
Mowgli – Il figlio della giungla. La vera opera di Kipling arriva su schermo
Dalla letteratura al film d’animazione. Dalla trasposizione in live action a un altro porting dello stesso genere. Sotto la regia di un maestro del motion capture, Mowgli – Il figlio della giungla ricalca la vera avventura tratta dal libro di Rudyard Kipling.
Come molti già sanno, Il libro della giungla è una raccolta di racconti che nel ventesimo secolo ha visto trasposizioni su schermo di diverso genere. Prima quelle cinematografiche, poi quelle disneyane, il tutto condendo e ingigantendo quell’epopea senza fine e senza tempo.
In molti ricorderanno anche il più recente live action approdato nelle sale cinematografiche e diretto da un iconico Jon Favreau, il quale ha saputo mantenere fede alla controparte animata del 1967. Un prodotto – quello di Favreau – impreziosito da animali parlanti in una splendida veste grafica computerizzata, ma che si discosta dall’originale scritto su carta.
Con Netflix e Warner Bros., Andy Serkis siede non solo nelle fattezze pelose dell’orso Baloo, ma dirige un intero cast in questo nuovo adattamento. Si tratta di un viaggio che allunga le sue radici in una versione più oscura, mantenendo fede all’originale raccolta di racconti da cui il film è tratto.
IL CUCCIOLO D’UOMO
La storia si svolge attraverso la crescita di Mowgli, un piccolo neonato rimasto orfano a causa dell’omicidio dei suoi genitori per mano della tigre malvagia Shere Khan. Preso in adozione da un branco di lupi, Mowgli dovrà cavarsela come uno di loro, imparando a cacciare e a mantenere il suo status di predatore pur di non rimanere indietro e contemporaneamente essere bandito dal branco.
Mowgli – Il figlio della giungla è una trasposizione che sa mantenere la sua promessa di essere un film che rispecchia in gran parte quell’opera amata di Rudyard Kipling. Come già anticipato, il film ricalca le avventure del cucciolo d’uomo in una veste tutta nuova per i fan del medesimo libro: si tratta di un rifacimento molto più dark rispetto a ciò che siamo sempre stati abituati a vedere. Delinea per un secondo tutta la crudeltà di una giungla dove la legge del più forte vince su tutto, nascondendo, d’altronde, tutta la spietatezza di alcune immagini forti e raccapriccianti.
Il bambino Mowgli, interpretato da Rohan Chand, deve far fronte alla sua sopravvivenza nel branco. Così come per i suoi fratelli lupi, anche lui deve guadagnarsi il suo posto nella stirpe. Un desiderio impetuoso, tale da non rinunciare anche davanti all’impavidità del suo mentore, l’orso Baloo. La fragilità del fanciullo viene messa a dura prova quando, con un incontro ravvicinato con i suoi simili, capisce realmente qual è il suo posto nella giungla.
IL LIBRO DELLA GIUNGLA
Mostrato come un maestro senza compassione, Baloo è un personaggio che rispecchia in tutta franchezza la legge della giungla: sopravvive solo il più forte. Resta pur sempre un mentore per il giovane Mowgli, ma lo indirizza verso una sola opportunità: saper lottare. E laddove il nostro amato orso è conosciuto per le sue bonarie note scanzonate, in questo adattamento Andy Serkis ripropone un maestro che non fa eccezione alla regola: Baloo è cattivo, sadico e non guarda in faccia nessuno, nemmeno al nostro protagonista.
D’altro canto, colui che resta fedele al nostro cucciolo d’uomo è Bagheera, la pantera interpretata da Christian Bale. Egli resta pur sempre un punto di riferimento importante per il protagonista, un fratello, una spalla su cui piangere, ma è anche la costante verità dietro il suo passato. E dal suo amore per il cucciolo d’uomo traspare ciò che Bagheera desideri realmente per lui: un futuro migliore, lontano dalla fitta giungla.
Kaa (Cate Blanchett), invece, si discosta da ciò che le versioni disneyane ci hanno sempre mostrato. Non un classico pitone ipnotizzatore, ma una sorta di saggia voce verso il passato del protagonista e l’imminente futuro.
LA LEGGE DELLA GIUNGLA
Anche l’incontro con la tigre Shere Khan (Benedict Cumberbatch) dimostra come la sopravvivenza nella giungla può essere dannatamente spietata e pericolosamente effimera. Shere Khan vuole più di ogni altra cosa che gli umani stiano fuori dal suo habitat. Visto che l’uomo non fa che portare rogne e sciagure nel regno animale, la spietatezza della tigre diventa quasi un simbolo di patriottismo, in primis, e di sicurezza verso tutti gli abitanti a quattro zampe.
La giungla di Serkis pullula di vita e di rischi a ogni angolo. Il motion capture utilizzato per dare vita ai personaggi del mondo di Kipling sono delineati da una realtà che si avvicina in modo particolarmente bizzarro al mondo reale. Serkis dipinge una giungla viva, umida e che trabocca di pericoli. Uno dei principali nei del prodotto, comunque, consta nell’aver spesso evitato di mostrare la crudeltà della natura, probabilmente per garantirsi un pubblico più ampio. A mio avviso un vero spreco, dato che avrebbe reso con maggiore enfasi un contorno oscuro, che peraltro si respira sin dai primi istanti del film.
Di certo non una mossa giusta, ma non si può non apprezzare il lavoro di Andy Serkis nel portare in vita le vere origini de Il libro della giungla. Di certo è una vera opportunità per chi sognava da molto tempo un racconto più fedele del celebre libro di Kipling.