
Martyrs: l’horror (francese) che non ti aspetti
Quando sento frasi qualunquiste del tipo “non fanno più gli horror di una volta” mi sale il nazismo. Trovo estremamente irritanti, infatti, i tizi che generalizzano una loro percezione personale, tipo quelli che dicono che i film francesi sono lenti, avendone visto solo uno in croce e magari pure per sbaglio. La stessa cosa vale per gli horror: se ti limiti a quelle tre cagate che fanno al cinema la colpa è tua e della tua pigrizia intellettuale. Se vai a scavare nei meandri dimenticati dell’internet o nei palinsesti dei festival qualcosa di buono lo troverai sempre. È il caso di Martyrs, film francese del 2008 che è stato proiettato in anteprima al 61° Festival di Cannes. La pellicola, diretta da Pascal Laugier, è divenuta in poco tempo un cult per gli amanti del genere horror. La protagonista è Lucie, una ragazza che cerca di vendicarsi delle persone che l’hanno rapita quando era ancora una bambina. Al suo fianco c’è Anna, un’amica che ha conosciuto nell’orfanotrofio in cui è cresciuta dopo essere scappata dai suoi rapitori. Nulla di nuovo, mi direte, sembra il classico revenge movie, dove la vittima fa strage dei suoi carnefici. Niente di più sbagliato. Con questo film se non state attenti rischiate di essere ingannati. Allora proverò io ad illuminarvi la strada, illustrandovi le ragioni secondo le quali Martyrs è uno degli horror più belli che abbia mai visto; e fidatevi che di film che fanno accapponare la pelle ne ho visti parecchi.
Finalmente un horror non soporifero

Fin dai primi istanti Martyrs ci dimostra di non avere pietà per nessuno, soprattutto per gli spettatori più pigri. Avete presente quelli che, mentre stanno davanti alla tv, lentamente scivolano nel sonno, divenendo tutt’uno col divano? I primi fotogrammi ci mostrano Lucie bambina, con il corpo dilaniato dalle torture, che cerca di scappare, lanciando un urlo che gela il sangue. Così dal niente. Neanche il tempo dei credits iniziali. Capito, spettatore sul divano? Stavolta mi sa che non prenderai sonno tanto facilmente. Poco dopo, da quanto capiamo, la bambina finisce in un orfanotrofio/casa di cura, dove conosce Anna, quella che diventerà la sua bff. Facile capire che Lucie, dopo quello che ha subito, non verrà su tanto normale. I dottori non sanno che pesci pigliare e lei sembra non ricordare nulla di quello che le è stato fatto. Solo Anna riesce tranquillizzarla e Lucie le confida di essere perseguitata da una strana creatura. Durante la notte, tale entità, che scopriamo essere una donna mostro, le fa capocella da sopra le lenzuola, facendo smaltire sia lei che noi. Ah, ma allora questa è la classica storia di una bambina tormentata da un mostro sanguinario, tipo The Ring? La creatura ha pure i capelli lunghi come Samara. Piano, non cantate vittoria così facilmente. E tu sul divano posa quel plaid che non è come pensi. Ti ho già detto che questa volta non riuscirai a prendere sonno perché Martyrs è un film dalle mille anime.

Non ci capirete niente, fidatevi
Ogni volta che crederete di aver capito che piega sta prendendo il film, verrete immediatamente sconfessati. La pellicola, infatti, gioca a ping pong con le credenze dello spettatore, attingendo a diversi sottogeneri horror. Abbiamo lo splatter, il revenge movie, il torture porn e molti altri, tutti affrontati con la dovuta maestria. Laugier è un prestigiatore esperto: ti invita a pensare quello che vuole lui e quando meno te l’aspetti rimani fregato. Martyrs non è un film conciliante che è ingabbiato in quei quattro paletti che delimitano e rassicurano. Per questo, ti costringe ogni volta a rivedere quello che credevi. Attenzione però: non dovete immaginarvi un minestrone, in cui tutti questi ingredienti coesistono contemporaneamente. Ogni elemento è calibrato e dosato nella maniera giusta, entrando in scena al momento propizio. Rimanendo ancora nelle metafore gastronomiche, più che un all you can eat, immaginatevi una cena vera e propria, dove ogni portata vi viene servita con il giusto ordine, dall’antipasto al dessert. La recitazione di Morjana Alaoui e Mylène Jampanoï, che interpretano Anna e Lucie, serve allo scopo: è facilissimo empatizzare con le due amiche, grazie ai numerosi primi piani che spesso le immortalano. Una nota di merito anche agli effetti speciali. Le ferite, il sangue e la carne ci vengono mostrati in tutta la loro concretezza, senza apparire mai posticci o eccessivi.

Quando scopriamo quello che è stato fatto a Lucie, rimaniamo inorriditi ma anche un po’ affascinati. Niente è come sembra in Martyrs e anche la verità finale non fa eccezione. E un finale rischioso che potrebbe non convincere tutti, anche perché fa riflettere. Caro spettatore sul divano, non solo non riuscirai a dormire durante il film, ma neanche dopo, perché sarai costretto a rimuginare sul finale: un punto interrogativo che ti tormenterà ancora per un po’. Insomma, se non vi piacciono le storie banali, vi consiglio proprio di vederlo. Se invece lo avete già fatto, continuate a leggere qui sotto, che ho qualche altra cosa da dirvi.

Spoiler Alert
Il finale ragazzi. Che finale: potente, catartico, perfetto. Modemoiselle si spara lasciandoci col dubbio. Gli interrogativi sono due: cosa le ha detto Anna e perché ciò l’ha spinta a uccidersi. Forse perché l’aldilà è tanto bello che la donna ha voluto sbrigarsi a raggiungerlo o forse perché è rimasta delusa di aver sacrificato tutta la sua vita dietro qualcosa che si aspettava diverso? Purtroppo questo non lo sapremo mai, possiamo solo fare delle ipotesi. Quello che credo io è che ciò non sia importante. Quello che conta alla fine è la forma, più che il contenuto. Lucie è una vittima, Anna una martire: il film ci invita a riflettere da quale parte vogliamo stare. Le sofferenze delle torture, infatti, possono essere ascritte ai patimenti della vita, piccoli e grandi che siano. La scelta è nostra: possiamo ribellarci a essi illudendoci di liberarcene o arrendersi sperando che un giorno qualcosa o qualcuno ci premierà. Manca però una terza via, quella di mezzo, in cui sopportazione e ribellione vengono sapientemente alternate. Una via che testimonia un rapporto sano ed equilibrato con la realtà e la vita. La strada della speranza viene perciò negata. Ma in fin dei conti Martyrs è un film horror e il lieto fine dobbiamo inventarcelo noi.