
Madre! Ovvero: l’arte di portare sullo schermo allegorie brutte
Come forse vi ricorderete dai daily veneziani, Madre! di Darren Aronofsky era uno dei film che aspettavo con più acquolina dell’intera selezione, ed è stato decisamente quello che mi ha fatto più incazzare.
Siccome hanno avuto l’ardire di distribuirlo ed esce oggi in tutte le sale, sono qui apposta per farvi risparmiare quegli otto euro di biglietto del cinema e reinvestirli, chessò, in basilico. In graffette. Lampadine. Quello che vi pare, ma non in ‘sta cafonata pomposa e autocelebrativa. Prego.
Metto le mani avanti specificando che a me Aronofsky prima di diventare talmente stronzo da girare Madre! piaceva anche, ma non credo di riuscire a superare le due ore di vita che ho perso, quindi sarò implacabile. Gli spoiler estremi verranno accuratamente nascosti, visto che la sbobba esce oggi, ma sconsiglio comunque la visione del film a chi abbia un briciolo di istinto di autoconservazione.
Madre! – Jean Claude?!
Javier Bardem è uno scrittore in crisi. Di quelli fissi davanti alla pagina bianca & dimolto tormentati. Esatto: proprio il cliché di merda dello scrittore in crisi, avete presente. Lui.
La parte avrebbe potuto serenamente interpretarla uno zoccolo olandese, quindi la prima lecita domanda è: serviva proprio costringermi a odiare Javier Bardem? Non potevate scritturare un’anguria?
Comunque: la sua giovane moglie, Jennifer Lawrence, gli ha completamente ristrutturato il villone isolato da Scrittore In Crisi, che era stato distrutto da un incendio. I due vivono un’esistenza tutto sommato serena ma con un paio di frustrazioni: lui non riesce a farsi venire un’idea per il romanzo, lei non riesce a restare incinta.

Un giorno Ed Harris, uno sconosciuto con un problema, si presenta alla loro porta e per la successiva mezz’ora o poco più Madre! vi sembra quasi un bel film, scivolando in un meccanismo già visto ma comunque non banale di “home intrusion“. L’ospite alla Lawrence è sgradito mentre Bardem sembra apprezzare la sua compagnia – al punto da non fare una grinza quando spunta dal nulla anche Michelle Pfeiffer, la moglie di Harris, seguita a ruota dai due figli psicopatici.
Un etto di pathos, per favore. – È un po’ di più, lascio?
Ed Harris e Michelle Pfeiffer sono due “invasori” meravigliosi: sembrano capitati alla villa per caso, ma il nostro punto di vista è quello di Jennifer Lawrence e fin dalle prime battute ci appaiono come corpi infestanti, che cercano di corrompere l’equilibrio domestico della coppia. La loro sequenza è il motivo per cui Madre! mi ha rubato ben due stelline invece di meno cinque.
Scopriamo in breve che la loro presenza non è accidentale: sono due fan del lavoro dello Scrittore In Crisi, bontà sua, che date le premesse non oso immaginare la rara bruttezza dei suoi libri ma fa uguale.

Svariati accidenti più tardi (ho promesso di non stare a spoilerare) i due ospiti sgraditi levano le tende, la Lawrence resta finalmente incinta e Bardem ritrova l’ispirazione. Scrive l’ennesimo romanzaccio. Il romanzaccio arriva all’editore ed è subito successo. Da qui, l’apocalisse. Un crescendo sempre più surreale di eventi, un’escalation di violenza, un profluvio di superflui effetti speciali. Una brutta, brutta, brutta allegoria che pian piano prende forma nella nostra mente provata, mentre mettiamo insieme i pezzi di ciò che Aronofsky voleva dirci, e ne avremmo volentieri fatto a meno.
Il processo creativo dal punto di vista di un pallone gonfiato
Devo ammettere che il dubbio mi attanagliava dall’inizio: la villa ricostruita dalle ceneri dell’incendio aveva il retrogusto di un mind palace, così come il parallelismo tra il mancato concepimento del bambino e l’idea creativa che non nasceva.
Ho cominciato a sentire puzza di allegoria esplicita man mano che la Lawrence, “dea protettrice” della casa, veniva chiamata “musa” con sempre crescente insistenza. Il momento della gravidanza in corrispondenza a quello della gestazione dell’idea creativa mi ha levato ogni speranza: Madre! è davvero una scontatissima allegoria del processo creativo. O meglio, di come uno stronzo si immagina il processo creativo.
I lettori, o più in generale i fruitori dell’opera, sono quel pubblico invadente che si mette in mezzo alla “coppia” formata dallo scrittore e dalla sua ispirazione. Ma a lui, squallido cafone narcisista, sono utili: fomentano il suo ego, e quindi la sua creatività. Non vuole allontanarli.

Nel rimpallo dichiarato di simboli, il bambino rappresenta la Creatura, il materiale lavoro artistico, concepito con la musa. Nasce lo stesso giorno in cui l’opera nasce.
[su_spoiler title=”Brutto spoiler”]E muore lo stesso giorno in cui l’opera “muore”, perché consegnata al pubblico. A sua volta il neonato viene letteralmente “dato in pasto” ai lettori, accorsi alla Villa proprio per riceverlo, come una comunione.[/su_spoiler]La catarsi “purificatrice” successiva è la conclusione di quello stesso lavoro creativo.
[su_spoiler title=”Bruttissimo spoiler”]Il mind palace non serve più e viene raso al suolo dal nuovo incendio. Ma tra la ceneri brucia ancora il bagliore dell’energia creativa, sotto forma del cristallo scintillante nel cuore della musa, e l’artista è pronto a ricominciare il ciclo da capo.[/su_spoiler]L’incazzatura mostruosa
Se fate un lavoro creativo, avete letto fino qui e avete visto la boiata di Madre! probabilmente siete imbufaliti quanto me. L’intera allegoria propina in salsa nuova una visione del processo creativo che era già vecchiotta col Romanticismo, e particolarmente sgradevole in tempi moderni. Tempi in cui lo sforzo maggiore di qualsiasi autore/artista è MANTENERE LE DISTANZE da queste stronzate affinché il proprio lavoro venga preso sul serio.

Muse. Ispirazioni. Arabe fenici. Catartici incendi. Opere date in pasto al pubblico belluino. Blocco dello scrittore, pagina bianca, coglione in crisi, angelicata stronza, genesi, ciclo, rinascita. Posso continuare per aumentare lo sfogo cutaneo che già vi sta spuntando alla base del collo, ma mi fermo qui. Vi siete fatti un’idea.
Le altre interpretazioni
Come tutte le allegorie brutte, Madre! si presta ad interpretazioni alternative, una più sciagurata dell’altra ma entrambe emerse in conferenza stampa.
- Metafora della vita di coppia. Lui che lascia che altre persone/cose si mettano in mezzo al loro, corrompendo il sacro legame della famigghia e perdendo di vista ciò che è importante. Me cojoni.
- Metafora del rapporto uomo-natura. Lei è la Generosa Natura: ti spiccia casa, ti dà dei figli, e tu uomo cattivo non le presti la necessaria attenzione. Devo aggiungere altro?
Che cosa mi è piaciuto?
La fotografia e i set della casa sono molto belli. Anche le locandine del film. Ed Harris e Michelle Pfeiffer meritano. Fine dell’elenco.
Bene, ora potete correre al cinema. Basta non entrarci.