Film

Like Crazy: quando l’amore non basta

Alla notizia della morte di Anton Yelchin, giovane attore americano di appena 27 anni, ho provato una fitta al cuore. E questo perché, negli ultimi anni, Anton è entrato in qualche modo a far parte della mia vita.

Perché, se avete letto qualche altro mio articolo, sapete bene quanto ritenga il cinema capace di influenzare le nostre vite, cambiandoci nel profondo. Toccando delle corde del nostro animo che continueranno a suonare all’infinito, nonostante il passare degli anni. Questa per me è la definizione di arte.

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E il bello dell’arte è che nessuno ce la può indicare, o tanto meno imporre. Quante volte avete visto un film ritenuto dall’interno pianeta come fra i migliori dell’universo, che però a voi personalmente ha lasciato più freddi di un polaretto? Questo perché ognuno di noi, fortunatamente, vede il mondo con degli occhi tutti suoi. E ciò che fa emozionare altri non è detto che abbia lo stesso effetto su di noi. Perché le emozioni dipendono da ciò che siamo, dal modo in cui guardiamo il mondo, o più semplicemente dal momento che stiamo attraversando.

Ecco perché non dovete stupirvi quando vi dico che il semi-sconosciuto Like Crazy, film del 2011 dell’esordiente Drake Doremus, è uno dei film ai quali sono più legato assoluto. E che, a fianco della Before Trilogy e di Eternal Sunshine of the Spotless Mind, trova posto nel mio personale pantheon dedicato ai film sentimentali.

Like Crazy mi ha colpito al cuore in maniera totalmente inaspettata. E per certi versi ha contribuito a farmi crescere, in un periodo della mia vita nel quale, per forza di cose, sono stato costretto a farlo.

Ecco perché la scomparsa di Anton Yelchin, protagonista maschile della storia, mi addolora così profondamente.

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Like Crazy è un film semi-autobiografico, con il quale il regista ha cercato di superare il ricordo di una relazione a distanza avuta in giovane età. Tutto comincia quando Anna (una Felicity Jones di una bellezza commovente) trova il coraggio di lasciare una lettera sul parabrezza di Jacob (Anton Yelchin), un suo compagno di scuola. Una mossa da pazzi che sarà l’inizio di un amore puro, felice e spensierato. Sono i mesi più belli della loro vita e sembra che niente potrà interromperli, ma c’è un problema: Anna non è americana, ma inglese. E gli americani, si sa, hanno una rigida legislazione sui permessi di studio.

Travolti dal loro amore, i due giovani sottovalutano la questione, e pagheranno questa scelta per molto tempo. Perché Anna, ritornata a Los Angeles dopo una breve visita nel Regno Unito, scoprirà di non poter più mettere piede negli U.S.A.

I due si ritrovano così divisi da un oceano, uniti solo da un amore che provano disperatamente ad alimentare, ma che piano piano si raffredda. Gli anni passeranno, fra gioia e dolore, fino ad arrivare ad uno dei finali più meravigliosi che io abbia mai visto.

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Detta così, la trama sembra perfetta per essere alla base di uno smielato film romantico tronfio di cliché, ma non è questo il caso. Perché Like Crazy riesce ad essere un film sincero, duro, totalmente disincantato nei confronti dell’amore e del romanticismo.

E ciò accade grazie a quelli che sono i tre valori aggiunti del film: 

  • Recitazione: Anton Yelchin e Felicity Jones sono meravigliosi. I due giovani hanno un’alchimia stupefacente e sembrano fatti per recitare insieme. In un amore fatto di sguardi, di pause, di piccole timidezze, il rapporto fra Jacob e Anna riesce ad esprimere tutta la felicità dell’amore senza mai essere stucchevole. E se Yelchin è bravissimo, Felicity Jones è stupenda. Ai due si aggiunge, anche se con un minutaggio ridotto, una Jennifer Lawrence che nel poco tempo che ha a disposizione dimostra tutto il suo immenso talento.

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  • La regia: quando si dirige un film con così tanto cuore, il risultato è automatico. Mai avevo visto un film così capace di rappresentare la gioia e la sofferenza, la felicità di un’abbraccio e l’insopportabile senso di vuoto della solitudine. Drake Doremus non butta via un’inquadratura: indugia sui sorrisi, sugli sguardi, sulle mani dei due che si intrecciano, sulla serenità prima e sul dolore poi. Grazie a trovate di montaggio riuscitissime (come ad esempio la scena del letto e, ovviamente, il finale), Doremus riesce sempre a parlare allo spettatore più con le immagini che con i dialoghi. Ecco perché, nonostante i due protagonisti raramente affidino i loro sentimenti alle parole, noi riusciamo a capirli lo stesso. Perché, più che una storia, Like Crazy vuole raccontare un sentimento.
  • Le musiche: un paradiso di pianoforti, violini e delicatezza che non rubano mai la scena ma la sostengono, le danno un significato, una profondità. Una colonna sonora malinconica e perfetta, che raggiunge il suo apice alla partenza dei titoli di coda, con la bellissima Dead Hearts.

Voglio parlare ora del significato del film, che è poi l’aspetto che più di tutti me lo ha fatto amare. Ovviamente, da questo discorso potreste trarre delle conclusioni sul finale del film, quindi procedete a vostro rischio e pericolo.

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Il senso del film è questo: purtroppo, a volte, l’amore non basta. Non è sufficiente a tenere unita una coppia. Certo, l’amore è tutto, ma alla fine, se una relazione non trova il suo equilibrio, o le condizioni adatte a continuare a vivere, inevitabilmente muore. Perché, piano piano, il sentimento iniziale viene eroso impercettibilmente, e all’improvviso, ti svegli una mattina e ti rendi conto di essere innamorato di un’idea, di un ricordo, di una speranza, e non più della realtà.

E fa malissimo.

Ecco perché Like Crazy è un film così affascinante e commovente, che racchiude in sé un senso di verità così grande, e per questo così efficace e doloroso. Un film che si rifiuta di essere offuscato da un’idealizzazione del romanticismo, per parlare invece di quanta poca certezza ci sia nelle nostre vite, nelle quali finiamo per essere ingannati anche dai nostri sentimenti.

Ho visto per la prima volta Like Crazy in un momento nel quale stava accadendo anche a me una cosa simile. Ecco perché non potrò mai dimenticarlo: perché ha parlato a me personalmente.

E questo solo i grandi film riescono a farlo. Quelli con un’anima.

Quelli che ti cambiano.

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Roberto Lazzarini

25 anni, cresciuto fin dalla tenera età a film, fumetti, libri, musica rock e merendine. In gioventù poi ho lasciato le merendine perchè mi ero stufato di essere grasso, ma il resto è rimasto, diventando parte di quello che sono. Sono alla perenne ricerca del mio film preferito, nella consapevolezza che appena lo avrò trovato, il viaggio ricomincerà. Ed è proprio questo il bello.
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