
Manchester by the Sea – La sensibilità rara di Lonergan
Manchester-by-the-Sea è una località sulla costa est degli Stati Uniti, non molto lontano da Boston. Il regista Kenneth Lonergan vi ci ambienta la sua storia di inverno, non solo stabilendone così sin dalle prime inquadrature il tono freddo e per niente conciliante, ma dando anche chiarezza del retroterra culturale dei suoi personaggi.
Perché Manchester by the Sea è innanzitutto un film di personaggi. Va da sé quindi che una sceneggiatura e degli interpreti straordinari siano il minimo necessario per far funzionare il tutto. La regia di Lonergan è pulita, quasi teatrale nel sacrificare i tagli di montaggio e i campi ristretti a favore delle performance dei suoi attori, quindi estremamente efficace poiché al servizio di una sceneggiatura magistrale. Il regista e sceneggiatore non ha paura di prendersi i suoi tempi, mantenendo sempre il ritmo a livelli bassi per (ri)costruire progressivamente la sua tragedia moderna, che altro non è che la vita stessa.
Con uno stile molto vicino al migliore Richard Linklater, Lonergan strappa la vita reale e la imprime su celluloide (digitale). In un modo analogo al bel Hell or High Water, anche Manchester by the Sea è a suo modo un impietoso ritratto di una periferia americana disillusa, senza la forza di sperare in un futuro migliore. Ma non solo. Il film è un toccante e sensibile trattato sulla fragilità umana, che l’autore riesce a rendere incisivo grazie all’estremo naturalismo dei dialoghi. Con una grande caratterizzazione dei personaggi, una generale atmosfera funerea e piccoli sprazzi di ironia velata, il regista evita alla sua opera di scadere nella pesantezza e non scende al frustrante compromesso della dramedy: Manchester by the Sea non è per tutti i palati, rifugge la banale retorica e il semplicismo consolatorio.
Lo stesso vale per le interpretazioni. Come già detto, la sceneggiatura scava nel profondo dei personaggi e a beneficiarne non possono che essere gli attori. In una narrazione che alterna flashback e tempo presente, i risvolti psicologici del passato sono il vero motivo della visione. Michelle Williams (scuola Dawson’s Creek) e il giovane Lucas Hedges sono fenomenali, anche se messi in ombra da quella che per Casey Affleck verrà ricordata come la miglior performance della carriera. Affleck, recitando in sottrazione, riesce a donare una pluralità di sfumature ad un personaggio che, in reazione ad un forte trauma, non riesce a far altro che autodistruggersi lentamente.
Un plauso alle musiche e all’utilizzo espressivo che si è stati in grado di farne: quasi a riscoprire il cinema delle origini, queste hanno in certi casi una funzione descrittiva, supportando e valorizzando le grandi interpretazioni, come nei primi drammi psicologici di David Wark Griffith. L’unica nota parzialmente negativa è la durata, forse dilatata più del necessario, ma comunque niente di proibitivo (il film dura due ore e un quarto).
Manchester by the Sea non è sicuramente un film per tutti i palati. Opera dalla sensibilità rara, Kenneth Lonergan offre un lucido e struggente ritratto umano. Forte di uno stile realista (per rimanere in ambito artistico, perché di questo si parla), il regista non accentua nessuna delle svariate sfaccettature del suo film, che sono poi le stesse della vita. Se per voi il cinema è prima di tutto scrittura e recitazione, ecco il film dell’anno.