
L’ora più buia – Dite alla Disney che l’ultimo Jedi è Winston Churchill
L’ora più buia, cioè il biopic dell’anno.
Fin da piccolo ero uno di quei bambini speciali, speciali proprio in quel senso, cioè che li guardi e ti chiedi da quale sanatorio siano appena fuggiti. A riprova di ciò che dico fin da piccolo ho amato la Storia, la Storia con la “s” maiuscola, quella dei Romani e della Rivoluzione Francese se ci capiamo. Ebbene, ho un distinto ricordo del me decenne che sente la maestra spiegare la Seconda Guerra Mondiale – o IIGM se avete il feticcio delle abbreviazioni indomite – e in particolare la resistenza inglese, la battaglia di Londra e il contrattacco albionico a suon di radar, tazze di tè e RAF. No, ragazzi Raf non sta per quello di Self Control, ma per Royal Air Force. Era ovvio dunque che appena sentito dell’uscita di questo L’ora più buia mi sarei scapicollato in sala con un sigaro e una copiosa scorta di whisky e champagne.
L’ora più buia è un biopic canonico? No, niente affatto. Non seguiamo i passi di Winston Churchill fin da quando portava i pantaloncini corti e per fortuna sfuggiamo al clichè (tipico dei film biografici) di un’infanzia segnata dalle stimmate della genialità. No, Winston lo conosciamo quando è già vecchio, grasso, borbottante, fissato, bizzoso, egoista, avvinazzato, più apprezzato dal partito di opposizione che dal proprio. Un cuoricino proprio.
Nella primavera del 1940 il primo ministro Neville Chamberlain è ormai caduto in disgrazia: troppo debole, troppo attendista, troppo indeciso nel prendere provvedimenti nei confronti della nazi-Germania. Ci vuole un cambio della guardia alla guida dell’Inghilterra che sta per entrare nel più grande conflitto di sempre. Proprio grazie alle simpatie che prova per lui il partito laburista viene scelto il conservatore Churchill, che in fondo in fondo non piace quasi a nessuno (tantomeno al re), ma che è l’unico in grado di mettere d’accordo un po’ tutti quanti.
Il Churchill di Gary Oldman è un supereroe, ma detto nel senso migliore possibile. È l’uomo della Provvidenza, ma non per questo associa in sé tutti quei disgustosi caratteri tipici dei personaggi geniali e dal pessimo carattere che di solito vediamo al cinema. Winston è assolutamente umano, umanissimo nei suoi difetti, non trova la classica soluzione geniale nel momento di massima difficoltà, ma si affida alla propria pragmatica caparbietà, alla propria incrollabile fede e al proprio fiero, ma altrettanto schivo patriottismo. Ecco, soffermiamoci un momento su questo aspetto: il patriottismo che emerge dal film di Wright non è affatto quello classico americanoide che punta alla pancia dello spettatore, che come naturale reazione dovrebbe saltare in piedi sul seggiolino, estrarre le pistole dalla fondina e sparare in aria gridando “IU-ES-SEI!” a ripetizione. Guardando questo film non viene voglia di essere inglesi, viene voglia di essere Winston Churchill. L’amor di patria che emerge da L’ora più buia, infatti, è sotterraneo e silenzioso. Tanto per fare un esempio non ricordo nemmeno una Union Jack nel film. Possibile che ci fosse, ma non era sbandierata (ah-ha!).
Scopo del regista è infatti raccontare un uomo nel momento di maggior difficoltà sua e di una nazione intera, un uomo che non scende a compromessi con la tirannia nazista, che disprezza Hitler non perché sia un sedizioso bolscevico col feticcio dei soviet, ma un uomo libero, che ama la sua libertà più di ogni cosa e che combatte nell’unico modo a lui concesso: ostacolando quelle frange del Parlamento che volevano trattare con la Germania, barattando la libertà con la salvezza. Questo è il fulcro del film, questa è l’ora più buia di un politico costretto a combattere tanto coi nemici di fuori che quelli di dentro.
Inutile poi elogiare una prova attoriale magistrale: Oldman merita l’Oscar a scatola chiusa, il suo Churchill è vivido, tridimensionale e verrebbe voglia di abbracciarlo (sua moglie lo chiama “porcellino”, ci capiamo? Lui, Winston Churchill. Porcellino), soprattutto nelle sue schermaglie private con la moglie e in quei tanti piccoli gesti tipici, quei vizi solo suoi che fanno di lui un uomo prima che un personaggio. Un uomo che ebbe la grandiosa capacità di capire il suo tempo e i suoi contemporanei, di capire che con la follia nazista non si può trattare, tanto che (a me) viene quasi naturale ricordare le parole di Yoda sul lato Oscuro, ritratto come “più rapido, più facile, più seducente”. Ebbene in questo senso Winston Churchill sarebbe stato un ottimo Jedi.
Scusate, mi hanno beccato, torno nel mio sanatorio.