Film

Mademoiselle: il senso di Park per seduzione e intrighi

Dimenticatevi l’amore viscerale che avete provato per gli immacolati coniglietti di Olivia Colman ne La Favorita (2018) di Yorgos Lanthimos. Ricordatevi, invece, e tenetevi bene a mente perché avete tifato così tanto per Parasite (2019) di Bong Joon-ho agli scorsi Oscar. Ora, mettete le due cose insieme. Aggiungeteci un pizzico del chiacchieratissimo Ritratto della giovane in fiamme (2019) di Céline Sciamma, ed eccoci qua. Siamo tornati al 2016, e il regista coreano Park Chan-wook, non a caso citato da Bong nel pantheon dei suoi spiriti-guida, ha già riunito tutto quello che avete amato in questi tre film in una sola, straordinaria pellicola: Mademoiselle (Ah-ga-ssi), opera che ha trovato distribuzione in Italia solo, e solamente per qualche giorno, lo scorso agosto.

Kim Min-hee, a destra, e Tae-ri Kim, a sinistra, in Mademoiselle.

E come mai solo così tardi?

(Bella domanda. Ce lo stiamo chiedendo anche noi)

Dramma di costume diversamente dalla più famosa Trilogia della Vendetta, film per i quali Park si è guadagnato a voto unanime un posto nell’Olimpo degli autori contemporanei, Mademoiselle fila una trama di doppi giochi, seduzione e brame ereditarie nella Corea degli Anni Trenta sottoposta all’occupazione giapponese. Quattro i personaggi protagonisti dell’ennesimo intreccio di armi, intelletti, e colpi di scena che Park porta sullo schermo: la ricca e bellissima Lady Hideko (Kim Min-hee), prigioniera di Kouzuki (Cho Jin-woong), zio scellerato e senza scrupoli; il conte Fujiwara (Ha Jung-woo), imbroglione patentato che mira a impossessarsi dell’eredità di Hideko; e, infine, Sook-Hee (Kim Tae-ri), ladra provetta che accetta di farsi complice di Fujiwara in cambio della promessa di una parte dei ricavati dell’imbroglio.

Lady Hideko in Mademoiselle, evidentemente disperata per tutti i rivolgimenti di trama a cui sta per andare incontro.

Sarebbe stato meglio che non fossi mai nata. Che non avessi mai respirato, né vissuto.

(Lady Hideko)

Secondo il piano, Sook-He dovrà diventare la nuova dama personale di Hideko per spingerla tra le braccia di Fujiwara. Senonché, a buon marchio di fabbrica di Park, nulla di ciò che vediamo è come sembra. E il regista dovrà raccontarci i fatti (letteralmente) due volte per spiegarci per bene che cosa è avvenuto dietro le quinte mentre ci perdevamo a rimirare il suo montaggio frenetico ma preciso, che danza sulle cadenze rotonde del giapponese, lingua principale in cui in cui avviene la recitazione. O forse la nostra attenzione era stata catturata dalla coreografia alternata di blu lapislazzulo e colori setosi, densi come la stoffa dei kimoni di Hideko, di cui si veste la fotografia di Chung Chung-hoon, collaboratore di lungo corso del regista coreano.

Giusto per dire che le simmetrie non le sa fare solo Wes Anderson.

Calibrata sontuosità estetica e ritratti di esseri umani sull’orlo della follia tornano così a fare squadra nella cinematografia di Park, restituendo il raffinato, e spietatamente dettagliato, affresco di una cultura vittoriana sull’orlo di una crisi di nervi attraverso il gioco di specchi tra gli occhi di Hideko e Sook-He. Chi è davvero serva dell’altra, si chiederebbe Hegel (ma possiamo chiedercelo anche noi). Perché abbiamo la costante, pruriginosa sensazione che le due donne condividano qualcosa di più che le lunghe, folte, e morbidissime chiome di capelli corvini?

Già: perché abbiamo questa sensazione quando guardiamo Mademoiselle?

Per scoprire se una risposta ai nostri interrogativi, infine, c’è, dobbiamo affidarci ancora una volta al flusso spezzato dei fiumi temporali di Park. Avvolti nel loro rovello inarrestabile, Park di sicuro non ha progettato i suoi film a tavolino come ogni capace costruttore di polizieschi. Al contrario: il regista vuole portarci a dubitare dei nostri stessi istinti e delle nostre categorie di comprensione della realtà. Ci lascia scoperti nella nostra nudità di spettatori inermi, condannati ad aggrapparci alla speculazione e a farci distrarre da considerazioni inessenziali. E Mademoiselle, in questo senso, colpisce in pieno. Secondo Park, infatti, c’è ancora qualcosa che non ci è chiaro sull’animo umano, qualcosa che, invece, è ben dimostrabile attraverso le immagini.

E allora, che proiezione sia! E che la distribuzione del prossimo film del maestro coreano possa avvenire in tempi più celeri. Altrimenti, qui a Ovest, faranno in tempo a uscire film che, ai nostri occhi limitati, sembreranno epocali. E solo perché non siamo mai stati educati ad allargare lo sguardo oltre i confini del nostro piccolo, e forse anche un po’ antico, mondo occidentale.

Elisa Teneggi

Nata non tanto tempo fa in una galassia lontana lontana. Drogata di sperimentazioni culinarie, auto-proclamatasi Divoratrice di Cioccolata in Capo, ride quando vede dei pinguini. Elisa lavora part-time al Double R Diner di Twin Peaks, viene da New Orleans, ma a volte le scappa un accento italiano. Le piace guardare film che non capisce, ma il suo vero grande amore è Stanley Kubrick. Se la incontrate al cinema, non sedetele vicino. Se non l'aveste capito, Elisa odia descriversi.
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