
Minority Report e la filosofia sul libero arbitrio
Siamo o non siamo liberi di autodeterminare il nostro destino?
In filosofia non ci ho mai preso granché. Intendiamoci, non è che non mi piaccia o non la capisca, semplicemente mi entra da un orecchio e mi esce dall’altro. Tutto questo per dire che di quello che ho studiato al liceo mi ricordo sì e no una minchia. Detto questo, l’argomento mi affascina, soprattutto quando me lo ritrovo inaspettatamente fra le mani durante la lettura di un libro o, come in questo caso, durante la visione di un film.
Il film in questione è Minority Report di Steven Spielberg, al quale sono particolarmente legato in quanto è stato il mio primo dvd in assoluto (machenesanno i duemila sugli anni bui pre-streaming…). La storia è tratta moooooooooolto liberamente da Rapporto di minoranza, racconto di Philip K. Dick (uno che ha contribuito giusto un pelo a creare le basi della fantascienza come la conosciamo oggi): nel 2054, grazie al dipartimento di polizia noto come Pre-Crimine, gli omicidi sono stati totalmente eliminati dalla città di Washington, nella quale avevano cominciato ad ammazzarsi a vicenda pure i piccioni.
Un po’ come se a Roma trovassero un metodo per eliminare completamente e definitivamente la corruzione. Oddio, forse l’esempio non calza. Probabilmente l’Italia imploderebbe su sé stessa.
In ogni caso, il miracolo è avvenuto grazie ai Precog, tre veggenti che riescono a prevedere gli omicidi prima che essi vengano compiuti. Di conseguenza gli agenti della Pre-Crimine, una volta decifrate le visioni dei tre precognitori, procedono all’arresto dei potenziali assassini prima che arrivino a commettere l’omicidio. Il dipartimento è guidato da John Anderton (Tom Cruise), il cui compito è quello di ricostruire su uno schermo le immagini sconnesse che provengono dalla mente dei tre Precog per individuare il luogo nel quale l’omicidio si compirà.
La Pre-Crimine, dopo aver operato per sei anni nella capitale statunitense, è pronta ad essere estesa su scala nazionale. Prima però il Governo centrale decide di mandare un’ispettore federale, Danny Witwer (Colin Farrell), al fine di verificare se il sistema sia davvero perfetto. E perfetta lo è davvero questa Pre-Crimine? È proprio su questo punto che la vicenda si fa interessante, dove l’idea alla base di Minority Report diventa l’ideale punto di partenza per addentrarsi in riflessioni di natura profondamente filosofica.
Ah, se non avete mai visto il film e non volete incappare in SPOILER vari, procedete a vostro rischio e pericolo.
Un bel giorno, succede che lo stesso Anderton viene indicato dai Precog come il futuro assassino di un perfetto sconosciuto, tale Leo Crow. Convinto di essere stato incastrato, Anderton si dà alla fuga, nella speranza di riuscire ad evitare il suo destino, previsto da un sistema di cui lui stesso ha da sempre professato l’assoluta infallibilità.
È a questo punto che Minority Report prende una direzione diversa rispetto al libro, focalizzandosi profondamente sul tema del libero arbitrio e della responsabilità di determinare il nostro destino e le nostre scelte. Steven Spielberg al riguardo ha sempre sostenuto che il film si concentra su quelle che sono le due correnti di pensiero fondamentali del Novecento riguardo al tema del libero arbitrio: il determinismo e l’indeterminismo. Secondo la prima concezione, ogni uomo segue il proprio destino, un sentiero tracciato da un’entità superiore, dal quale non è possibile distaccarsi. Secondo la seconda concezione, ognuno è responsabile di autodeterminare il proprio destino, avendo la possibilità di scegliere e di controllare la propria vita.
Per dovere di cronaca, sappiate che mentre scrivevo mi sono preso un minuto di silenzio per onorare tutti i laureati in filosofia morti durante la lettura del mio riassunto.
Qual è dunque la filosofia che sceglie di adottare Spielberg? Quella determinista o quella indeterminista?
Nella prima parte del film, Minority Report sembra sposare pienamente la tesi della negazione del libero arbitrio. La capacità precognitiva dei tre sensitivi è infatti giudicata come assolutamente infallibile, tanto che il comportamento criminale di un essere umano è equiparato da Anderton alla caduta di una palla che viene fatta rotolare verso un baratro: il fatto di poterla fermare non cancella il fatto che, senza un intervento che ne avesse interrotto il moto, la palla sarebbe comunque caduta. Nell’esempio della palla, la forza di gravità è il destino di un uomo, che può essere solo fermato, e mai cambiato.
