Film

Money Monster: i soldi sono brutti, sporchi e cattivi – però piacciono a tutti. Ma va?

Se le recenti cronache ultimamente vi hanno portato a credere che lo spread sia un’entità malvagia degna dei peggio horror, che le banche siano brutte sporche e cattive, e che più in generale tutti i mali del mondo derivino da un qualche essere astratto votato a svuotarvi il conto corrente, allora non guardate Money Monster. O meglio, guardatelo, sì, ma fino alla fine, giusto per capire cosa succede ai duri, puri e ingenui che decidono di andare contro al sistema. Spoiler: di solito vince il sistema, e neanche in modo troppo travagliato.

Solitamente bastano meno ventiquattro ore: è il caso di Kyle (Jack O’Connell), poco più che ventenne autista del Queens che un bel giorno decide di fare irruzione negli studi di Money Monster, per l’appunto, e minacciare di far saltare in aria tutta la baracca. Motivo: qualche tempo addietro il conduttore di questa sorta di Striscia la notizia d’oltreoceano, Lee Gates alias il bel George Clooney, aveva dichiarato che investire nelle azioni del colosso IBIS Clear Capital sarebbe stata la mossa del secolo. Indovinate un po’, così non è stato, e il povero Kyle, che si era giocato nientemeno che la casa di mammà, ha visto svanire fino all’ultimo dollaro di risparmi.

Comprensibile quindi che sia un pelo irritato e che voglia delle risposte, e ancor più comprensibile che Lee, tanto sbruffone quanto vacuo, non sia in grado di dargliele: saranno stati gli algoritmi, sarà stata una falla nel sistema, fatto sta che l’unico che sa davvero come stanno le cose è l’amministratore delegato della società, Walt Camby (Dominic West). Che, udite udite, è ben lungi dal farsi trovare. Per fortuna che in regia c’è Patty, una Julia Roberts che incomprensibilmente riprova a sganciarsi dalle commedie romantiche, pronta a suggerire a Lee ogni singola mossa.

Nel 2016, a otto anni dallo scoppio della crisi, Jodie Foster prova a infilarsi nella scia dei drammoni finanziari; e va detto, Money Monster non è all’altezza di Margin Call, men che meno de La grande scommessa o de The Wolf of Wall Street. E non c’è nemmeno il piglio scanzonato e un po’ cocainomane in pieno stile Anni Ottanta del celeberrimo Michael Douglas/Gordon Gekko. È però un buon thriller, e soprattutto ci insegna una cosa: prima di fare come Kyle, prendete in mano non dico un manuale di economia, ma quantomeno di storia. Già, perché come farà notare il supercattiverrimo CEO della supercattiverrima multinazionale, ci si stupisce solo quando la bolla scoppia, ma finché tutti guadagnano in modo quasi irrealistico nessuno si scandalizza. Galbraith ci ha scritto Breve storia dell’euforia finanziaria, la Foster ne ha fatto un film. E ci insegna che, per quanto crudele che sia, è l’avidità che muove il mondo; l’avidità, e un po’ di sano cinismo.

Gli investitori che all’appello per salvare la vita di Lee acquistando azioni della IBIS restano indifferenti, la fidanzata di Kyle che anziché confortarlo gli vomita addosso anni di rancore, e tutto sommato come darle torto?, la gente incollata alla tv come nelle più fosche puntate di Black Mirror, salvo poi tornare freddamente a giocare al biliardino a cose fatte: così va il mondo, sembra dirci Money Monster, e per quanto non si riesca a non simpatizzare con il piccolo attentatore della domenica, alla fine ci si augurerà sempre di essere sul carrozzone del vincente al momento giusto. E quelli come Kyle non sono vincenti, mai. La cosa migliore, allora, è sperare di arrivare incolumi al venerdì sera, mangiare cinese con l’amica del cuore, e pensare a cosa raccontare nella puntata del lunedì. Perché non importa quante battaglie facciate, quanti proclami urliate o quante prediche declamiate: Money Monster continueranno a guardarlo. Tutti.

Francesca Berneri

Classe 1990, internazionalista di professione e giornalista per passione, si laurea nel 2014 saltellando tra Pavia, Pechino e Bordeaux, dove impara ad affrontare ombre e nebbia, temperature tropicali e acquazzoni improvvisi. Ama l'arte, i viaggi, la letteratura, l'arte e guess what?, il cinema; si diletta di fotografia, e per dirla con Steve McCurry vorrebbe riuscire ad essere "part of the conversation".
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