
Man on the Moon, Jim Carrey in cerca di un Oscar
Voi ci credete all’uomo che è andato sulla luna? È successo veramente secondo voi? Non dico ultimamente (ora è credibile la cosa), ma parlo della famosissima prima volta, ovvero il 20 luglio del 1969. Ma soprattutto chissà se ci credeva Andy Kaufman, a cui sono dedicati questo biopic e la bellissima canzone dei R.E.M. omonima di questo film, Man on the Moon. Fare un film biografico è sempre molto difficile, ancora di più su un personaggio tanto controverso come Andy.
“Hey, Andy, hai ascoltato questa storia?”
Trama: Partiamo subito con Andy Kaufman (Jim Carrey) sullo schermo in bianco e nero che ci fa sapere che quella è la fine del film. Ma, senza grandi colpi di scena, subito dopo si parte con l’infanzia di Andy, dai monologhi alla carta da parati della sua camera, fino all’età adulta, in cui si esibisce nei comedy club. Ma che tipo di comico è Andy? Il più anticonvenzionale che esista, tanto da imbarazzare anche il pubblico. Ma nonostante il suo talento nell’esibizione molto “particolare”, viene notato dal produttore George Shapiro (Danny DeVito). Shapiro lo prende sotto la sua ala e riesce a piazzarlo anche nella sitcom Taxi, per l’infelicità di Andy rinchiuso in un copione e in un personaggio.
Riuscirà Andy a reggere la serie TV scelta per lui dal suo produttore? Quale gag irriverente ha pronta Kaufman? Chi è Tony Clifton? È sempre Andy travestito? Ma la cosa più importante… Andy vi farà ridere o vi starà sulle palle?
Il film diretto da Miloš Forman è un biopic tutto incentrato sulla vita artistica, dai successi ai flop dalle trovate geniali alle esagerazioni, di uno di quei comici che, vi piaccia o meno, ha rivoluzionato per sempre il modo di fare spettacolo. La regia mette in evidenza anche le fasi calanti delle carriera di Andy, soffermandosi spesso sulle emozioni che prova il pubblico, in maniera da mostrare le cose fuori luogo e quasi a caratterizzare un personaggio non cattivo, ma sicuramente difficile.
La forza motrice del film sta tutta nel suo protagonista, un Jim Carrey perfettamente a suo agio che mette in scena un comico che deve averlo ispirato molto nella sua carriera: le movenze, i gesti, le voci sono sì quelle di Andy ma potrebbero essere benissimo quelle dello stesso Carrey. Il personaggio delineato è una sorta di “freak”, che cerca di fare tutto il possibile per non piacere alla gente, ma comunque sia alla fine arriva al pubblico. L’impressione è che si inventi un numero e non appena trova che in questa performance c’è un qualcosa che non piace alla gente allora cavalca l’onda e dirotta tutto quanto su quello. Il ripudio del consenso sembra essere quello che Kaufman cerca, nonostante abbia dimostrato di essere in grado di suscitare ilarità. Come dice lui, l’intento è quello di suscitare emozioni, anche negative.
Il messaggio che passa è quello che è più vero un sentimento di rancore, rabbia, odio che uno positivo. L’apice della negatività lo si raggiunge con il suo alter ego Tony, il cantante stonato e panzone, Clifton. Tony è l’escamotage che trova Andy per rendersi immortale e per consentire al pubblico di detestarlo ancora di più. Ma non è che forse, vista la paura dell’insuccesso, del non riuscire sempre a suscitare risate al pubblico, Andy abbia deciso di farsi odiare e rendersi così indimenticabile? Difficile da dire.
Carrey è bravissimo, in un’ora e mezza di assoluta padronanza delle scena non riesce mai a far calare l’attenzione, nonostante il film abbia parecchi punti lenti o stagnanti. Questa interpretazione risale al periodo in cui era alla disperata ricerca di un dannatissimo premio Oscar, anche se dovette accontentarsi di qualche nomination ai Golden Globe, un po’ come beccarsi una Friendzone dalla ragazza che ti piace.
Il cast di supporto è eccellente soprattutto DeVito, Courtney Love beh… è Courtney Love. La scelta del bianco e nero in alcuni frangenti mi ha dato un effetto tristezza/nostalgia, nonostante fossi concentrato nel detestare Kaufman.
Alla fine devo ammettere che Andy non mi avrebbe fatto ridere ad un suo spettacolo, forse mi sarei addormentato o incacchiato anche io. O forse no. In fondo Andy mi piace e lo trovo una strana e interessante forma d’intrattenimento. L’escamotage finale con l’esibizione di Tony Clifton sancisce definitivamente l’immortalità di una figura a dir poco controversa ma che ha fatto epoca.