
L’uomo senza sonno genera mostri
Qualche sera fa, come sempre, mi sono andata a guardare la programmazione tv della serata e in pole position c’era L’uomo senza sonno. L’avevo già visto qualche anno fa e ne avevo avuto un’ottima impressione, ma il bello di riguardare questo tipo di film è divertirsi a notare millemila dettagli che a una prima vista mi erano sfuggiti.
Oltretutto l’insonnia è un tema che ha dato i natali a una discreta infornata di film (ne abbiamo uno qui, oltre a un ottimo Fight Club d’annata, se volete favorire).
Trevor Reznik fa l’operaio in una fabbrica. È un tipo strano: evita tutti, fa spavento solo a guardarlo, è magro come un chiodo, si lava le mani in continuazione. E non dorme da un anno. Per un motivo ignoto Trevor non chiude occhio da dodici mesi, dice di stare bene ma è evidente che non ci sta dentro, né di corpo né di testa. A un certo punto però il nostro si accorge di essere controllato e spiato da un tizio grande, grosso e vagamente psicopatico di nome Ivan, nuovo arrivo nella fabbrica. Nel frattempo Trevor a causa di una distrazione causa l’amputazione del braccio di un collega di lavoro. Da qui comincia la sua discesa all’inferno, convinto di trovarsi in un complotto organizzato dai colleghi della fabbrica.
ANSIA, BOTTE DI SONNO E CANDEGGINA
Orbene, da qui vi avviso che ci saranno spoiler come se piovesse.
Abbiamo una luce scabra e grigia che accompagna il nostro protagonista. Non si direbbe mai che l’intero film sia stato girato a Barcellona, simulando una squallida provincia americana. Il titolo originale del film, The Machinist, è come al solito meno spoileroso di quello italiano. C’è un anonimo macchinista, quindi, un semplice operaio grigio e anonimo con problemi di sonno. Ma già dopo cinque minuti si ha la sensazione che l’insonnia sia la punta di un considerevole iceberg mentale. Trevor mente a se stesso e agli altri, il capo prova a mandarlo da un medico, la fidanzata (una prostituta dal cuore tenero) si preoccupa, i colleghi ripetono a manetta che lui è strano, ma Trevor da quell’orecchio non ci sente. Ripete di continuo che sta bene, è in forma e che lui è perfettamente nella norma. Tuttavia una parte di Trevor sembra agire per volontà propria, lo tiene sveglio costringendolo a lavarsi le mani con la candeggina, a pulire ossessivamente le fessure del pavimento del bagno e a fare frequenti visite notturne a Marie, un’amica che lavora in una tavola calda. L’incidente al braccio del collega dà una scossa a Trevor che comincia a indagare su vari indizi di un complotto ordito dai colleghi di lavoro, ma diverse cose non tornano. Nessuno dei colleghi o dei capi conosce Ivan e Trevor si sente sempre più minacciato, oltre a provare un forte senso di colpa per l’incidente del collega.
GIOCHIAMO A L’IMPICCATO
Come ho già detto, la figata di L’uomo senza sonno è che, oltre a una botta di adrenalina, ci vengono forniti una serie di piccoli indizi che messi insieme formeranno un mosaico sconvolgente. Sul frigo di Reznik compare dal nulla un post-it col giochino dell’impiccato, e come indizio abbiamo una parola che finisce per “…ER“. Insieme a Trevor cominciamo a indagare. ER…. potrebbe essere MOTHER… scopriamo che Trevor era molto legato a sua madre. Per festeggiare la festa della mamma senza andare al cimitero, l’insonne invita fuori Marie e Nicholas, il figlioletto di lei. Trevor si ritrova quindi al Luna Park tanto amato da bambino e propone al piccolo amico un giro nel labirinto degli spettri. Ansia a pallettoni, gli spettri cominciano a lasciare il posto a scene di incidenti stradali, macchine a pezzi, il numero 666 che aleggia nell’aria e un messaggio che turba Trevor: la parola COLPEVOLE scritta su un impiccato. Trevor sa che qualcuno ce l’ha con lui ma non sa perché.
Intanto l’ansia continua a salire, Ivan si fa sempre più minaccioso e tampina Trevor a bordo della sua macchina rossa, gli indizi sono sempre di più e sempre più oscuri. ER forse sta per MILLER, un collega che ce l’ha con Trevor? Il nostro protagonista non riesce a mettere insieme i pezzi e diventa sempre più nevrastenico. Scopre una fotografia che ritrae Miller insieme a Ivan e il frigorifero comincia a sanguinare da solo (cos…).
Tuttavia anche noi cominciamo a nutrire delle incertezze e a porci domande; come mai Trevor ha un momento di esitazione quando accende l’accendino della macchina? Perchè viene sempre inquadrata la torre di controllo dell’aeroporto? Cosa c’entra il piccolo Nicholas con Ivan e il complotto della fabbrica? Perché quando scarichi la lavatrice manca sempre un calzino? Esiste un Dio? E se c’è dov’è, ehhhh??!
CHI SEI TU?
Finalmente Trevor si decide ad aprire quel dannato frigorifero e carramba… una caterva di pesci marci cade per terra. La fidanzata prostituta sostiene che nella foto di Miller non compare Ivan, ma Trevor stesso, che tiene orgogliosamente in mano il suo trofeo di pesca. La mente di Trevor finalmente scatta e lui comincia a ricordare.
Trevor, sano come un pesce, un anno prima sta guidando la sua fedele macchina rossa. Proprio sotto la torre dell’aeroporto l’accendino della macchina scatta e lui si china per accendere una sigaretta. È un attimo, e Trevor investe un bambino di nome Nicholas e la madre di lui, Marie, cerca invano di soccorrerlo. Trevor invece di dare una mano scappa a gambe levate e abbandona la macchina. Lui è il KILLER, è lui quello che scrive a se stesso e tenta di continuo di ripulirsi del sangue del ragazzino, e nessuno alla fabbrica sta complottando contro di lui.
Addolorato ma deciso ad espiare, Trevor si costituisce e finalmente, nella sua cella, riesce ad addormentarsi.

Avvertite una vaga ansia? Una leggera inquietudine? Benone, guardate L’uomo senza sonno, poi prendete una camomilla corretta con Xanax e poi dormite tranquilli. Buon riposo!