Non ho mai recensito una serie tv prima d’ora e non ho idea di come impostare l’articolo. Recensisco puntata per puntata? Mai! Non sono abbastanza intraprendente. La mia idea era quella di una classica recensione su tutta la stagione. Però non volevo correre il rischio di dimenticarmi alcuni passaggi della trama o eventuali chicche delle prime puntate, dato che posso vantare le capacità mnemoniche di un pesce rosso.
Fortunatamente la serie è prodotta e distribuita da Netflix, perciò ho deciso di scrivere l’articolo al termine di ogni sessione di binge watching alla quale il nuovo lavoro di Judd Apatow mi costringerà. Una sorta di “articolo impressionista”.
Ah giusto, qual è la trama? Niente di più semplice e banale: Mickey e Gus si trovano per caso in uno squallido market. Arrivano entrambi da diverse delusioni amorose e tra loro c’è feeling, ma la vita non percorre mai strade prevedibili.
SESSIONE 1. Love conta dieci episodi. Oggi l’ho iniziata e ne ho visti quattro. Per ora sono semplicemente entusiasta! Le aspettative non erano basse, il trailer prometteva toni leggeri, divertenti e romantici, ma senza la volontà di far venire il diabete allo spettatore. E tutto ciò è Love! Anzi, anche meglio. I dialoghi sono brillanti e i due attori protagonisti perfetti. Inoltre Paul Rust ricorda decisamente Woody Allen e Love, almeno in questi primi quattro episodi, pare proprio un Io e Annie aggiornato ai nostri tempi e con una leggera nota demenziale che comunque non stona.
Io non amo le commedie romantiche, ma qui tutto è calibrato alla perfezione. La durata degli episodi non è eccessiva (raramente si superano i 35 minuti), il ritmo non cala mai e… cavolo, è divertente. È veramente divertente. Per finire, i personaggi sono scritti benissimo. Le loro storie, le loro vite, sono reali. Personalmente mi sono immedesimato subito nelle loro paure e insicurezze. Mi fermo qua, perché ho molta paura di essere smentito nella seconda metà di stagione.
SESSIONE 2. Ho visto il quinto e il sesto episodio. E per ora mi fermo solo perché sono le cinque e ho degli impegni. Stasera infatti ho intenzione di stare davanti allo schermo del computer almeno fino alle due di notte, perché ormai Love mi ha tirato dentro di sé. La serie mi ha fatto legare emotivamente ai personaggi e questo è ciò che una buona serie tv deve riuscire a fare: avendo a disposizione più ore, non deve limitarsi a raccontare una storia più o meno intricata, ma riuscire a farti immedesimare coi personaggi. Devi amarli o odiarli, l’anonimato è la condanna a morte. E da questo punto di vista Love ha raggiunto il suo apice nel finale del quinto episodio, che ovviamente non vi svelerò. Mi sento una ragazzina in piena fase ormonale davanti a Dawson’s Creek, ma qualitativamente parlando tra le due serie c’è un abisso.
SESSIONE 3. Sono quasi le tre del mattino. Sono triste, ho terminato Love. Perché quando ho iniziato a scrivere questo articolo non pensavo di dare un voto altissimo. Cioè… avevo buone aspettative, ma Judd Apatow le ha ampiamente superate. Love vince su tutti i fronti.
I personaggi, i loro sentimenti, ciò che fanno e come reagiscono ad ogni minimo gesto poco più che significante… è tutto autentico e raccontato con un’onestà intellettuale pari a poche altre opere destinate al piccolo schermo. Infatti per tutta l’intera stagione è impressionante la coerenza narrativa tra i vari episodi, prova del fatto che l’intera opera sia stata ideata e realizzata rimanendo fedele agli intenti dell’autore.
Tiriamo le somme. I pregi della serie sono pressoché tutti quelli elencati in precedenza, che hanno determinato la mia euforia durante la visione. Per di più, Gillian Jacobs e Paul Rust sono semplicemente perfetti nei panni dei protagonisti.
Judd Apatow e i suoi collaboratori sono riusciti a raccontare in modo limpido e sincero l’innamoramento di due persone, con conseguenti eccitazioni e paranoie. Inoltre non vi è alcuna supponenza morale o filosofica… mi spiego meglio: non si ricerca la frase ad effetto, non si vuole dare alcun insegnamento di vita. Love non ha nessuna ambizione e per questo riesce ad essere un’opera sincera e spontanea. E se a fine episodio ti rendi conto di averlo guardato tutto con un sorriso da ebete stampato in faccia, allora non puoi far altro che applaudire.