
MASH: ancora in Corea
Essere respinti è scoraggiante. Ma quando a dirti di no sono Sydney Pollack (Tootsie), Arthur Penn (Gangster Story), Mike Nichols (Il laureato), George Roy Hill (La stangata), Sydney Lumet (La parola ai giurati) e perfino Stanley Kubrick, lo scoraggiamento fa presto a condurre ad un onorevole passo indietro. Il povero Ingo Preminger, produttore di MASH, si beccò 14 desolanti picche, molti dei quali (come abbiamo letto) anche piuttosto illustri.
MASH è un copione particolare: tratto da un romanzo dell’ex medico da campo Hiester Richard Hornberger junior (per i suoi lettori Richard Hooker), racconta le vicende di un piccolo gruppo di medici militari. Questi giovani dottori sono consapevoli che l’esercito ha urgente bisogno di chirurghi operativi da piazzare in “macelleria”. Il che porta i ribaldi protagonisti a non avere il minimo riguardo per la disciplina, preferendo far leva sul loro spirito goliardico.
Gli astri non sembrano davvero favorevoli alla nascita del progetto, ma la fortuna vuole che Ingo Preminger riponga una fiducia smisurata nella sceneggiatura e che il regista numero 15, Robert Altman, non solo non la rifiuti, ma ci trovi persino qualche spunto stimolante.

Da tempo il regista vuole realizzare un film di guerra dai caratteri ironici che veda protagonista un gruppo di personaggi che si agita a destra e manca per il set. La sceneggiatura inizialmente non consente una narrazione corale, ma questo diviene un ostacolo da nulla dal momento che ad Altman viene concessa piena libertà creativa.
Il copione originale di Ring Lardner junior ne esce devastato: l’enorme libertà concessa al regista e al gigantesco cast regala un benefico sapore folle e anarchico alla storia e alla messinscena. Gli attori non si sentono legati a una sceneggiatura da seguire, ma ad un canovaccio da modificare a loro gusto, “maneggiando” al meglio il proprio personaggio e caratterizzandolo ulteriormente.
Vedere il proprio lavoro disfatto manda su tutte le furie Lardner (che comunque si aggiudicherà l’Oscar per il film), mentre incontra il favore dell’autore del libro che ne apprezza pienamente il risultato finale.
Per Altman accettare e realizzare questo progetto si rivela essere una delle decisioni più importanti della sua carriera. Il lungo addio, Buffalo Bill e gli indiani, Nashville, Quintet, America oggi, Prêt-à-porter, Gosford Park, Radio America: nessuno di questi film sarebbe mai esistito senza il successo di questa commedia di guerra.
Ma con una carriera ricca di pietre miliari simili, non deve stupire se molti appassionati di Altman vedono in MASH qualcosa di più vicino ad un banco di prova per lavori successivi, piuttosto che un film altmaniano da prendere in seria considerazione. Perfino Altman non ha mai fatto mistero di non amare il libro di Hooker e, nel tempo, ha espresso pareri discordanti riguardo al film.

Ma allora MASH è solo questo? Un fortunato filmetto che ha permesso la carriera di un grande artista?
No. MASH è molto di più.
In questo film un regista, ancora in cerca del successo ambito, decide di non concedere grazie a nessuno. Questa volta, Altman sarà implacabile: creerà un affresco tremendamente squallido e ridicolo della guerra e di chi, o con convinzione o con poca serietà, la conduce. Nessuno verrà risparmiato.
Un affresco “per tutte le stagioni”, perché sebbene la vicenda abbia luogo in Corea, durante la guerra combattuta dal ’50 al ’53, quel che vediamo potrebbe essere adatto per qualsiasi conflitto. Anzi il volere di Altman è quello di escludere in tutti i modi i riferimenti alla Corea, non dando specifiche sulla guerra in corso. In questo modo, il pubblico non potrà fare a meno di riconnettere mentalmente la vicenda ad un conflitto a lui ben più vicino: quello del Vietnam.
Come rendere possibile tutto ciò? La parola chiave è realismo.
Sebbene MASH sia una commedia, non crediate che vi risparmierà visioni forti. Certo le azioni di guerra vere e proprie vengono tenute lontane dalle vicende del campo, ma i feriti di quelle tremende battaglie arrivano senza sosta. Il film stesso si apre con gli elicotteri di soccorso che puntano al 4077°.
Non è tutto. Chi ha letto il libro sa che l’autore (medico chirurgo) dedicava descrizioni meticolose alle operazioni compiute ogni giorno nel campo; in linea con questo, il film mostra con precisione e crudo realismo (garantito dalla costante presenza di un consulente medico sul set) queste operazioni, spesso compiute con mezzi di fortuna.
Lo scenario in cui viene calato questo ricco gruppo di personaggi è fatiscente, impantanato, squallido. I medici giocano a football in mezzo al fango e vivono in tende montate in tutta fretta.
Per il microcosmo mentale dei medici (caratterizzato da un’atmosfera goliardica e gioviale), Altman costruisce tutto intorno un macrocosmo crudele e opprimente, in cui la nostalgia di casa e le angosce continue per le operazioni giornaliere metterebbero in crisi anche la mente più lucida.

Questa costruzione desolante e minacciosa è necessaria. Solo in questo modo la carica d’ironia del piccolo mondo dei chirurghi può rafforzarsi. Solo mettendolo in conflitto con la realtà, questo stesso piccolo mondo può alzare le difese e rispondere ai colpi sferrati.
In questo genere di storie, in cui dei personaggi fanno uso dell’umorismo per annichilire l’effetto che una realtà spaventosa può avere su di loro, di solito si dà luogo ad una lotta per la supremazia. Ma in MASH questa lotta non avviene: la sopravvivenza può passare solo attraverso la convivenza. Esattamente come il suo regista, questo film non ha l’illusione di riuscire ad evadere dall’orrendo ambiente della guerra. I suoi personaggi adempiono ai propri doveri, mettendosi sempre e comunque a lavoro su quegli squallidi tavoli. Ma, nonostante questo, il mondo reale non li piega.
In conclusione: MASH è una commedia esilarante, caotica e amara. Nella sua coscienza, il film ha la sua maggior forza: non ha paura di affrontare lo sconvolgente ambiente della guerra e senza timore racconta le divertenti imprese dei suoi protagonisti, facendo sacrificare loro qualche frammento di sanità mentale per evitargli di scivolare nella pazzia.
That is all.