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Lo Hobbit: la trilogia che ha massacrato la fiaba di Tolkien

Lo Hobbit: tre film che non ne fanno uno


Breve storia triste di un nerd speranzoso

Chi mi conosce lo sa: Il Signore degli Anelli è un pilastro portante della mia concezione del mondo; i suoi simboli, i suoi personaggi, le sue frasi, soprattutto quelle che ben si prestano ad essere sfoderate nelle situazioni di tutti i giorni… 

Ho un problema, lo ammetto candidamente, perché dopo sedici anni durante i quali mi sono avidamente nutrito di tutto ciò che è uscito dalla penna del professor Tolkien non ne ho ancora avuto abbastanza. Potete quindi capire cosa sia successo al mio sistema nervoso quando – ormai un lustro fa – ho saputo che ci sarebbe stata una trasposizione de Lo Hobbit, sempre da parte di Peter Jackson.

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ESATTO.

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“C’è Gigi? E la Cremeria?”

2012 – Una trilogia inaspettata

Lo dico subito, così ci leviamo il dente (ma non il dolore): la trasposizione NON doveva essere una trilogia. Non si poteva fare. Basta. Stop. Nisba. Zero. Nein. Pur con tutte le appendici, pur con tutti i cazzi che vuoi un libro di circa 300 pagine come Lo Hobbit non si prestava ad essere splittato in tre film. Basta prendere i dati, insomma, per capire che l’operazione aveva del ridicolo fin da subito!

  • Lo Hobbit: libro unico; pagine circa 350, viene trasposto in tre film della durata complessiva di 532 minuti.
  • Il Signore degli Anelli: trilogia; 1200 pagine circa, diventa una trilogia di 726 minuti.

Sarebbe un po’ come provare a fare un quintale di maionese con tre uova. Ok, forse chimicamente riesci anche a tirarceli fuori, ma che schifo è?

Ma al di là delle cifre bisogna anche chiedersi cosa diavolo significhi mettere in piedi una trilogiaOltre ad avere la materia prima (che NON c’era!) bisogna anche dare modo allo spettatore di familiarizzare con la vicenda, coi personaggi, fargli percepire che c’era effettivamente bisogno di tre capitoli per raccontare quella storia. Quando La Compagnia dell’Anello finisce in quel modo stupendo, con Frodo e Sam che si avventurano negli Emyn Muil, lo spettatore intuisce che per concludere quella storia immensa ci sarà ancora tanto cammino da fare, che tutto quello che abbiamo visto è solo l’introduzione.

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“Hasta la vista, baby”.

Alla fine di Un viaggio inaspettato invece no. È palese che avrebbero potuto tagliare corto e ridurre il film a due, se non addirittura un solo capitolo. La Montagna Solitaria è lì in vista, se non ci fossero state quelle interminabili sequenze di lotta prima, dopo e durante l’ingresso a Moria (che nel libro sono mooooolto più brevi, se non addirittura inesistenti) si sarebbe asciugato il tutto, aumentando il pathos e l’interesse dello spettatore. Invece Jackson in questa trilogia pare essersi dimenticato da che parte prendere la macchina da presa perché (a parte alcuni momenti veramente azzeccati del primo capitolo) fa scadere l’operazione nella commercialata più banale e markettona.

Nonostante questo però il primo capitolo è quello che scorre meglio: è il più fedele al libro, mantiene inalterati i caratteri dei personaggi e soprattutto non cerca di signoredeglianellizzare. Lo Hobbit è Lo Hobbit, ovvero una fiaba per bambini leggera e votata alla ricerca di un tesoro; Il Signore degli Anelli è Il Signore degli Anelli, ovvero una
trilogia epica con personaggi che reggono sulle spalle le sorti del mondo: chi ha letto i libri lo sa benissimo. Pur se l’autore è lo stesso, pur se si tratta sempre di Terra di Mezzo, i mood sono completamente antitetici. Sarebbe un po’ come paragonare la fantascienza di Star Wars a quella di Black Mirror: non si può, le due cose non riescono a combaciare. Jackson tuttavia ci prova, e si vede! La scena iniziale coi Nani a casa di Bilbo, il personaggio di Radagast, il regno degli Orchi di Moria, i Troll… sono tutti personaggi o situazioni infantili, controbilanciati però da tutta la storyline del Negromante VS Bianco Consiglio che funge sì da aggancio alla trilogia precedente, ma va però a sbagasciare l’atmosfera infantile di cui avrebbe bisogno Lo Hobbit. Ragiona un momento Peter: se allo spettatore dai la lasagna di Dol Guldur poi non lo vuole più il semolino di Thorin Scudodiquercia, Balin, Bifur, Bofur, Bombur e compagnia danzante.


