Serie TV

“Moon Knight”, il più disneyano dei supereroi MCU

Come è andato alla fine Moon Knight, serie tv di Disney Plus in 6 episodi dedicata, per la prima volta, a un supereroe Marvel mai apparso finora nei film MCU?

Bah.

Diciamolo chiaro e tondo: una buona percentuale di pubblico è coi forconi in mano. Molti hanno detestato la trama bislacca, la cattiva CGI, la fretta con cui si dipana la vicenda, gli ippopotami parlanti, tutto.

Bisogna però dire che invece, ad ascoltare feedback vari, il personaggio – nuovo per molti, non appassionati di fumetti – è piaciuto tanto a una buona fetta di pubblico generalista. Forse per il suo aspetto già iconico, forse per i rimandi all’Antico Egitto, forse per la buona prova di Oscar Isaac.

Che è ormai ovunque, Oscar Isaac, avete notato? Lavora più dell’orologio.

E qua si fa in due. Forse tre. Interpreta due personaggi agli antipodi, che condividono lo stesso corpo: Marc Spector e Steven Grant. L’episodio migliore è sicuramente il quinto, dove emergono le ragioni profonde di questa personalità multipla. La serie è senza dubbio singolare, perché non è mai capitato di vedere un supereroe affetto da un disturbo dissociativo. Addirittura le due personalità sono così diverse da avere due differenti alter-ego supereroi: Mark ha Moon Knight, Steven ha Mr. Knight. I costumi, visivamente, uno più bello dell’altro.

Potrebbe essere pure la prima volta in un prodotto MCU che si perde tanto, col doppiaggio: Oscar Isaac infatti interpreta Steven con perfetto accento inglese, Mark con accento americano – tanto più notevole se si considera che Oscar Isaac madrelingua inglese non lo è proprio. Ovviamente queste due accortezze si perdono, in italiano, dove il doppiatore non può far altro che prestare loro due toni di voce dissimili. Alla fine, comunque, si crea lo stesso davvero l’illusione di avere a che fare con due personaggi diversi, nel modo di parlare, nella mimica, nell’atteggiamento.

Un altro aspetto che si perde nella traduzione è la voce del dio Khonsu, doppiato in versione originale da F. Murray Abraham, il Salieri del film Amadeus. In generale, un punto di forza di questa serie è che pur con tutti i suoi difetti, ci si affeziona ai personaggi: i due protagonisti, ma anche Layla, la moglie di Marc, per non parlare delle divinità più buffe che spaventose. Khonsu stesso, poi, ha un character design spaziale.

Probabilmente un aspetto che ha dato molto fastidio è l’estetica “disneyana”, soprattutto nella profusione di animali parlanti dall’aspetto caruccetto. Su tutte Tawaret l’ippopotama, che potrebbe essere senza sforzo una discendente delle “aggraziate” ballerine di Fantasia. Questo ne fa senza ombra di dubbio il più disneyano dei prodotti MCU (già disneyani nei fatti). Si fatica a pensare che questo universo sia lo stesso di Captain America: the Winter Soldier.

Lo ammetto, da bambina questa serie l’avrei adorata, per questo. Da adulta trentacinquenne, sono appena un po’ perplessa.

La dea Tawaret, ma anche no

I lati negativi sono sicuramente, non prendiamoci in giro, una trama zeppa di riempitivi, mcguffin, voragini varie di trama, tempi troppo stretti per sviluppare una narrazione al meglio.

Anche perché, contro ogni aspettativa che ti infonde la serie, è stato già detto che non avrà una seconda stagione. Sembra strano crederlo, visto il cliffhanger finale della scena bonus, ma forse – anzi, probabile – vedremo il buon Moon Knight spuntare in qualche altro prodotto futuro, non necessariamente col suo nome sopra.

Anche perché, appunto, nonostante tutti gli strali, il personaggio è piaciuto. Piace Oscar Isaac (e non solo a chi scrive).

Dategli solo un po’ di tempo per far passare l’incazzatura collettiva, e secondo me come personaggio televisivo – o, persino, cinematografico? – decanterà bene.

Francesca Bulian

Storica dell'arte, insegnante, fangirl, cinefila. Ama i blockbusteroni ma guarda di nascosto i film d'autore (o era il contrario?). Abbonata al festival di Venezia. "Artalia8" su YouTube, in genere adora parlare di tutto ciò che di bello e sopportabile gli esseri umani sono capaci di produrre.
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