Film

Martin Eden – Era partito così bene, e poi

Per la prima volta nella mia vita, vedendo Martin Eden di Pietro Marcello mi è accaduto un fenomeno paranormale. A un certo punto mi dico: “carino, ambientazione non male, un’operazione abbastanza insolita per l’Italia: ci sta. Le due ore mi sono passate bene”. Controllo l’orologio e mi rendo conto che in realtà sono passati solo 40 minuti dall’inizio.

Non era un buon segno, già si capiva.

Se lati positivi si vogliono trovare al film Martin Eden, si può dire che è sempre apprezzabile che in Italia si tentino strade cinematografiche un po’ differenti da quelle a cui siamo avvezzi negli ultimi anni, ed è un piacere che siano tornati in grande spolvero le produzioni in costume, trainate spesso dal successo editoriale internazionale di alcuni libri di casa nostra come L’amica geniale.

Il caso di Martin Eden però è abbastanza unico, perché trattasi di un romanzo ben fuori dalla nostra comfort zone, uscito nel 1909 negli Stati Uniti dalla penna di Jack London. Un romanzo americano, profondamente radicato nel suo contesto, che viene trasportato nella stessa epoca ma su suolo italiano. Il protagonista mantiene il nome, l’ideologia, l’evoluzione e i tic del personaggio letterario, interagendo però con un ambiente che, pur mosso da cambiamenti ideologici e politici tanto quanto, è profondamente diverso. Non abbastanza, e questo è uno dei difetti del film. Restando molto fedele alla trama originale, l’ambientazione a tratti sembra muoversi in un contesto atemporale: a volte il film sembra collocato nella seconda metà dell’Ottocento, a volte sembrano già gli anni del boom economico.

Come se, anziché adattare lo stesso personaggio a uno scenario profondamente differente – l’aspetto che sarebbe stato di maggiore interesse -, fosse stato operato una sorta di “calco” del testo originale, andando così a generare delle forzature: sembra l’Italia esteticamente, non lo sembra nella sua storia e nella sua essenza. A un certo punto, verso la fine, si parla di una guerra e si è talmente spaesati che a malapena è dato capire se si sta parlando della Prima, della Seconda o della Guerra del Vietnam (e questo dovrebbe dare il polso di come il film sembri svolgersi in un’Italia di fantasia, anziché in un presente storico definito).

Uno dei principali motori della narrazione è la storia d’amore, che però risulta scialbissima: come dicevo con la mia collega Sara, “sembra la storia di due che non solo sono incompatibili, ma lo sono al punto che si stanno evidentemente sulle palle dal primo momento in cui si conoscono e si mettono insieme solo perché…” boh, sono fighi? Motivazioni profonde come sempre, insomma.

Il film è funestato da una generale recitazione fintissima e teatralissima, la quintessenza di ciò che nel cinema italiano non vorremmo vedere più, e aspetti con ansia i momenti in cui parla Luca Marinelli per avere una boccata d’aria fresca – e, giuro, persino lui ha degli istanti di caduta. Soprattutto nella seconda parte, dove Martin si trasforma da personaggio con cui viene facile empatizzare nello stereotipo dell’intellettuale vanaglorioso e “tormentato poser”, a un livello che finora giusto Madre! di Aronofsky è riuscito a superare (lì di varie spanne, lo ammetto). Evidentemente anche l’interprete ha ceduto nel credere alle battute che doveva pronunciare, a un certo punto.

È un peccato perché, come dicevo, nella prima parte il film prometteva di essere un buon adattamento di romanzo storico, con una prova recitativa ottima di un attore che diventa più bello e magnetico a ogni film (ok questo non c’entra, passiamo oltre).

Speriamo non legga mai questa recensione.

Ammetto che non è male vedere una volta accadere l’inverso a quanto siamo abituati: di solito sono gli Stati Uniti a vampirizzare storie e narrazioni appartenenti ad altre culture e farle proprie, cucirsele addosso, cambiando luoghi e nomi, sfondare il mercato di remake in salsa americana. Per una volta che siamo noi a prendere un grande romanzo americano e adattarlo a nostra immagine e somiglianza, mi aspettavo qualcosa di più.

 

Francesca Bulian

Storica dell'arte, insegnante, fangirl, cinefila. Ama i blockbusteroni ma guarda di nascosto i film d'autore (o era il contrario?). Abbonata al festival di Venezia. "Artalia8" su YouTube, in genere adora parlare di tutto ciò che di bello e sopportabile gli esseri umani sono capaci di produrre.
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