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“Il canal, chi ga asciuga il canal!”

2013 – La desolazione del fandom

Dal secondo capitolo le cose però cominciano a precipitare: le licenze “poetiche” di Jackson cominciano a farsi sentire e gli scricchiolii della storia a farsi sempre più sinistri. Procediamo per punti:

  • Pontelagolungo – La desolazione di Smaug ha un problema grosso come una casa, cioè che a un certo punto della storia il film si spiaggia come un cetaceo sovrappeso e ricoperto di catrame sulla spiaggia di Albenga: quando Bilbo & co. arrivano a Pontelagolungo ci dobbiamo sorbire uno strazio di 20/25 minuti in questa città di sciroccati senza che succeda niente di niente di niente. Facciamo conoscenza con Bard l’Arciere, altrimenti detto “Il Jack Sparrow preso male” (incredibile la paranoia di quest’uomo); ci vengono presentati i due personaggi del governatore e del suo fido Alfrid (a lui torneremo, promesso) che dopo averli sentiti parlare mi sono vergognato io per Jackson; e infine i figli insipidissimi di Bard. Il tutto mentre accade una cosa che non avveniva da un’Era… Entaconsulta!
  • Tauriel ♥ Kili – Eccoci arrivati alla vera e propria pietra dello scandalo. Personalmente considero questa cosa come la sputazza copiosa prima di… dai, avete capito. Tauriel e Kili. Kili e Tauriel. Incredibile, da dovunque si inizi è comunque un abominio. Tauriel, Elfa silvana (no, “silvana” in questo caso è aggettivo), si innamora di Kili che, caso strano, era l’unico Nano eccetto Thorin a non sembrare un profugo del cast di Fantaghirò (a quanto pare abbondano i modelli di Calvin Klein sugli Ered Luin). Lui, ovviamente cede agli occhioni a calamita della bellissima Evangeline Lilly et voilà: la melensaggine insensata e inutilissima è servita.
  • La faccenda del Negromante: Angmar, la tomba del re dei Nazgul, la lotta di Gandalf contro Sauron, tutta roba interessantissima, davvero, qual è il problema? Che è PIÙ interessante della riconquista del tesoro di Erebor. Siamo sinceri: tutti noi vorremmo più un film sulla lotta del Bianco Consiglio a Dol Guldur che sui Nani e Bilbo. Perché? Perché ci riporta all’epica del Signore degli Anelli, ai Nazgul, a Sauron, a Saruman… alla roba figa, tanto per intenderci.
  • Legolas – Legolas non c’era ne Lo Hobbit. Ok, ma ce lo vuoi infilare perché i camei piacciono a tutti. Va bene. A un certo punto, però, pare che un’adorante fan di Orlando Bloom si sia impossessata della camera da presa e non ne voglia più sapere di restituirla al cameraman. C’è troppo Legolas in questo film. Un Legolas che, tra l’altro, è uno stronzo pazzesco, che ha una carogna allucinante e fa a botte come eroe action anni Ottanta. Tanto vale fallo interpretare a Dolph Lundgren, che biondo è biondo.
  • L’interminabile fuga dal drago dentro Erebor – Si può dire che l’unica cosa di veramente eccezionale di questo secondo capitolo sia proprio Smaug. Realizzato con tutti i crismi e interpretato/doppiato da Benedict Cumberbatch (in lingua originale) e Luca Ward (in italiano). Detto ciò la fuga dei Nani dal drago dura un’eternità, dando adito ad alcune delle scene d’azione più improbabili che si siano mai viste. E poi quanto è finto l’oro fuso. Quanto? Quanto? Eh? Quanto?
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“Crostata di mirtilli”.

2014 – La battaglia delle cinque cazzate

Il terzo capitolo, La battaglia delle cinque armate (“Eserciti”! “Eserciti”! Se nel libro c’è scritto “eserciti”, perché cazzo devi trasporlo con “armate”? Mistero della fede), è a mio avviso il film più avvilente dei tre: commerciale da fare schifo, si preoccupa solamente di intessere scene d’azione a cazzo senza alcun pathos e interesse da parte dello spettatore. Tra i tre è il capitolo che più fa il verso (e risulta il più ridicolo proprio per questo motivo) al Signore degli Anelli. Cinque sono le sue colpe supreme:

1 – La morte di Smaug – Abbiamo aspettato due film per vedere la resa dei conti con Smaug e com’è che lo fa morire Jackson? Infilzato come un pollo allo spiedo dopo dieci minuti mal contati. Ma allora tanto vale farlo morire alla fine de La desolazione di Smaug, no? Eh no, perché bisogna giustificare il mega-cliffhangerone finale (“Io sono fuoco, io sono morte!”). Schifo.

