
Lo Schiaccianoci e i Quattro Regni: Pëtr, perdona loro perché non sanno quello che fanno
Attendevo Lo Schiaccianoci e i Quattro Regni, con una certa trepidazione: sia perché ho recentemente riscoperto la bellezza del balletto (le musiche di Pëtr Il’ič Čajkovskij mi avevano già rapita da un pezzo), sia perché è frutto del ventre di mamma Disney.
Non che mi aspettassi un capolavoro, né che la trashaggine si mantenesse a un livello accettabile: si parla di uno Schiaccianoci che prende vita la notte di Natale, tra topini e fatine… Non ero preparata però al prepotente impulso di tagliarci le vene che ha pervaso me e gli sventurati amici che ho avuto accanto in quei 99 lunghissimi minuti di insensatezza.
Questo drammatico evento poteva distruggere il nostro rapporto ma sono lieta di annunciare che ne è uscito rafforzato.
Clara Stahlbaum/Mackenzie Foy è una ragazzina sveglia, con una spiccata inclinazione per la scienza: rimasta da poco orfana di madre, fa fatica ad accettare che la vita famigliare continui normalmente, come vorrebbe suo padre, che costringe i figli a partecipare alla festa di Natale a casa del padrino, Drosselmeyer/Morgan Freeman.
La sera del 24, il papà consegna alla figlia un uovo smaltato, chiuso da una complicata serratura e senza chiave: è un regalo della mamma, Marie.
Alla festa, la ragazza scova in soffitta un filo d’oro che conduce a un mondo incantato, in cui trova la suddetta chiave; sul più bello, un topolino gliela ruba da sotto al naso e, nell’inseguirlo, Clara incontra tale Philip Hoffman/Jayden Fowora-Knight, un soldato–schiaccianoci che le rivela che quel luogo magico era in precedenza governato da Marie: questo fa di Clara la legittima erede al trono.
Philip conduce la principessa al castello, ove conosce Fata Confetto/Keira Knightley, che governa il Regno dei Dolci, Brivido del Regno dei Fiocchi di Neve e Biancospino, re dei Fiori: all’appello manca Madre Cicogna/Helen Mirren, sovrana della Terra dei Divertimenti che ha dichiarato guerra agli tre Regni alleandosi con il Re dei Topi.
Tocca quindi a Clara, degna figlia di cotanta madre, riportare la pace tra i Quattro Regni.
Da Lasse Hallström, per quanto ancora non gli perdoni la melensaggine di Chocolat e le amare lacrime versate per Hachiko – Il mio migliore amico, qualcosina di più mi aspettavo. Cazzo, ha diretto Le regole della casa del sidro! Anche Joe Johnston, co-regista, mi ha profondamente deluso: mi spari un classicone come Jumanji e poi mi proponi ‘sta roba?
Siccome sono fortemente democratica, in questa recensione non inserirò solo i miei commenti ma anche quelli degli amici (tra i quali c’è Erika, colei che ha illustrato l’immagine di copertina) con cui ho condiviso la sofferenza.
In realtà potrei riassumere il tutto con: «Che minchiata!» ma volendo andare più a fondo ho individuato cinque punti (deboli) fondamentali.
- Clara: all’inizio è timidina, fragilina, pallidina, una Sheldon Cooper in gonnella. È però sufficiente dirle che è una principessa per farla diventare una macchina da guerra che manco la falange oplitica citata da Di Maio. Non emerge la forza della sua intelligenza, bensì un’arroganza fastidiosa: in sostanza è una teenager a cui basta fare due moine perché ostenti la sicumera della bulla di periferia.
- La colonna sonora: il film si intitola Lo Schiaccianoci e i Quattro Regni. Il riferimento a Čajkovskij mi pare evidente, no? Non dico che l’intera pellicola debba essere accompagnata da ogni singolo brano del balletto, per carità. Però qualche nota in più, tanto per rendere omaggio a Pëtr, ci stava.
- I buchi nella trama, gli interrogativi senza risposta che forse un bambino di cinque anni può non notare, incantato com’è dalla neve, i costumi e i topini, ma già uno di prima elementare non lo freghi così facilmente. Ci sono delle lacune nella narrazione (che non posso specificare a causa vostra che non amate gli spoiler come la sottoscritta) ma vi assicuro che ogni tanto ci guardavamo in faccia chiedendoci a vicenda: «Ma si sono parlati prima di fare questo e quest’altro?»
- In generale Lo Schiaccianoci e i Quattro Regni è un guazzabuglio di elementi senza senso, completamente slegati tra di loro, oltre a essere la copia natalizia di Alice in Wonderland – che a me è piaciuto, lo ammetto -: non ti affezioni ai personaggi, non c’è un dialogo che ti colpisca manco a morire. Non vedi l’ora che finisca, al massimo speri nel coup de théâtre finale: che c’è pure ma fa cadere le braccia. Ah, Keira qui è insopportabile.
- Ve lo ricordate il titolo? Lo spettatore medio si aspetta di vederlo ‘sto benedetto Schiaccianoci, la versione lignea, voglio dire. Cari miei, ve lo devo dire: in questo film lo Schiaccianoci compare di sfuggita UNA volta sola. E quando dico di sfuggita intendo proprio en passant: lo mostra un secondo a Clara il fratellino, che corre giulivo con quest’aggeggio in mano. Ok, c’è Philip, ma è una spalla: la star è la principessa, come se l’elemento romantico scalfisse in toto l’aura femminista che la Disney ultimamente ci propone a manetta.
Note positive: è stata dura ma qualcosa di buono l’abbiamo trovato, scenografia e costumi pazzeschi. Peccato non compensino il prezzo del biglietto. Manco le bellissime – e poche – scene di ballo interpretate da Misty Copeland riescono a non farci rimpiangere la serata buttata.
Insomma, forse avremmo dovuto seguire il raffinato suggerimento di chi, quando le abbiamo proposto di vedere Lo Schiaccianoci e i Quattro Regni, ci ha risposto saggiamente con: «Raga ma schiacciatevi le palle piuttosto!»