Film

L’universale – Una bella storia per instancabili nostalgici

“Una situazione dada in un contesto pop… no… ricomincio, aspetta… ecco!! Una vespa 125 primavera, chiaro no!? Un vespino”

Non c’era modo migliore con cui potesse iniziare la pellicola di cui parliamo oggi, ovvero L’universale, film che ci racconta una storia vera, o meglio, ci racconta di un luogo vero, ma vero sul serio e non solo perché realmente esistito, ma perché in quel posto si respirava l’aria di quell’Italia ormai lontana anni luce. Stiamo parlando del cinema Universale di Firenze che dà il nome a questo lungometraggio uscito nel 2016, diretto da Federico Micali e passato piuttosto inosservato, come troppo spesso accade per piccole produzioni come questa, ma dopotutto noi ragazzacci siamo anche qui per questo: farvi conoscere ottimi film che nessuno si fila.

La storia segue le vicende di tre amici: Tommaso (Francesco Turbanti), Alice (Matilda Lutz) e Marcello (Robin Mugnaini) che tra problemi di droga, politica e amore si lasciano per poi ritrovarsi di nuovo, in una serie di avventure che attraversano tre decenni, dai favolosi Sessanta ai forse più drammatici Ottanta. Ma è anche la storia di un cinema dove con l’arrivo di un nuovo addetto alla programmazione (Paolo Hendel) si sono incontrate la cultura alta, sperimentale e politica del movimento studentesco e quella popolare, sarcastica e goliardica del quartiere fiorentino di San Frediano, creando un caos creativo.


Il cinema Universale era di proprietà di Ottavio Boccini, ma ci viene presentato con la voce narrante del protagonista Tommaso Nencioni. Fanno parte dello staff di questo piccolo mondo la pettegola cassiera Franchina, la barista Silvana da sempre triste perché rimasta vedova da giovane, la maschera Mimmo Bandiera (Roberto Gioffré), detto lo Zitto perché nessuno lo aveva mai sentito parlare (nemmeno sua moglie), e infine il babbo di Tommaso, il proiezionista Luciano Nencioni (Claudio Bigagli) che parla con la cinemeccanica più che con il figlio.

C’è poi il mondo variegato e surreale degli spettatori quasi sempre paganticon il cielo negli occhi e l’inferno in bocca” a cominciare da Ivo Tanturli (Vauro Senesi) padre di Marcello che piange sulla camminata di John Wayne, passando poi a Egisto Tamburini (Maurizio Lombardi), babbo di Alice, di lavoro artigiano, ma battutista di professione, e molti altri come “Il buio” chiamato cosi perché rissoso “e con un pugno ti spegne la luce”, rappresentati così bene che ci sembra di essere seduti anche noi con loro dentro l’Universale.


Il cinema Universale aveva come nemico numero uno l’Eden, oasi di purezza, cinema della parrocchia dove non si poteva parlare ad alta voce. Il contrario succedeva invece nel cinema del Boccini, dove il Tamburini, alla scena in cui Ercole bacia Iole in Le fatiche di Ercole, si alza e urla “Ma che bacini e bacini, mettiglielo nel culo” con il tipico accento Toscano. Immaginate ora questi soggetti di fronte ai film che porta il nuovo proiezionista, come ad esempio quelli di Akira Kurosawa, dove “la staticità della scena era un pregio invece che un difetto” e di conseguenza all’arrivo di un sacco di studenti interessati a questa rivoluzione… buona fortuna.

Il film scorre alla grande e ha il pregio di darci esattamente quello che vorremmo da una storia del genere: ci fa ridere di gusto e a tratti commuovere, quindi in conclusione anche se non nominata come le più blasonate produzioni italiane di questo 2016 è una pellicola da vedere senza ombra di dubbio.

Da buon nostalgico vi lascio con una foto del vero Cinema Universale

Denis Ghio

Leva 1988 e la maledetta convinzione di avere ancora vent'anni. Totalmente disordinato e nostalgico dei "film che furono", il suo attore preferito è Mickey Rourke. Quando non lavora ascolta ogni genere di musica e passa ore a guardare ogni tipo di film nella speranza di trovare qualcosa che lo stupisca.
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