L’esistenza stessa dei Precog implicherebbe l’accettazione della teoria determinista, in quanto, secondo i filosofi stoici, la profetizzazione del futuro è una prova inconfutabile dell’esistenza del destino. L’attività degli oracoli sarebbe infatti quella di sbirciare dallo spioncino del futuro, riuscendo a scorgere pezzi di quello che inevitabilmente sarà. Con tanti saluti al libero arbitrio.
Tuttavia, mano a mano che la storia prosegue, Minority Report cambia bruscamente direzione. Cercando di sfuggire ad un destino che lo ha designato come omicida, Anderton si reca dalla dottoressa Hineman, creatrice della Pre-Crimine e custode dei suoi segreti più nascosti. Ed ecco che viene sganciata la rivelazione da 90: i tre Precog non sono sempre d’accordo. Può infatti succedere che Agatha, la precognitiva più dotata del trio, preveda il futuro in modo diverso dagli altri. Questa discordanza, chiamata “rapporto di minoranza”, viene sempre distrutta nel momento stesso in cui si presenta, poiché la divulgazione della sua esistenza manderebbe in frantumi la Pre-Crimine, che si basa totalmente sull’assoluta infallibilità delle previsioni.
Volete mettere il casino che succederebbe se tutta la gente arrestata prima di commettere un omicidio venisse a sapere che c’era la possibilità che il delitto non si compisse? Altro che italiche polemiche su giustizialisti e garantisti.
In ogni caso, l’esistenza del rapporto di minoranza manda a baldracche tutto l’impianto determinista del film, poiché viene inserito un elemento di indeterminatezza nel comportamento degli individui che pare dipendere da un’effettiva libertà di scelta. L’esistenza di un futuro alternativo sbriciola l’idea di un destino predeterminato e immutabile, lasciando spazio al libero arbitrio, che torna ad assumere un aspetto preponderante nella determinazione del proprio fato: nonostante tutte le condizioni propendano verso un avvenimento prestabilito, sarà sempre e comunque l’uomo a determinarne la realizzazione tramite le sue scelte. Di conseguenza, non sarà mai possibile prevedere il futuro con assoluta certezza.
Le possibilità dell’uomo di sfuggire al proprio destino sono inoltre amplificate dalla conoscenza del proprio futuro. Durante il film si scopre infatti che Anderton non ha un rapporto di minoranza, e quindi, in teoria, è destinato ad uccidere Leo Crow. Tuttavia, proprio nel momento in cui Anderton sta per ucciderlo, Aghata gli ricorda che lui può scegliere un’altra strada proprio perché ha avuto la possibilità di vedere il proprio futuro, possibilità che gli altri condannati dalla Pre-Crimine non hanno avuto.
Proprio per questo, Anderton decide di non uccidere Crow. Purtroppo questa scelta non basta, perchè Crow muore lo stesso, andando quindi ad avverare la previsione dei Precog, anche se per vie traverse. Come si concilia tutto questo con il discorso sul libero arbitrio? Dal mio punto di vista, la morte di Crow non riporta Minority Report sulla via del determinismo, poiché ciò che conta è che Anderton sia riuscito a sottrarsi al futuro che i precognitivigli avevano rivelato, nel quale avrebbe dovuto uccidere la sua vittima ad una determinata ora e secondo determinate modalità. Anderton ha quindi dimostrato che un futuro alternativo è sempre possibile.
Poi oh, se dopo aver esercitato il tuo libero arbitrio e aver indirizzato il tuo destino verso un futuro alternativo ti ritrovi accusato di omicidio anche in questo, beh, allora c’è poco da tirare in ballo i massimi sistemi filosofici: sei sfigato e basta.
La morale del film rimane quindi la seguente: sarà sempre l’uomo a dover compiere l’azione decisiva (nel caso di Anderton, premere il grilletto) al fine della realizzazione del proprio destino. Esercitando il proprio libero arbitrio, sarà sempre possibile svincolarsi da un futuro prestabilito, nonostante tutte le azioni compiute fino a quel momento inclinino verso la realizzazione dell’evento profetizzato.
Queste sono solo alcune delle riflessioni al quale si presta Minority Report, film che, pur non essendo un capolavoro, rappresenta una delle opere di fantascienza più interessanti del nuovo millennio. Scritto benissimo, recitato alla grande, visivamente spettacolare e diretto con fermezza. Se non lo conoscete, vi consiglio di recuperarlo.
Anche se di filosofia non ci capite una minchia.
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