà per sempre i loro destini.
Educazione Siberiana è un film di formazione, che seppur avendo traviato alcuni fatti del libro, è capace di raccontare uno stravolgimento culturale attraverso la storia di un pugno di giovani in mezzo alla neve. Sono ragazzi, e anche se non capiamo le loro regole, è facile immedesimarsi nella lotta che è crescere tra un passato fatto di tradizioni impossibili da dimenticare e un futuro modernizzato nel quale è facile perdere le proprie radici. Cosa scegliere, in questo caso? I racconti fuori dal mondo di Nonno Kuzja o la sete di vita di Gagarin? Kolima, che con le sue mani baciate dalla Vergine sa di poter scrivere la storia degli uomini sulla loro pelle, sceglie la tradizione, ad un prezzo altissimo.
Perché in fondo gli insegnamenti del nonno gli ricordano una verità universale: che la fame viene e scompare, ma la dignità, una volta persa, non torna mai più.