Film

Luhrmann, Kidman, McGregor: mesdames et messieurs, Moulin Rouge!

La prima volta che ho visto Moulin Rouge! ero nel pieno dell’adolescenza, nutrivo una passione malsana per Ewan McGregor ed ero da poco tornata da Parigi. Inutile dire perciò che all’epoca avevo versato tutte le mie lacrime. Il problema è che, a distanza di una decina d’anni abbondante, la reazione è stata la medesima. Però suvvia, se davanti al drammone sentimental-operettistico di Satine e Christian il vostro corpo non mostra nemmeno mezza secrezione siete dei mostri di insensibilità.

Già, perché la storia di Moulin Rouge! sembra fatta apposta per commuovere anche i sassi: Christian è uno scrittore inglese ovviamente squattrinato, ovviamente timido e ovviamente sognatore, che si trasferisce a Pigalle per assaporare appieno la bohème. Satine è l’étoile del Moulin Rouge, ovviamente bellissima, ovviamente bramata da molti e ovviamente con un principio di male incurabile di cui ancora nessuno sospetta. I due si conoscono, si innamorano, ma indovinate un po’, di mezzo ci sono il malvagio e ricchissimo Duca di Monroth, che vorrebbe avere Satine tutta per sé, e Zidler, impresario del teatro disposto a tutto pur di approfittare delle sue finanze. Ma si sa, amor vincit omnia – tutto, a parte la malattia. Pronti i fazzoletti?

Moulin Rouge! ha un sacco di pregi, oltre al fatto di essere il perfetto film per una serata all’insegna delle ovaie: tanto per cominciare, la regia stralunata ed eccessiva di Baz Luhrmann ha portato, nel 2001, alla rinascita del musical, in un’epoca in cui al massimo si poteva sperare in qualche nostalgica maratona di Grease. Inoltre, permette di scoprire che Nicole Kidman, oltre ad essere esteticamente perfetta e a recitare come pochi, sa pure cantare. Ah, le ingiustizie della vita. Eppoi, l’ho già detto che c’è Ewan McGregor?

Ma Moulin Rouge! non è solo questo: come musical, infatti, è piuttosto atipico. A differenza di tutti gli altri, le canzoni non sono originali; e proprio qui sta la sua forza. Veder andare in scena su un palco della periferia francese di fine Ottocento Diamonds are a girl’s best friends e Material Girl, sentire le note di Elton John correre sui tetti parigini, perdersi in un medley di Paul McCartney e i Queen mentre le carrozze corrono sui ciottoli è un’esperienza quantomeno surreale. Vogliamo mettere poi il tango ballato sulla musica di Roxanne dei Police, una bomba di sensualità come in nessun altro film?

Le scenografie, poi, si sono giustamente meritate un Oscar: kitch, eccessive, spettacolari. Il rosso e il nero dominano per tutto il tempo, le luci sfavillano, gli abiti sono quasi dei coprotagonisti. Una trasposizione su celluloide delle fotografie di David LaChapelle, per intenderci.

Moulin Rouge!  è artefatto, furbissimo, patinato. Un inno all’estetica, e pure all’amore. Solo che sarete talmente presi dal secondo, che degli effetti speciali quasi non vi accorgerete. E mi raccomando: kleenex a gogò.

Francesca Berneri

Classe 1990, internazionalista di professione e giornalista per passione, si laurea nel 2014 saltellando tra Pavia, Pechino e Bordeaux, dove impara ad affrontare ombre e nebbia, temperature tropicali e acquazzoni improvvisi. Ama l'arte, i viaggi, la letteratura, l'arte e guess what?, il cinema; si diletta di fotografia, e per dirla con Steve McCurry vorrebbe riuscire ad essere "part of the conversation".
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