2 – Alfrid – Io non ho bene idea di cosa volesse fare il regista col personaggio di Alfrid. Vorrebbe far ridere? Non lo fa. Vorrebbe risultare una critica agli approfittatori che si appiccicano al culo degli uomini di potere? Non critica un bel niente. Spunta sempre fuori come i cavoli a merenda, tanto che alla terza volta che lo vedi in scena ti sale il Maccio Capatonda e gridi “E mobbasta veramente però!”. Sembra solo la versione mongoloide di Grima Vermilinguo, e mi sento idiota anche solo a metterli a confronto (la scena in cui si veste da donna, dio mio quella Risultato immagine per battaglia 5 armatescena…).

3 – La CGI (Computer Generated Imagery) – Cosa c’è di peggio di un abuso di CGI? Un abuso di CGI malfatta. Guardate gli Elfi qui accanto: sono palesemente lo stesso soldato replicato tante volte col computer. Nelle scene di battaglia poi la cosa diventa evidente in modo imbarazzante. La domanda che sorge spontanea è: com’è possibile che gli effetti speciali del Signore degli Anelli (girato dieci anni prima, ricordiamolo) siano DECISAMENTE migliori di quelli de Lo Hobbit? Altro mistero della fede.

4 – Legolas² – Ok, era già un difetto nella Desolazione di Smaug, e anche qui si conferma troppo presente, troppo Sylvester Stallone e troppo Non-Legolas. La cosa peggiore di tutte è però è questa insensataggine qui a sinistra.

Questa spiegatemi come faccio ad accettarla? Come posso? Ok, nel Ritorno del Re fa saltare per aria un Olifante da solo (“Comunque conta per uno!”), ma era ancora elficamente fattibile. Così la stai facendo fuori dal vaso, la mia sospensione dell’incredulità ha un limite…

5 – La mancanza di pathos epico – Lo so cosa state per dire: “Lo Hobbit non è un romanzo epico, quindi nemmeno il film deve esserlo!”. Ecco! Appunto! Perché – in nome di tutti gli dei – se stai trasponendo una fiaba per bambini, me la devi trucidare inserendoci battaglie che vorrebbero essere epiche (e non lo sono manco per le palle)? Per dare al pubblico almeno una parte di quello che ha visto nella trilogia precedente, ok, sarà anche commercialmente sensato, ma c’è un motivo se questa trilogia su Bilbo Baggins è già stata dimenticata…


Tirando le fila

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“Bubù settete!”

…perché è posticcia. Posticcia non perché viene dopo, ma perché è stata assemblata con pezzi che non combaciano, tirata per le lunghe all’estremo e sostanzialmente vuota. I contenuti dove sono? Il rapporto tra Bilbo e Thorin è vagamente interessante all’inizio, ma già alla fine di Un viaggio inaspettato si capisce come andrà a finire. Freeman è un grandissimo interprete e il suo Bilbo è uno degli aspetti più positivi di tutta l’operazione. Ci sono anche certe sequenze assai suggestive, come ad esempio il ritrovamento dell’Anello nella caverna di Gollum, la Contea, Erebor, Bosco Atro, oppure tutte le sequenze ambientate a Dol Guldur, ma sono lampi fugaci, piacevoli sorprese rarefatte. Paragonerei la trilogia de Lo Hobbit a una barretta di nocciolato con quattro nocciole in croce: dovrebbe essere l’estasi, ma dov’è la roba croccantina?

La messa in scena è eccessivamente caratterizzata dall’impiego di CGI che unita a 3D e frame rate di 48 fps fa diventare il film un attacco di bulimia per gli occhi dello spettatore. Uno spettatore che voleva ben altro, che avrebbe gradito una maggior linearità con la fiaba di Tolkien, senza scadere nell’eccesso hollywoodiano del tutto e subito.

La Terra di Mezzo e i suoi fan non si meritavano questo da chi, dieci anni prima, aveva dimostrato di possedere quel tocco magico, quella capacità sovrannaturale di trasformare il nostro libro preferito in immagini di cui godere e rigodere per sempre.

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“Perdoname madre por mi trilogia loca”.

P.s. Ricordatevi di fare un salto dai nostri amici di I Love CINEMA!!!

Federico Asborno

L'Asborno nasce nel 1991; le sue occupazioni principali sono scrivere, leggere, divorare film, serie, distrarsi e soprattutto parlare di sé in terza persona. La sua vera passione è un'altra però, ed è dare la sua opinione, soprattutto quando non è richiesta. Se stai leggendo accresci il suo ego, sappilo.
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