
L’epica di Dunkirk: disfatta e vittoria
Nolan ci racconta con Dunkirk la paura e l’eroismo nelle sue forme più vere.
Sabato sera al cinema è uno dei miei piccoli grandi piaceri della vita. C’è gente a cui piace andare in discoteca fino alle 4 del mattino, e poi ci sono io che anche no, preferisco andare a vedere Dunkirk col fidanzato al quale l’ho menata da un mese e mezzo. (Gli è piaciuto ragazzi, quindi ho fatto bene a rompere.)
(PS: suggerimento pre-recensione. Il film è girato in IMAX cioè in un formato più grande del normale. Andate a vedere il film nei cinema che lo supportano, altrimenti lo vedrete tagliato ai bordi!)
Dunkirk, per chi non fosse vissuto su questo pianeta negli ultimi mesi, è il recentissimo film di Christopher Nolan (autore della trilogia del Cavaliere Oscuro, Memento, Interstellar, Inception e tanti altri) che racconta la straordinaria evacuazione dei soldati amici dalla spiaggia di Dunquerque. Chiamata in gergo “operazione Dynamo“, fu l’evacuazione (ovvero il salvataggio) di circa 400mila fanti inglesi e francesi dalla spiaggia nella quale erano stati spinti dai soldati tedeschi. Lì, sotto la minaccia costante degli aerei nemici e delle bombe via acqua, la flotta inglese ha tratto in salvo un numero incredibile di uomini, portandoli sull’altro lato della Manica a bordo di cacciatorpedinieri e imbarcazioni civili.
L’inizio alza immediatamente l’asticella della tensione al massimo: un giovane soldato e i suoi compagni stanno camminando per le vie di una cittadina deserta quando vengono sorpresi dagli spari del nemico. Scappano, molti cadono, Tommy getta il suo fucile e si mette in salvo dietro le linee francesi, lì gli viene ordinato di andare sulla spiaggia ad attendere il rimpatrio. Una volta giunto sulla spiaggia di Dunkirk, insieme ad un altro giovane, Gibson, vediamo una scena spaventosa e a suo modo tragicamente ordinaria. Migliaia e migliaia di soldati attendono in fila, sul molo e sulla sabbia, il loro turno di tornare a casa. Sembra una comunissima coda in posta, ma quando sopra le loro teste passano i caccia tedeschi scaricando bombe, i soldati si gettano a terra come un corpo solo. Qualcuno salta per aria, il fumo nero copre l’orizzonte, esplode la sabbia. Alla fine dell’attacco, i sopravvissuti si alzano e tornano in fila, lasciando gli altri per terra. Non gridano nemmeno, vanno semplicemente avanti così.
La storia di Tommy è legata a quella del molo di Dunkirk. Nolan ci presenta però altre due linee narrative, il mare e il cielo. Via mare conosciamo il Signor Dawson e figlio, e in aggiunta un amico, George, che partono verso Dunkirk per poter portare in salvo più soldati possibile. Via cielo c’è invece il terzetto della RAF, l’aviazione inglese, capitanata da Ferrier e che sorvola Dunkirk con lo scopo di proteggere la spiaggia dagli attacchi nemici.
Le tre storie si intrecciano e si legano assieme, dipingendo i fatti da tre punti di vista differenti. Il regista, come suo solito, decide di scomporre il racconto in tre linee narrative diverse nello spazio ma anche nel tempo. “Il molo” infatti dura una settimana, “il mare” un giorno e “il cielo” un’ora, convogliando quindi i tre racconti nell’ora di volo di Ferrier. Tre capitoli epici che si uniscono in un solo finale. Dunkirk è iperrealistico, ma non come La battaglia di Hacksaw Ridge, che usava sangue e budella per spiegare la realtà.
Dunkirk è iperrealistico nella sua capacità di mostrare un terrore muto e senza volto. Il nemico, i tedeschi, non si vedono mai in faccia e non vengono mai nominati: non hanno fisionomia, non hanno razza; non hanno nome perché lì, ormai, hanno preso la forma della paura stessa. I soldati di Dunkirk non hanno paura dei tedeschi, hanno paura di morire. Ma anche dei protagonisti spesso non conosciamo il nome; Tommy è solo un soldato come un altro e la sua storia è quella di tutti i suoi compagni.
All’innegabile bravura del regista, che giostra spazi e tempi diversi senza farci mai confondere, e a quella dei protagonisti, che pure con piccole parti ciascuno sanno brillare di intensità emotiva, si aggiunge quella del mitico Hans Zimmer che firma una colonna sonora implacabile e ritmata.
Le immagini della spiaggia, col sottofondo di bombe e della musica quasi asfissiante, rendono perfettamente lo stato di ansia e disperazione di Dunquerque. Cillian Murphy, Mark Rylance, Tom Hardy, Kenneth Branagh, James D’Arcy, Harry Styles, Fionn Whitehead e molti altri ancora: tutti a loro modo restituiscono lo sguardo pietrificato dell’orrore, della stanchezza, dell’angoscia; ma anche della volontà di ferro, del coraggio e dell’audacia. Sono pochi gli attori “di una certa età”: Nolan sofferma la telecamera più e più volte sui visi scioccati di centinaia di ragazzi, giovani come dovevano esserlo ai tempi quei soldati sulla spiaggia. Adolescenti che vedono casa dall’altro lato del mare, ma non possono arrivarci. Dev’essere stato difficile usare l’episodio di una gigantesca disfatta come quella di Dunquerque per raccontare invece l’eroismo che troviamo nei gesti di questi uomini impauriti.
Ma proprio in questo sta la bravura del cineasta, nell’esserci riuscito alla grande.
P.s. trovate l’articolo su Il Trono di Spade anche sulla pagina dei nostri amici di Giornale7.