Film

Mandy – L’angelo della vendetta in V/H/S e sotto LSD

Essere parte di una generazione nata a metà degli anni ’90 vuol dire praticamente non aver mai avuto a che fare con il video-noleggio. Sì, sto parlando di quello strano regno popolato da videotecari, montagne di scaffali stracolmi di videocassette… A pensarci adesso mi scende quasi una lacrimuccia. Un’autentica miniera d’oro dove trovare, perché no, qualche gemma nascosta o una V/H/S di un film mai uscito nelle sale. Pellicole sulla bocca di tutti, ma che in Italia arrivano costantemente dopo anni.

È il caso di Mandy, film del regista greco Panos Cosmatos, uscito da noi direttamente in dvd e Blu-ray il 14 febbraio. Giusto per augurarci un buon San Valentino. Un’opera capace di conquistare il Sundance 2018 prima, e il festival di Cannes poi; una robetta non proprio da tutti. A rendere questa cavalcata ancora più sorprendente, la presenza di un protagonista sempre molto discusso e mai amato fino in fondo dalla critica: Nicolas Cage, per gli amici Nicola Gabbia.

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Mandy ha saputo far parlare di sé, ha attirato l’attenzione di mezzo mondo cinefilo… Noi MacGuffers non potevamo di certo farcelo scappare.

Metal, nastri di cassette e LSD

Due paroline sulla trama prima di perdermi nel marasma dei miei pensieri: siamo all’inizio degli anni ’80, Red (Nicola Gabbia) e Mandy (Andrea Riseborough) conducono una vita di coppia serena e in solitudine nei pressi di Crystal Lake (citazione al campus di Venerdì 13). Il loro paradiso in terra però gli viene bruscamente negato da un fanatico e dalla sua setta; il gruppo rapisce Mandy, ma così facendo scatenerà la furia vendicativa di Red.

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Ebbene sì, siamo di fronte a un Rape and Revenge movie: Mandy è un bellissimo esempio di film in cassetta capace di sintetizzare un ventennio di cinema gore, splatter e horror con le vivide allucinazioni del suo regista. Cosmatos omaggia gli anni ’70 e ’80 con un’estetica fuori di testa, senza lesinare sulla violenza e puntando sull’eccesso in ogni sua forma. In questo gioco sadico e malato con lo spettatore, ha un ruolo fondamentale la colonna sonora di Jóhann Jóhannsson: nel suo ultimo lavoro, il compositore islandese da vita ad trip acustico tra l’heavy metal e la minimal, capace di toccare le giuste corde in ogni momento. Il suo lascito è senza dubbio la sua colonna sonora migliore.

Il bello dell’esagerazione

Va inoltre dato il merito ad un film come Mandy di saper esaltare le “doti” di Nicholas Cage: il nostro protagonista urla, grida, smatta, digrigna i denti… in pratica è sé stesso. Qui Gabbia trova la sua dimensione, anche in una parte iniziale molto più pacata, in coppia con una meravigliosa Andrea Riseborough. I due mostrano un’alchimia fortissima, completandosi a vicenda: lui burbero taglialegna, lei illustratrice rockettara dal look gotico e amante del cosmo.

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Ed è lì, tra la nostra realtà e un universo parallelo che Mandy fluttua in bilico tra sogno ed incubo. Divisa in capitoli come una graphic novel, la storia ad un certo punto parte ancor di più per la tangente chiamando in causa demoni in motocicletta e culti filo satanici. Dopo averci imbottito per bene di droghe, Cosmatos fa vestire a Red i panni dell’angelo della morte e dalla seconda metà in poi inizia la sua efferata vendetta a suo di asce, taglierini, balestre e motoseghe. Sì, c’è un duello a suon di motoseghe… ed è stupendamente tamarro.

Quella di Red non è una risalita dagli inferi, ma la ricerca di un finto Dio somigliante a Charles Manson. È un viaggio dritto senza una vera e propria meta, in un mondo di folli e di eccesso. Una vendetta incapace di colmare quel senso di vuoto e disperazione che solo Nicolas in mutande sul cesso di casa può dare.

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A volte il troppo stroppia

È innegabile che Mandy sia stata una piacevole sorpresa, ma vanno giustamente sottolineati alcuni dettagli che non mi hanno convinto appieno: innanzi tutto una gestione dei tempi così dilatata affossa totalmente il ritmo, facendo risultare il film un po’ troppo lungo. Inoltre lo stupore della formula da trip movie con il tempo va scemando e in diversi momenti c’è bisogno di quel quid narrativo in più. Osare si è osato, ma la pellicola mostra i difetti di un regista acerbo e in crescita.

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Non mi trovo assolutamente d’accordo con chi lo ha definito un film “facile”, perché dietro al puro gusto del sangue e al piacere della violenza (non gratuita) si nasconde un’idea ben precisa di Cinema, guardando a un mondo così vicino e allo stesso tempo lontano dal nostro. Con lo spirito del B-Movie (come quelli che Red e Mandy guardano in tv), Mandy è il prototipo di cult non adatto a tutti… che piacerà a molti perversi maledetti e un po’ meno ai puristi/puritani.

In chiusura, un ringraziamento alla redazione di Leone Film Group per averci permesso di vedere Mandy in anteprima a pochi giorni dall’uscita in dvd e Blu-ray. Grazie tante per avermi fottuto il cervello.

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“Grazie mille ragazzi, davvero…”

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Davide Casarotti

Antipatico e logorroico since 1995. Scrivo di Cinema da quando ho scoperto di non saper fare nulla. Da piccolo volevo fare il cuoco, crescendo ho optato per il giornalista; oggi mi limito ad essere pessimista, bere qualche birra con gli amici e andare al Cinema da solo. Giuro, non sono una brutta persona.
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